mercoledì 29 dicembre 2010

100 scatti per il 2010




E' quasi mezzanotte del 29 dicembre 2010, e i miei tentativi di scrivere dei seri ringraziamenti a tutti i protagonisti di questo 2010 stanno andando a quel paese, anche perché non ho intenzione di sprecare preziose ore di sonno prima di partire per quattro giorni tra i fornelli di Sasso.

Quindi vi lascio questo mio duemiladieci con un saluto e 100 assaggi di questi strani, pazzi, imprevedibili, ironici e meravigliosi dodici mesi appena passati. Mesi pieni di... Sfiga, sicuramente! Per un volo cancellato causa eruzione vulcanica, per un CFA rimandato numerose volte causa cuore, per essere andato in cerca di funghi e aver trovato un'allergia alle vespe, per tutta l'acqua delle escursioni di Geologia e Territorio, per un'operazione rimandata causa mononucleosi, e per altre cose che potrebbero fare molto piangere, ma anche molto ridere!
Ma anche mesi pieni di compagni straordinari trovati seguendo Vescovi sotto l'acqua dell'appennino, di amici sparsi per il mondo, del primo volo in aereo e dei tre giorni a Madrid con i miei quattro "fratelli di tana", dell'Isola di Montecristo e dell'improbabile combriccola che ne ha calcato le spiagge - e le montagne; di tutti i cascinari ma soprattutto dei ragazzi del primo (poi secondo) anno.
Mesi pieni di... fiori! E di voglia di terra, di semplicità, di decrescita. E, finalmente dopo un anno e mezzo, di Dolomiti, anzi di Catinaccio!

Un grazie e un abbraccio a tutti i protagonisti, vecchi e nuovi, di quest'anno.
E un arrivederci al prossimo!



Luca

lunedì 29 novembre 2010

Università


"L'Università è sull'orlo del baratro,
questa riforma è un passo avanti."

Questo che segue è un commento di uno studente universitario (il sottoscritto) che ormai si avvicina ad aggiungere "ex" davanti a "studente universitario", che deve ringraziare l'università per avergli regalato i migliori anni della propria vita - finora -, insieme ad una pessima opinione sull'università stessa.

Chiariamoci: non rimpiango (quasi) nessuna delle scelte che ho fatto, né quella di scegliere l'università, né quella di passare da Chimica a Scienze Ambientali, né quella di continuare, nonostante tutto, anche con la specialistica (che, dato che non andava più di moda, adesso si chiama magistrale).
Sono quattro anni e un po' che mi hanno dato moltissimo, un po' (un pochino, a dir la verità) come nuove conoscenze scientifiche, tanto come apertura mentale, visione d'insieme sul mondo, l'uomo e le due cose insieme, e tantissimo con le persone che ho conosciuto.

Ma sono sicuro che l'università avrebbe avuto le potenzialità per fare molto, molto di più, e se non ci sarà un cambio di rotta, nei prossimi anni darà sempre meno a quelli che verranno dopo di noi.

La mia impressione è che in università, da un po' di tempo (un bel po', forse) si navighi a vista, senza un minimo di programmazione, e per di più ognuno per la sua strada senza che ci sia un comando forte a dare la direzione. Aggiungeteci che ogni ministro dell'istruzione vuole fare la sua riforma che cambia tutte le carte in tavola, e immaginatevi tutte queste barchette che sono i corsi di laurea, sbattute quà e là dall'imprevedibile vento delle riforme, senza nulla a tenerle insieme.

Per fare un esempio, così è stata gestita la protesta dei ricercatori dall'Università di Parma: dopo che i ricercatori hanno ritirato la loro disponibilità a svolgere attività didattica non prevista dal contratto (ovvero, decine di insegnamenti che tenevano gratis per tenere in piedi la miriade di Corsi di Laurea che abbiamo), il Senato Accademico non ha preso particolari provvedimenti, demandando la questione alle facoltà; le facoltà idem (a parte Ingegneria che, tanta stima per aver avuto semplicemente del buon senso, ha avvisato gli studenti della situazione); i corsi di laurea (almeno il nostro) hanno preferito non prendere nessuna decisione e aspettare l'inizio dell'anno.
Risultato: l'anno è iniziato apparentemente senza anomalie (di 50 matricole, solo 2 conoscevano la situazione, e cioè che alcuni insegnamenti non avevano un docente), ma al momento dell'inizio delle lezioni, dato che in qualche modo gli insegnamenti previsti si dovevano fare, sono state fatte alla bell'e meglio delle pezze, avvalendosi di altri insegnamenti simili, spostando corsi al secondo semestre (cioè, rimandando un problema che ci troveremo ad affrontare adesso), e via dicendo. In conclusione, leggero - ma silenzioso e inesorabile, visto che questo è solo un esempio - peggioramento della qualità didattica per gli studenti, e nessuno o scarso aiuto a diffondere la conoscenza della protesta dei ricercatori.
E la possibilità, per l'università, di beccarsi delle (giuste) denunce da parte degli studenti che si sono iscritti ad un corso e hanno trovato degli insegnamenti diversi da quelli previsti dal manifesto degli studi.
Mea culpa, anche, dato che sono rappresentante degli studenti ed ero in consiglio quando si è discusso di questi temi. Ero - e sono - inesperto (due anni di mandato e nessuno che ti insegna è troppo poco per capire come funziona la quasi-democrazia universitaria), probabilmente avrei dovuto, almeno, dichiarare il mio voto in disaccordo sulle decisioni prese, ma ormai così è andata, ed è il momento della verifica.

Adesso ci troviamo con un'università che ancora non sa quanto sarà il Fondo di Finanziamento Ordinario (la maggiore entrata dell'università, erogata dal Ministero) per l'anno 2010; che sa che dovrà chiudere, probabilmente, cinque Corsi di Laurea, ma ancora non sappiamo quali, e con che criteri saranno scelti; una facoltà con troppi pochi professori per garantire tutti i corsi di laurea che ha, ma dalla quale non arrivano indicazioni chiare sulla direzione da prendere, i criteri in base ai quali scegliere cosa tenere e cosa tagliare (e pensare che ha un organo consultivo, il Comitato Paritetico per la Didattica, nel quale alla prima riunione è stato detto "sarebbe bello che ci dicessero cosa deve fare questo comitato"); e per finire corsi di laurea che in fin dei conti sono quelli che devono far funzionare la didattica, e senza indicazioni dai livelli superiori quello che possono fare è puntare a sopravvivere ai pensionamenti dei docenti e l'assenza di nuove assunzioni, pezzando il pezzabile.

Mancando totalmente la programmazione, si fanno giusto le modifiche necessarie ad aprire il corso per l'anno successivo (perché nessun Consiglio di Corso di Laurea, se non forse qualche caso illuminato o disperato, deciderà mai per la chiusura di sé stesso, anche quando ce ne sarebbe bisogno), senza chiedersi se potranno essere mantenute nel tempo o se dovranno essere nuovamente cambiate l'anno successivo.
Questa situazione, anno dopo anno, ha portato a corsi di laurea dalla complicata organizzazione didattica per contenere poco contenuto, spesso ripetuto in insegnamenti diversi, magari poco approfondito perché professori si vedono costretti, per riempire vuoti di docenza, ad insegnare materie che non sono quelle su cui sono specializzati. Ad esempio, alla nostra domanda su quale fosse il contenuto di un insegnamento dal nome vago, da approvare nel manifesto degli studi per l'anno successivo ci è stato risposto "Dobbiamo decidere, ancora non sappiamo quale sarà il programma".

Chiaro che in questa situazione di caos, i "baroni" se ne stanno comodi e indisturbati sulle loro poltrone a fare i loro interessi.

Perciò, sì, avrete ragione se direte che c'è bisogno di una riforma. D'accordissimo! Ma non questa.

Ammetto di non essere stato così virtuso da leggermi il testo in discussione al Parlamento, ma mi sono un po' informato, e tra quello che ho sentito ci sono cose che mi lasciano indifferente, altre decisamente schifato. In particolare, la modifica del Consiglio di Amministrazione che diminuisce i membri eletti a favore di quelli che possono essere nominati dal Rettore, anche tra privati esterni all'Università. Quindi, di fatto, l'apertura ai privati alla gestione dell'Università, anzi del bilancio, delle risorse e dei beni mobili e immobili delle Università.
Cosa c'è di male? Beh, si tratta della privatizzazione, per ora parziale, dell'Università.
A qualcuno probabilmente potrebbe piacere, a me no. Primo, perché, volontariamente o involontariamente, un'università finanziata o peggio controllata da privati, subirà inevitabilmente un condizionamento (vi immaginate un dipartimento di Scienze Ambientali finanziato dal'ILVA di Taranto, o una facoltà di Lettere controllata da Mediaset?). Secondo, perché essendo in Italia, i privati che entreranno in Consiglio di Amministrazione potrebbero avere ben altri interessi che un buon funzionamento dell'Università: citando l'esempio di un mio prof, perché mai, potrebbe obiettare un potente industiale edile, continuare a far lezione nell'antico e scomodo palazzo dell'università in centro? Vendiamolo, ve lo comprerò io, ed in cambio vi fornisco dei moderni prefabbricati fuori città...

Ma forse il Governo cadrà prima che sia approvata questa riforma, e allora se ne riparlerà più avanti.

Da parte mia, credo che si possa migliorare l'unviersità senza stravolgere di nuovo la sua organizzazione, semplicemente ritoccando alcuni aspetti, e dando chiare e precise direttive da tutti gli organi superiori ai livelli inferiori.
Le Università non vanno lasciate da sole! Sia perché hanno bisogno di indicazioni chiare su cui poter fare programmi, sia perché hanno bisogno di essere controllate.

Alcuni punti che proporrei:
Concentrare le Università. Sono troppe, in Italia, con troppi Corsi di Laurea. E' necessario, credo, che il Ministero e le Regioni prendano decisioni chiare su cosa si deve insegnare, e dove. Non vedrei di cattivo occhio anche delle Università regionali, se fatte bene. E' vero che più studenti si dovrebbero spostare: ma da una parte credo sia necessario un maggiore aiuto economico agli studenti meritevoli, anche per quanto riguarda vitto e alloggio, dall'altra parte penso che sia molto formativo anche il doversi trasferire in un'altra città, imparando ad essere autonomi (e su questo punto mi sento molto indietro rispetto ai miei compagni che non hanno l'università di fianco a casa). Per questo, però non basta tagliare e dire "strigatevela". Bisogna prendere delle decisioni motivate, dire "questo si tiene, questo no".

Potenziare di molto, e semplificare, gli aiuti economici agli studenti meritevoli, basandosi più sul merito e meno sul reddito. Comprendere in questo l'accesso alla casa e alla mensa (non come Parma dove mangiare in mensa costa più che mangiare al pub). Se questo significa, per mancanza di fondi, restringere il numero degli studenti che l'università può accogliere, non penso sia un dramma: per l'istruzione di tutti i cittadini ci sono le scuole superiori; l'università deve essere, secondo me, un luogo dove chi si impegna possa avere una formazione davvero di alto livello senza dover pesare sulla famiglia, mentre chi non si impegna credo sia meglio vada a lavorare.

Aumentare parecchio i fondi per la ricerca universitaria, per i laboratori, le escursioni didattiche e le attività integrative, che non siano solo degli "assaggi" di laboratorio o peggio lezioni dal nome "laboratorio di ...", ma vere occasioni in cui gli studenti possano imparare a lavorare in luoghi dove si fa vera ricerca. E in questo senso si può già ottenere qualcosa con il primo punto, concentrando in pochi centri i fondi oggi troppo dispersi. Certo secondo me un imput extra sulla ricerca non farebbe male all'Italia...

Aumentare parecchio anche il controllo sulle Università, richiedere che sia svolto effettivamente quanto dichiarato, e rispettate le richieste del Ministero. Chiedere che i fondi siano spesi in modo efficace e trasparente. Migliorare i meccanismi di valutazione delle Università, e dei singoli professori. Ad esempio, non mi sembra logico valutare le Università su quanti studenti immatricolano, o quanti studenti vengono "persi per strada": mi sembra più logico valutarle in base a quanti si laureano, e con quale preparazione (preparazione non valutata con il voto di laurea, ovviamente...). E dalla ricerca che viene fatta, anche.

Favorire e incentivare la partecipazione degli studenti alla vita democratica dell'Università. Aumentare, anche, la loro voce in capitolo negli organi universitari, dove adesso spesso sono considerati (anche da loro stessi) come "ospiti" non sempre troppo graditi. L'università è di tutti i cittadini, e in particolare degli studenti, cavolo, non solo dei professori che dovrebbero essere lì per svolgere un servizio!


Ok, sono stato un po' troppo critico e cattivo, mi sa.

Non è tutto così nero, è solo che avevo un po' di spine sotto la lingua da togliermi.

L'università, in sé, ha un enorme potenziale che va salvaguardato. E', o dovrebbe essere, il luogo dove tutti, indipendentemente dall'origine e dalla situazione economica, possono tirar fuori il loro valore e prepararsi a diventare pilastri importanti, forse fondamentali della società.
E per fortuna c'è, nonostante tutti i difetti, questa possibilità anche nell'università di oggi.
Ci sono migliaia di studenti di ogni parte d'Italia, anzi del mondo, che si incontrano, si conoscono, studiano insieme, insieme si scambiano idee e sogni sul mondo di domani. Sarà retorico, però penso che se l'Università non ci fosse, non ci sarebbe un altro luogo capace di fare la stessa cosa.

Non ci sono solo baroni, ci sono anche professori, ricercatori, dottorandi appassionati e che sanno appassionare, sanno far riflettere. Sanno anche indicare la strada giusta, a volte, e proprio io devo ringraziare davvero alcuni professori per questo.

E' una ricchezza enorme per il mondo, che qui in Italia stiamo trascurando troppo da parecchio tempo.


Adesso concludo: voglio solo aggiungere che, secondo me, è giusto e doveroso che gli studenti (e non solo loro) protestino. E non lo dico solo perché non condivido questa riforma, ma anche e soprattutto perché una società viva, di gente che pensa e alla quale sta a cuore il bene di tutti, è anche una società dove si protesta: la protesta è anche quella un luogo di confronto, un modo per svegliarsi e svegliare gli altri dal sonno delle coscienze, di sputar fuori i problemi sepolti per chiedere che vengano conosciuti e discussi.
E' un modo di far sentire che siamo vivi, che non ci limitiamo a sopravvivere nella normalità, ma vogliamo cambiare il mondo!

domenica 21 novembre 2010

La destra che vorrei


"Per la destra è bello, nonostante tutto, essere italiani perché è un piccolo privilegio, perché a Milano come a Palermo la nostra patria ha un patrimonio paesaggistico e culturale che il mondo ci invidia. Anche per questo, anche nel 2010, essere di destra vuol dire innanzi tutto amare l'Italia, avere fiducia negli italiani, nella loro capacità di sacrificarsi, di lavorare onestamente e pensare senza egoismi al futuro dei propri figli, di essere solidali e generosi, perché per la destra sono generosi innanzi tutto i nostri militari che in Afghanistan ci difendono dal terrorismo, come lo sono le centinaia di migliaia di nostri connazionali che ogni giorno e gratis fanno volontariato per aiutare gli anziani, gli ammalati, i più deboli.

La destra ritiene solidali e quindi meritevoli di apprezzamento le imprese e le famiglie che danno lavoro agli immigrati onesti, i cui figli domani saranno anch'essi cittadini italiani perché la patria non è più solo terra dei padri. Ma oggi nel 2010, per crescere insieme, per essere davvero unito, per sentirsi una comunità nazionale, il nostro popolo non può confidare solo sulla sua proverbiale e generosa laboriosità, gli italiani hanno bisogno di istituzioni politiche autorevoli, rispettate, giuste. Per questo destra vuol dire senso dello Stato, etica pubblica, cultura dei doveri. Per la destra lo Stato deve essere efficiente ma non invadente, deve spendere bene il denaro pubblico senza alimentare burocrazie e clientele, per la destra è lo Stato, solo lo Stato che deve garantire che legge è uguale per tutti, che deve combattere gli abusi e il malcostume, deve valorizzare l'esempio degli italiani migliori. Per questo bisognerebbe insegnare fin dalla scuola, ai più giovani, che due magistrati come Falcone e Borsellino sono davvero eroi perchè sarà grazie al loro sacrificio che un giorno la nostra Italia sarà più pulita, più libera, più bella, più responsabile, attenta al bene comune, più consapevole della necessità di garantire che chi sbaglia paga, prima o poi, e chi fa il suo dovere viene premiato.

La destra sa che senza autorevolezza e buon senso delle istituzioni, senza l'autorità della legge, senza una democrazia trasparente ed equilibrata nei suoi poteri non c'è libertà ma solo anarchia, prevalenza dell'arroganza e furbizia a tutto discapito dell'uguaglianza dei cittadini. Per la destra l'uguaglianza tra i cittadini deve essere garantita nel punto di partenza, al Nord come al Sud, per gli uomini come per le donne, per figli degli imprenditori come per i figli degli impiegati e degli operai. Da questa vera uguaglianza delle opportunità la destra vuol costruire una società in cui il merito e le capacità siano i soli criteri per selezionare una classe dirigente. La destra vuole un paese in cui chi lavora di più, e meglio, viene pagato di più, un paese in cui chi studia va avanti, in cui chi merita ottiene maggiori riconoscimenti.

Insomma la destra vuole un'Italia che ha fiducia nel futuro perché a ben vedere ha fiducia in sé stessa. E non la dobbiamo costruire dal nulla, questa Italia migliore: c'è già: dobbiamo far sentire la sua voce, la sua voce profonda. E anche questo è il compito della destra."

Devo dire che quando ho sentito Fini leggere questo, a Vieni via con me lunedì scorso, mi è venuta un po' di nostalgia. Nostalgia di un "avversario" politico, una destra, come quella che per me da piccolo era impersonata da mio nonno, da Zio Paperone (lo Zio Paperone del volume di Don Rosa, molto più significativo che quello che appare nei Topolino...), una destra di cui posso capire i valori, e perché no, in parte condividerli.

E forse, Fini, nel tentativo di rendere apprezzabili da tutti i valori che proponeva, è stato anche molto 'morbido': io non avrei problemi a capire e ad accettare una destra che riproponesse il "Dio, Patria e Famiglia" che, anche se macchiato del ricordo dei misfatti di chi ne ha abusato, nel suo significato originario non ha nulla di negativo in sé.

Una destra che difende la tradizione, e il suo significato, come componente della cultura; non una destra che cambia ogni giorno le carte in tavola, che sforna continuamente nuove entità senza storia.

Una destra di persone che esigono da sé stesse e dagli altri il rispetto e la devozione verso il proprio paese, che è pronta a difenderlo coi denti, se necessario.

E sul piano economico, mi immagino una destra che chiede soprattutto libertà di mercato, libertà contrattuale e libertà burocratica: che vuole delle campagne dove ognuno può produrre tutto il latte che vuole ed ha le capacità di produrre, città dove non sia necessaria una laurea in economia e commercio per aprire un bar, dove sia chiaro cosa posso e cosa non posso fare.

E un mercato libero nel senso che chi fa cose migliori è premiato, dove le importazioni siano regolate non per mero protezionismo ma esigendo che i produttori si prendano le stesse responsabilità sociali e ambientali richieste in Italia.

Ecco, con questa destra penso che discuterei volentieri, credo che si potrebbe davvero provare a costruire insieme l'Italia, invece che scannarsi e insultarsi.

Eppure, questa destra, quella della "lista dei valori" di Fini, io politicamente oggi non la riesco a vedere. Non certo nel Popolo delle Libertà, forse un pochino nella Lega, se fondasse le sue idee meno sul razzismo e più sulle tante battaglie, anche condivisibili, di difesa del territorio, della cultura e della famiglia.

Ma forse mi sbaglio, e quella che immagino io non è la vera destra; forse la vera destra è quella impersonata da Berlusconi, forse è quella che ha come valore la falsità, il "tutto in fondo è lecito, basta essere furbi", la prevaricazione del più ricco sui più deboli. Insomma, la legge del più forte.

mercoledì 10 novembre 2010

C'è un tesoro in ogni dove

People.
Extraordinary treasures.
Tiny but tough beings, books and writers of everyday incredible stories, where you also have a part, even drinking a cup of tea togheter in a november foggy day.

And don't you feel receiving an undeserved honour, when you sit by someone, just a friend, who tried the storm climbing a mountain, or swam in Red Sea, or has been bitten by the sun of the desert, or simply feared for his life, worked for a better world, loved; and now is 'only' a person next to you, so close...?

martedì 26 ottobre 2010

Mandati

Le ultime note della canzone indugiavano ancora nell'aria calda dell'estate, portate dal vento tra i rami degli alberi sulla cima di quella collina.

La luce del fuoco di bivacco illuminava i volti delle persone strette a cerchio, e sembrava quasi di poter udire i cuori battere, di sentire i pensieri di ognuno mentre si intrecciavano l'uno con l'altro. E più che dal fuoco il calore veniva da dentro, dalla terra, da tutt'intorno, da quel mondo che vibrava di vita e sembrava lontano anni luce da quelle vite da dove erano venuti, e a cui sarebbero tornati l'indomani.

- Le nostre strade qui si separano, fratelli. Forse un giorno ci rivedremo, ma fino a quel momento, non dimenticate quanto vi ho voluto bene.

Le parole attesero a lungo prima di nascere nella gola, come se volessero dilatare il tempo stesso e farlo fermare

- E se non tornassimo? Se restassimo qui, per sempre?

E lui, che li aveva portati lì, che aveva spezzato il pane con loro e benedetto il vino, rispose - Ma proprio per tornare, siete venuti qui. Questo è il compito che voglio affidarvi: che portiate gioia nel mondo. Quell'amore che avete scoperto tra voi, ora donatelo a quelli che incontrerete. So che riuscirete a portare la felicità su tutte le strade che percorrerete.

Alzarono gli occhi verso di lui, increduli e stupefatti - Ma... No, stavolta ti stai sbagliando. Senti, questi giorni sono stati bellissimi. Li porteremo sempre nel nostro cuore, ma... La vita di tutti giorni è un'altra cosa. Come faremo a portare felicità agli altri, se già è difficile conservare un sorriso? Sarà già tanto se la gente che incontreremo ci tirerà una pacca di compassione sulle spalle invece che un pugnale...
Come faremo oltre a tenerci stretto tra i denti un lavoro, la nostra famiglia, ad essere voce di speranza in un mondo che grida di paura? Forse, se fossimo eroi, potremmo riuscirsi, ma sai che non siamo altro che donne e uomini...

Li guardò, uno a uno, con un sorriso, quel sorriso dolce e profondissimo di chi vede la lunga strada davanti con tutte le sue difficoltà e tutte le vette meravigliose che attendono, ma sa che non può essere raccontata se non percorrendola.

- Ed è proprio perché non siete eroi, che ci riuscirete.
Perché sapete quanto bisogno c'è di un sorriso, che sorriderete. Perché sapete quanta fatica costa amare una persona, che la farete sentire un tesoro unico. Proprio perché sapete di poter sbagliare, saprete anche perdonare.
Non saprei cosa farmene di persone più geniali, più forti, più sapienti: ho bisogno di voi.
Proprio voi, che abbraccerete il bambino che sta piangendo e gli racconterete le avventure che lo aspettano.
Voi che ascolterete tutte le parole che il vostro fratello non è mai riuscito a dire, fino a che il suo cuore non sarà così leggero da volare.
Voi che così piccoli alzerete la vostra voce a smascherare le bugie più grandi.
Voi che saprete alimentare in ogni persona quel fuoco di gioia che avete scoperto in voi stessi.
Voi che vi amerete dell'amore più semplice del mondo, quello che genera la vita.


Le stelle vegliavano in silenzio su quelle colline coperte di ulivi, sul mare all'orizzonte, sulle montagne e su tutte le terre che l'occhio non raggiungeva. E un rumore, come una bassa vibrazione, correva come un brivido lungo la pelle del mondo: il palpito di speranza racchiuso nel cuore di ogni uomo.






"Ascolta il rumore delle onde del mare
ed il canto notturno dei mille pensieri dell'umanità
che riposa dopo il traffico di questo giorno
e di sera s'incanta davanti al tramonto che il sole le dà.

Respira, e da un soffio di vento raccogli
il profumo dei fiori che non hanno chiesto che un po' di umiltà.

E se vuoi puoi gridare, e cantare che hai voglia di dare,
e cantare che ancora nascosta può esistere la felicità,
perché la vuoi, perché tu puoi riconquistare un sorriso,
e puoi giocare, e puoi sperare, perché ti ha detto bugie,
ti han raccontato che l'hanno uccisa, che han calpestato la gioia,
perché la gioia, perché la gioia, perché la gioia è con te!

E magari fosse un attimo, vivila ti prego,
e magari a denti stretti non farla morire,
anche immersa nel frastuono tu falla sentire:
hai bisogno di gioia come me."

venerdì 8 ottobre 2010

Dichiarazione d'amore

Questa è una dichiarazione d'amore per una donna speciale.

Sì, una vera, autentica (più o meno...), dichiarazione d'amore pubblicata su blog, facebook, e altre utili fesserie del genere.

Per una donna, una ragazza speciale che non è come tutte le altre. Anzi, meglio: una ragazza, una donna, speciale come tutte le altre ragazze, unica come tutte le altre donne.

Una donna che non è necessariamente Miss Italia, anzi tutt'altro...
Non so se mi credono quando dico che, per me, le ragazze stile Miss Italia di solito non sono belle. O forse, semplicemente non si fanno vedere dal loro lato migliore (sì, lo so, i doppi sensi si sprecano, ma stavolta non ero malizioso).

E' che penso di aver visto donne molto più belle.

Ad esempio, la mia bisnonna.
Ok, sono ammesse le risate, ma io dico sul serio. Non so, forse sarò proprio senza speranza, ma ogni ruga del viso è la traccia di tanti sorrisi, di un secolo di emozioni, i segni lasciati dalle due guerre, e dai figli, dai nipoti e dai pronipoti che ha cresciuto. E non sono forse tesori inestimabili i suoi racconti degli scioperi dei braccianti, o i suoi consigli su come trovare la fidanzata, o sapere che sta pregando per me, proprio per me?
Eppure sono cose che fanno vibrare, nel profondo, corde che invece rimangono silenziose davanti al balletto delle veline di Striscia la Notizia.

Forse è perché sono cresciuto insieme a ragazze che dichiaravano la loro tenda territorio di rutto e renza libera, eppure i capelli spettinati e una tuta da ginnastica che si è fatta un'intera route mi fanno battere il cuore molto più forte di un vestito da sera. Per non parlare dei tacchi! Un paio di scarpe da ginnastica, magari sformate e vissute, penso mi siano irrestistibili. Quanti passi devono aver calcato!!!

Penso inoltre che incornicerò nella memoria le incazzature della Gio o i discorsi femministi della Chiara, per ricordarmi cosa vuol dire una persona tosta (istintivamente direi "con le palle", ma è un'infelice eredità della tradizione maschilista...). E non mi dimenticherò il pancione della prof. Iacumin che ha quadruplicato la mia voglia di scrivere la tesi, e mi ha strappato dei ringraziamenti un po' più romantico-sentimentalnostalgici del previsto.

A volte ho l'impressione che un uomo possa essere dirigente, operaio, avvocato, musicista, scaricatore di porto etc. e invece la donna possa essere donna dirigente, donna operaia, donna avvocato, donna musicista, donna scaricatrice di porto... Insomma nei film quasi sempre se c'è un uomo fa un lavoro o un'attività, se c'è una donna fa un lavoro e un'attività oltre a baciare o scoparsi (anzi, di solito farsi scopare da) qualcuno.
Magari sono stato fortunato, ma quello che ricordo sono ragazzi e ragazze che, tutti, portavano pali e costruivano sopraelevate - che alla fine stavano su tutte -, cucinavano, sparavano cazzate, cantavano e suonavano... Ci provavano a vicenda, certo, ma almeno la cosa non è stata prerogativa di una parte o dell'altra... Parità dei sessi, insomma!

Ecco, la donna che amo è così.
Se è elegante, non lo fa perché è donna, ma perché quel giorno le gira di essere elegante. E se le gira di giocare a rugby e tirare spallate negli stomaci, potrei amarla addirittura di più.

Cerchiamo di conoscere i semi che gettiamo nella fertile terra delle coscienze: troppa paura e violenza è nata da mercificazione, a volte addirittura fatta passare per libertà, per diritto.

Ma i semi di dono, i semi di rispetto, i semi di amicizia e i semi di amore, invece, hanno portato frutti meravigliosi.
Non è facile imparare ad amare: ma ce la si può fare. Si impara dalle prime volte, nei corridoi delle elementari, quando cominci a pensare che dopotutto, i partecipanti all'Associazione Femmine di Terza non sono poi così repellenti come proclami nell'Associazione Maschi di Terza. E magari fondi l'Associazione Amici di Terza... Poi continui ad imparare quando gomito a gomito lavi le pentole, magari ballando il walzer negli intermezzi, impari dagli sbagli in cui ti cacciano i tuoi nuovi amici ormoni, impari anche che l'amicizia tra uomo e donna può esistere non perché non ci sia il naturalissimo istinto dell'accoppiamento, ma perché tu, da uomo o donna in gamba e dotato di buon senso, sai conoscerlo e guidarlo. Prendi il sale: se ti mangi un pugno di sale, stai male. Se ne distribuisci il giusto pizzico ottieni un ottimo sugo al basilico. O anche all'amatriciana, a seconda dei gusti.


Credo che ci siano due versioni della Genesi, nella Bibbia, semplicemente perché una è giusta e l'altra sbagliata.
In quella sbagliata Dio tira fuori la donna dalle costole dell'uomo: nessun uomo che ama davvero la propria donna potrebbe mai scrivere un'umiliazione simile.
In quella giusta, Dio crea l'Uomo, maschio e femmina li crea: due pezzi di uno stesso Genere Umano. Due lati della stessa Creatura.


E oggi, alla donna che amo, a quell'altro lato del Genere Umano di cui faccio parte, con le sue maniglie dell'amore e con la sua risata vera, col suo metro e tanta voglia di crescere, con le mani piene dei calli lasciati da tutti i pezzi di solidarietà che ha portato, e il cuore pieno di toppe e di buchi e di persone e di sogni, chiedo di aiutarmi a credere che non sono l'unico a volere questa, delle due versioni della Genesi.
Chiedo un aiuto, perché il futuro è una strada che una persona non può percorrere da sola. Ma ne bastano due.


P.S. Per chi non l'avesse ancora capito, è inutile cercare di capire quale donna avesse in mente il sottoscritto: ho scritto per tutta una metà del genere umano... E in fondo anche per l'altra!

domenica 3 ottobre 2010

Una scatola di colori


Avevo una scatola di colori,
brillanti decisi e vivi

avevo una scatola di colori,
alcuni caldi, alcuni molto freddi.
Non avevo il rosso
per il sangue dei feriti,
non avevo il nero
per il pianto degli orfani,
non avevo il bianco
per il volto dei morti
non avevo il giallo
per le sabbie ardenti.
Ma avevo l'arancio
per la gioia della vita,
e il verde per i germogli e i nidi,
e il celeste per i chiari
cieli splendenti
e il rosa per il sogno e il riposo.
Mi sono seduta e ho dipinto la pace.

Tali Sarek

domenica 29 agosto 2010

Tra le nuvole




Tornato dalle dolomiti, da tre giorni sul rifugio Fronza alle Coronelle, sul Catinaccio.

Non molto da raccontare: nuvole, sole, tramonti, mattine, montagne, turisti, troppi turisti, rocce, marmotte, corvi, una serata giocando a Uno con una coppia di tedeschi, una doccia sotto una cascata per fotografare dei fiori, un piatto di pasta al tonno e zucchine buono anche in un rifugio a 2337 metri, il maialino trentino che è finito anche nei panini...

Ma soprattutto, momenti semplici ma indimenticabili, persone grandi e indimenticabili.
Qualcosa per cui posso dire, davvero, di essere felice.

lunedì 9 agosto 2010

VdB Santa Giustina



Le mille curve per arrivare.

Il verde dei boschi di querce, tigli, frassini, aceri, carpini.

Le poiane che volteggiano in alto.

Michele che ti saluta saltandoti in braccio.

I sassolini che ti piovono in testa salendo le scalette di legno che portano alla cima del campanile.

Il profumo del rosmarino di fianco alla porta di casa.

Sgranchirsi i muscoli al caldo del sole del mattino.

Salutare i lupi mentre vengono accolti dai vecchi del paese.

Le notti insonni ad ascoltare i rumori del piano di sopra.

Gli stencil disegnati dall'Elena.

Pietro che ti aiuta a spostare tavoli e panche.

Cantare Mamma del Cielo sotto le stelle.

Il CdA che guida il Branco.

I lupetti che scelgono come attività migliore il torneo di pallascout organizzato dal CdA.

La Sara che impara a suonare la chitarra.

La camomilla insieme al CdA.

Cantare l'Ula Ula.

Trovare la camera in ordine, e un biglietto da parte di due folletti.

Ballare Waka waka su una sedia innaffiando i lupetti con la canna dell'acqua.

Farsi innaffiare dai lupetti.

Le torte in faccia.

Andare a prendere i lupetti dopo le B.A.

Le scenette.

Giuggiolosamente parlando.

Il latte e il miele (scaduto).

Chiedersi come saranno, un giorno, questi lupetti e queste lupette.

Le chiacchierate sul muretto incrostato di muschio e felci.

Chiudere le finestre perché se no entrano le falene.

Acchiappare le falene una ad una.

Diagnosticare la "paurosite" travestiti da sciamani di notte sotto la pioggia.

Farsi rubare il tesoro da sotto il naso.

La condensa della pioggia appena passata illuminata dal sole.

I genitori che giocano a roverino insieme ai figli.

Caricare tutto in macchina e salutare la signora del bar.

Le valli piene di fiori.

Le mille curve per tornare a casa.



Boschi e acque, venti e alberi,
saggezza, forza e cortesia:
il favore della Giungla vi accompagni.

lunedì 19 luglio 2010

Tu te lo ricordi, Paolo Borsellino?


"Sono partigiano, perciò odio chi non parteggia, odio l'indifferenza"
(Antonio Gramsci)

Oggi sembra sbagliato parlare di politica, anzi sembra proprio sbagliata la politica. Sembra che schierarsi sia una cosa scorretta, disdicevole.

Io penso, invece, che sia giusto, anzi necessario, prendere posizione, dire chiaramente come vediamo noi le cose: perché è così che ci si può confrontare, è così che, se siamo capaci di discutere, anzi, di parlare, possiamo formarci delle vere coscienze politiche, cioè in grado di occuparsi, anzi preoccuparsi del bene, del futuro e del destino di tutti, di quella che è la nostra comunità, gli uomini e le donne con i quali stiamo affrontando le sfide della vita.

E penso che oggi, nell'anniversario della morte di Paolo Borsellino, sia importante riflettere su quello che stiamo facendo, se stiamo seguendo le orme di lui e degli altri che hanno dato la vita, e non solo, per una società migliore, o se piuttosto ci stiamo addormentando nel nostro compito di vegliare sulla giustizia.

E allora, lo voglio dire chiaramente: io penso che, negli ultimi anni, siano stati presi diversi provvedimenti, sotto gli occhi di tutti, chiaramente a favore della mafia, della criminalità organizzata, dell'illegalità perpetrata dai potenti; e nella maggior parte dei casi mi sembra che siano stati proposti e voluti da una precisa parte politica.

Penso al provvedimento che toglie la redistribuzione dei terreni confiscati alla mafia alle associazioni antimafia, per metterli all'asta: facendosì che vengano acquistati da chi, sul territorio, ha maggior potere economico e politico, cioè la mafia stessa.

Penso al limite di età introdotto per la presidenza della Procura Nazionale Antimafia, che ha di fatto tolto a Giancarlo Caselli la possibilità di ricoprire quell'incarico proprio nel momento in cui stava per essere nominato.

Penso alla depenalizzazione del falso in bilancio, al DDL intercettazioni, al disegno di legge (non so se approvato) che limita la possibilità di usare le dichiarazioni dei pentiti.


Non penso di avere la verità in tasca, ma non riesco a vedere un motivo in tutto questo che non sia, appunto, quello di chiudere gli occhi di fronte all'ingiustizia, o peggio di agire volontariamente a favore della mafia.

martedì 29 giugno 2010

La Felicità non è una funzione di stato


Non aspettare
di finire l'università,

di innamorarti,
di trovare lavoro,
di sposarti,
di avere figli,
di vederli sistemati,
di perdere quei 10 chili,
che arrivi il venerdì sera o la domenica mattina,
la primavera, l'estate,
l'autunno o l'inverno. 

Non c'è momento migliore di questo per essere Felice. 
La Felicità è un Percorso, non una destinazione!! 

[Madre Teresa di Calcutta?]

mercoledì 16 giugno 2010

La Legge


Il lupetto pensa agli altri come a se stesso;
il lupetto vive con gioia e lealtà insieme al Branco.

Di due articoli, è fatta la Legge del Branco.
E due sono anche i comandamenti dati da Gesù ai suoi discepoli:

Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente,
e ama il prossimo tuo come te stesso.

In reparto, gli articoli diventano dieci: nessuno è mai morto a impararli a memoria, comunque...


Le Leggi italiane, invece, sono decine di migliaia. Di leggi, non di articoli.
Non so nemmeno quante sono, esattamente, figurarsi conoscerne il contenuto.

Ora, qui sorge subito un problema: dato che l'ignoranza della legge non è una scusante, come faccio a sapere quando sto infrangendo una legge che non conosco?

Ora, se io ho molti soldi, posso pagare un avvocato che di mestiere si impara tutte (o quasi) le leggi, che a sua volta paga qualcuno che pubblica i testi su cui sono riassunte le leggi (eh sì, perché almeno fino a che non esisteva www.normattiva.it, non era nemmeno semplice trovarle, le leggi italiane).

Se io invece non ho tutti quei soldi, o non voglio spenderli in avvocati, non so esattamente cosa posso fare e cosa no, così vivo nel timore di poter infrangere qualche norma, così o incomincio a odiare il sistema e diventare un dissidente o un delinquente, o mi limito a comportarmi "come tutti gli altri", per evitare che facendo cose fuori dall'ordinario vada a fare qualcosa di illegale. (Ovvio che sono estremizzazioni, ma sono utili a capire)

Il risultato è che, per chi ha soldi, cambia poco; chi non ha soldi si sottomette a chi ha padronanza della legge (cioè chi ha soldi) se non vuole diventare un "fuorilegge"; e per tutti quelli che lavorano come "interpreti" della legge (avvocati, notai, consulenti legali, commercialisti, etc...) è interesse (esplicito o involontario) che questa sia sempre più complicata, in modo che il loro lavoro sia sempre più necessario.

Così, uno strumento nato per assicurare a tutti gli uomini gli stessi diritti, diventa uno strumento di potere.



Io penso che la Legge sia indispensabile, in ogni comunità.
Credo però che sia indispensabile che tutti la conoscano, e che sia sentita da tutti come propria.

Se ci sforzassimo un po', a rendere tutto più semplice, credo che le cose funzionerebbero meglio.
E saremmo molto più fieri della nostra Legge e del nostro Paese.

domenica 13 giugno 2010

Il tesoro di Montecristo


...Stretto tra il cielo e la terra, sotto gli artigli di un drago,
nelle parole che dico al vicino, questo tesoro dov'è?

...Sepolto in fondo alla storia, chissà se brilla, chissà;
sarà un segreto grande davvero, certo è nascosto, ma c'é!

E quando lo trovi spargiamolo intorno, per monti, mari, valli e città:
un tesoro nel campo, un tesoro nel cielo,
puoi costruire ciò che non c'è...


E' apparsa dalla nebbia, lentamente e maestosamente, come se stessimo uscendo dal mondo reale per entrare in quello del sogno.

La Raìs del Golfo, beccheggiando su un mare decisamente inquieto, portava i suoi cinquanta passeggeri, e i loro stomaci duramente provati dalle onde, al molo di cala Maestra dell'isola di Montecristo.

Il viaggio di due ore e mezza era, in realtà, cominciato molto prima: diciamo un paio d'anni prima, nel sottotetto della Cascina che è la sede ASA, quando nel solito gruppo di aspiranti ambientalisti si diceva "perché invece dei soliti progetti non facciamo qualcosa di figo, che non potremmo fare altrimenti, che so... Andare sull'isola di Montecristo???".

Grazie all'impegno di Mauro e della Sofia per primi, grazie ai fax, alle telefonate, all'intercessione di Viaroli, ecco che, un giorno non ben precisato di quest'inverno, un fax del Ministero dell'Ambiente annuncia che è stato concesso un permesso per 20 persone dell'associazione AISA Parma per l'accesso alla Riserva Naturale dell'isola di Montecristo.

Quindi si riparte: fax, telefonate, riunioni, liste d'attesa, barca, ostello o non ostello, treno o macchina, gente che va, gente che si aggiunge, gente che non può camminare (tipo il sottoscritto)... E il 10 giugno, alle 7.45 (orario relativo, variabile in funzione della - ancor più relativa - puntualità dei partecipanti) una improbabile compagnia fatta di ambientalisti di svariate età, un'ingegnere, una chimica e un informatico, partiva da Parma alla volta di Piombino (o meglio, di un ostello solitario abbarbicato in una valle costellata di miniere abbandonate e non, relativamente vicino a Piombino).

Non c'è stato solo Montecristo, naturalmente: prima - e dopo - c'è stato il mare e la spiaggia di Baratti, le disquisizioni su come si monta un aquilone, gli autovelox, i camerieri della sagra del fusillo che sono meglio delle cameriere del ristorante sulla spiaggia, le vecchie che ci insegnavano a ballare il liscio, l'attraversamento della giungla toscana per raggiungere la Buca delle Fate (sbagliando strada, tanto che se tre compagni non mi avessero aspettato, probabilmente ora non saprei che cos'è, la Buca delle Fate...), il vetro rotto, le ore passate a decidere cosa fare, il limoncino, l'Acqua di Alta Qualità...


Ma il centro, il cuore del viaggio era lì, a metà tra l'Italia e la Francia.

Non so se da qualche parte, nascosto in qualche anfratto del granito, sotto una delle vette di quella montagna che sbuca dal mare, si nascondono forzieri pieni d'oro, d'argento, gioielli e pietre preziose, portati dai fenici che hanno abitato per primi l'isola, o dai romani, o dai monaci guerrieri che hanno vissuto nel monastero che diventò poi un bersaglio per la Reale Marina Militare Italiana.


So che le coste e le valli dell'isola, coperte di cespugli aromatici di rosmarino, cisto, maro, erica, danno casa e cibo alle capre, alla berta minore, al cucciolo di falco pellegrino che davanti a noi inseguiva gridando i suoi genitori mentre imparava a cacciare, ai ratti, alle lepri, alle vipere, ai gabbiani, a Brina il cane dei custodi...

So che, riparato tra le braccia di Cala Maestra, un piccolo angolo di strano paradiso mediterraneo custodisce i quattro custodi dell'isola: due guardie forestali e una coppia di montanari del nord-est che hanno deciso di vivere la loro vita in un posto collegato solo una volta ogni due settimane col resto del mondo.

So che, seduti sul prato all'ombra della robinia e degli oleandri, ascoltavamo dalle labbra di Luciana quello che, in fondo, è il motivo per cui almeno diversi di noi stanno passando questi anni in cascina, e che per lei e Giorgio è la spinta che li ha portati due volte a diventare custodi dell'isola, e che è il motivo per cui Montecristo è così e deve restare così, checché ne dica l'attuale Ministro dell'Ambiente.


So che adesso dallo zaino sono venuti fuori, oltre al sacchetto degli improbabili panini al lardo e provola, alla bottiglia con ancora un po' d'Acqua di Alta Qualità, anche le parole di Luciana, i piedi per terra di Giorgio, il sorriso della Gigia, la stretta di mano di Mattia, la stanchezza di Fabio, le incazzature di Andrea, le chiacchiere con la Je, un po' di tutti i miei compagni di viaggio.


Io, penso di averlo trovato, il tesoro.


E devo ringraziare mille volte Mauro e la Sofia che sono riusciti a trovarmi un posticino sull'isola all'ultimo momento...!!!



Ecco, avevo promesso di dire la mia su Montecristo: fatto!

venerdì 23 aprile 2010

Pietre, pioggia, e un tortello alla marmellata

Prologo

La prima escursione di Geologia e Territorio, alla Pietra di Bismantova, era stata accompagnata da un tempo metereologico variabile dal "nuvoloso con nebbia a tratti aperta" al "nuvoloso con nebbia e pioggia lieve".

La seconda escursione di Geologia e Territorio, tra il monte Prinzera e la val Sporzana, era stata un po' più umida e ventosa.

La terza escursione di Geologia e Territorio, in Lunigiana, era stata lievemente migliore: le nuvole che coprivano il cielo ci hanno risparmiato l'acqua per (quasi) tutta la gita.



Capitolo primo (e unico)


Mercoledì 21 aprile 2010

La quarta escursione di Geologia e Territorio, nei dintorni del monte Fuso, è prevista per venerdì 23 aprile.

Nonostante la settimana sia la più calda e soleggiata dall'inizio dell'anno, le previsioni meteo per venerdì prevedono pioggia.


Giovedì 22 aprile 2010

Le previsioni meteo per il giorno successivo danno, per qualsiasi località e orario, da "pioggia moderata" a "temporale".

Rientro a casa - sotto la pioggia - verso mezzanotte, dopo una giornata all'università, una doccia e una cena veloce, una riunione di staff, un'altra di staff gemellata e una riunione di Comunità Capi; accendo il computer con un mano (l'altra sorregge le palpebre) e cerco eventuali comunicazioni di escursione rimandata: nulla.

Mezz'ora dopo desisto dall'idea di fare lo zaino prima di andare a dormire, e carico la sveglia: "Tanto, senza dubbio sarà rimandata".


Venerdì 23 aprile 2010

Mentre il cervello finisce di separare i ricordi della giornata precedente dalle immagini di sogni inquietanti su campi di formazione per capi, riempio lo zaino con il solito set di aggeggi di più o meno dubbia utilità, e con due o tre cose trovate in frigo. Non vado a fare la spesa: "Tanto, l'escursione sarà rimandata: andrò là giusto per averne la conferma...".

Parto, sotto una pioggerella rada ma insistente, in direzione campus.



Il primo indizio è stato il pullmino dei geologi con le portiere aperte. Lì ho cominciato ad essere un po' meno sicuro dell'annullamento dell'escursione.

La certezza è stata, arrivando, sentire il prof che diceva "...adesso dobbiamo trovare tre posti, su, dove i tre gruppi si potranno andare a riparare in caso di pioggia troppo forte..."



Ci smistiamo sulle macchine secondo un criterio molto semplice, poco meno antico delle forme di vita eucariotiche: uomini da una parte, donne dall'altra.

Io, finisco nella macchina delle donne.


Non che ci sia nulla di male, naturalmente: anzi, sono importanti occasioni culturali per approfondire le proprie conoscenze sulle (dis)avventure della principessa Sissi (e sui vestiti che indossava l'attrice che la interpretava).


Arriviamo a Lagrimone (alias campo base per geologi che stanno per inzupparsi da capo a piedi), e nel frattempo il tempo meteorologico ha subito un radicale cambiamento: la "pioggia debole e insistente" è diventata "pioggia moderata che non accenna a invertire la tendenza all'aumento". Nel caso non me ne fossi reso conto, il salumiere dal quale compro un po' di focaccia e prosciutto per integrare le scarse scorte procurate dal frigo di casa mi fa notare che "è proprio una pessima giornata per un'escursione"...

Viene il momento della divisione in gruppi (secondo l'efficace tecnica del "chi mi ama mi segua!"), e dopo un intervallo di tempo non ben definito, siamo sotto una tettoia di legno a cercare di capire quanta pioggia dovremo prendere per andare a vedere i quattro contatti stratigrafici che sono il nostro obiettivo. Per chi non lo sapesse, un contatto stratigrafico è... Avete presente un panino? Ecco, il panino ha diversi contatti stratigrafici: quello tra la fetta di pane di sotto e la maionese, quello tra la maionese e l'insalata, quello tra l'insalata e il prosiutto (crudo, se vi va bene, cotto, se vi va così così, coppa se proprio andate al risparmio), e via così...
Naturalmente i contatti che dovevamo trovare non erano tra fette di panini, ma tra formazioni rocciose. Peccato che le formazioni rocciose non sono poi così facilmente distinguibili come il pane e la maionese: soprattutto se una è una arenaria marnosa grigia facilmente sbriciolabile, l'altra è una marna arenacea grigia molto facilmente sbriciolabile, l'altra ancora è una marna grigio-verde (ma con intercalazioni arenacee, ovviamente)...
Così, guidati dalla carta geologica, dai nostri sensi ma soprattutto dal fattore C, ci siamo avventurati in quell'ambiente ad alta umidità relativa (ma anche assoluta, oserei dire) raccattando pietre, scalando rive franose e infangando irrimediabilmente la povera macchina della Giorgia che ci ha scarrozzati su e giù (e a destra e a sinistra) per i monti.


Una volta sufficientemente convinti di aver individuato gli obiettivi della nostra ardua missione, ci siamo diretti al più vicino luogo di pubblico ritrovo (il bar del paese di Sasso) per interpretare i dati raccolti (copiare in bella la cartina zuppa d'acqua su cui avevamo annotato alla bell'e meglio gli affioramenti trovati) e fare conoscenza diretta degli usi e costumi del luogo (pasteggiare a the caldo e tortelli alla marmellata). E devo dire che mentre la giacca sgocciola ancora appesa alla sedia, sentire il the fumante che scende nello stomaco e pensare che tutto quello che rimane da fare è infilarsi in macchina e tornare verso il campo base, ti fa apprezzare molto gli "usi e costumi del luogo".

Il ritorno verso Lagrimone (avrà qualcosa a che fare con l'acqua??) non è stato però così semplice come credevamo.
Se all'andata ci guidava il pullmino del prof, al ritorno abbiamo prima tentato di farci guidare dalla nostra memoria (col risultato di trovarci su una strada sconosciuta in un paese sconosciuto dell'appennino), poi di farci guidare dal navigatore satellitare, che per qualche inspiegabile motivo era costantemente in disaccordo con la carta topografica.
Il risultato è che, molte curve e molti "ma non siamo mai passati di qui!" dopo, ci siamo ritrovati su una strada che di certo non portava a Lagrimone, ma aveva qualche speranza di portarci verso Parma: unanimamente, l'equipaggio ha deliberato che non era poi così necessario ricongiungersi con gli altri gruppi a Lagrimone, e le lamentele del navigatore sono state zittite impostando la nuova destinazione.

Così, cantando La Canzone del Sole stretti in macchina mentre fuori le nuvole innaffiavano allegramente la terra con un fittissimo acquazzone, si concludeva la quarta escursione di Geologia e Territorio.


Bagnata, sì. E forse, diverse altre cose sarebbero potute andare meglio.
Ma, in fondo, ho il sospetto che questa giornata e questi compagni non li dimenticherò presto.
E questa è una buona cosa.

lunedì 22 marzo 2010

...perché no?

Piccola premessa: mi risulta che da alcune parti, come in Inghilterra, non sia cortese parlare di politica e religione.

Ecco, oggi voglio parlare di politica e religione.

Perché penso che la politica sia il modo in cui ci preoccupiamo della comunità, e per me essere cristiano vuol dire cercare di seguire Gesù in tutta la vita, non solo in chiesa, quindi in qualche modo devo cercare di capire come far andare d'accordo le due cose...

---

Io forse non ho capito un fico secco del Vangelo - e in effetti l'episodio del fico disseccato ancora non l'ho capito - ma da quello che mi sembra di aver capito...

...prima di tutto, bisogna amare, Dio e gli altri: e quindi, penso, mettere gli altri prima delle proprie idee, dei propri progetti.

...poi, che bisogna essere poveri, e non solo in spirito: e quanto è difficile per noi riccastri!!!

...che bisogna servire senza per questo aspettarsi una ricompensa...

...che Gesù e i suoi apostoli tutto quello che avevano era di tutti - e quanto è difficile mettere in pratica anche questo!

...che Gesù ha accolto tutti, giudei, stranieri, pagani, peccatori...


Insomma, più ci penso e più sono convinto... Secondo me la Chiesa e la 'sinistra' hanno molte più cose in comune che differenze!

mercoledì 24 febbraio 2010

Buon senso o pigrizia

"Sono del parere che la pigrizia sappia camuffarsi da buon senso molto bene, ma l'esperienza mi ha insegnato a riconoscerla e a smascherarla.
Quando il buon senso propone staticità si tratta quasi sempre di pigrizia.
Quando ti dice di mettere il poncho nello zaino è buon senso."


Edo Martinelli, Supplemento a R-S Servire