mercoledì 20 maggio 2009

Impastati

Farina, sale, acqua, lievito. E un pizzico di zucchero e una goccia d'olio.
Impastati a forza di braccia, lievitati sotto uno strofinaccio, cotti in forno e poi spezzati e mangiati.


Così il pane preparato del Branco Roccia della Pace tra i sassi di Provazzano; così anche il il Branco stesso, nelle risate per le scenette la sera, nel nascondersi insieme tra l'ortica e l'erba medica, nel prendere a pugni lo stesso pezzo d'impasto, nel cantare la Messa finalmente a squarciagola, nell'ammettere al Consiglio di "aver fatto casino la notte" e, perché no, anche nel far casino la notte!

Così, anche, quei nove quasi scienziati ambientali partiti alle 6.30 (che sono poi diventate 7.30) di sabato 16 maggio, alla volta della Versilia.

Anche loro (cioè, noi) ora siamo un po' più pasta di prima, grazie a questi due giorni tutto sommato semplici, ma anche belli, caldi, complicati, un po' tragici e un po' comici.


Una pasta che ha il sapore del metano e della gomma provata da 450 km su e giù per la Cisa e le stradine delle Alpi Apuane.

Che sa del verde delle foglie novelle del carpino e del castagno, del sapore dei germogli di abete rosso, dei tronchi contorti del faggio, dei colori dei non-ti-scordar-di-me, del maggiociondolo, delle pinguicole e delle genziane, della pelle del tritone e del morso del geco che decise di visitare la stanza delle donne.




Che sa anche degli oli di macchina della marmettola che scende dalle cave di marmo e copre i ruscelli della torbiera di Fociomboli, dove pascolano i cavalli che ci chiedono un po' di cibo come pegno per poter rimanere con loro; dell'entusiasmo di improvvisarsi detective ambientali campionando con un fazzoletto da naso e una bustina di filtri per sigarette...




Sa di quel piccolo paesino abbandonato, tre ruderi, una chiesa, muretti a secco, siepi di bosso e prati fioriti, come una gemma incastonata nei boschi ai piedi del monte Freddone.




Che sa dell'acqua del radiatore rotto della Silvia, dell'imbarazzo, dei sensi di colpa, della voglia di cavarsela lo stesso, e anche di quel pizzico di gusto in più che ti danno gli imprevisti.

Una pasta che ha il gusto della pizza del Cardo, buona già di suo, e ancora di più perché mangiata insieme alla sera di quella lunga giornata.


Sa della colazione dell'ostello ecologico di Pruno, della gentilezza della signora dell'ostello che ci ha prestato tre posti in macchina e guidato fino al metanaio (rivelandosi così anche lei di quei "ribelli contro il petrolio"...), e di un semplice passante che ci ha fatto da guida nella ricerca della stazione di Pietrasanta.




Sa della sabbia ustionante della Versilia, del primo bagno nell'acqua fredda di maggio, dei biscotti, dei lupi mannari, della pallavolo in spiagguia, dei gelati per pranzo e della ricerca disperata di una fontana funzionante...



Ha il sapore metallico delle corde della chitarra, la forza della musica che vedi cantata anche sulle labbra dei "vicini di ombrellone", di quella che da sconosciuta in topless si rivela così persona carica di una storia, di ricordi, di emozioni.

Siamo tornati a casa per strade diverse.
Non so, non penso che siano i due giorni più intensi che abbia mai vissuto.
Ma ho il sospetto che un po' della Fra, di Aie, della Silvia, di Emo, delle Elise, di Michele e di Roberto sia tornato a casa con me, e la speranza che un po' di me adesso vada a spasso con loro.