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venerdì 20 maggio 2022

Ci siamo!

 Ok, è arrivato il momento di fare politica davvero.


Tra meno di un mese Parma sceglierà il nuovo sindaco e il nuovo Consiglio Comunale.


Io ve lo dico, stavolta ci candidiamo!

Se ho potuto arrivare a quasi 35 anni in forma e felice, protetto da guerra e povertà, se ho potuto ricevere in "regalo" la valvola meccanica che mi tiene in vita, se ho potuto godere di una città che, nonostante i suoi difetti, continua ad essere un bellissimo posto dove vivere, è grazie a quello sforzo collettivo di trovare soluzioni comuni che si chiama democrazia.

E penso che il modo migliore per ringraziare sia mettersi al servizio degli altri.


Quindi, siamo qui!

Con Europa Verde e Possibile ci presentiamo alle elezioni comunali di Parma.

E sono felicissimo di vivere questa avventura insieme alle persone con cui, anni fa, abbiamo fatto nascere anche a Parma i Fridays for Future, con cui abbiamo scritto le osservazioni sul Piano Regionale Integrato dei Trasporti, con cui abbiamo portato in Consiglio Regionale e al Parlamento Europeo la questione dell'ampliamento dell'aeroporto di Parma, con cui già nel 2015 manifestavamo per un collegamento Ti-Bre ferroviario anziché stradale, e con Enrico in particolare che già quando ero studente dell'ITIS ha seminato le basi del mio impegno ecologista, spiegandoci le tecniche per valutare lo stato di salute dei nostri fiumi.


Se volete sostenerci, ci sono tre cose che potete fare:

* parlate di noi, con tutti quelli che conoscete

* venite con noi a darci una mano! Non solo per questa campagna elettorale, ma anche e soprattutto per tutto il lavoro che ci sarà da fare nei prossimi anni! Scrivetemi direttamente, o scrivete ad europaverdeparma@gmail.com o seguite la nostra pagina facebook

* il 12 giugno fate una croce sul nostro simbolo! E se non sapete chi indicare come seconda preferenza, io vi consiglio Sara Fallini, che con la sua incrollabile fiducia nel dialogo è riuscita a tenere insieme la nostra squadra anche nei momenti più difficili del cammino fino a questo punto.




sabato 20 novembre 2021

Contro le gite scolastiche

Le gite scolastiche - quelle per cui alle famiglie è richiesto un contributo economico, e chi non versa non partecipa - sono discriminatorie. Così come tutte le uscite e le attività in generale per le quali è richiesto un contributo.

La scuola pubblica dovrebbe essere gratuita per tutti. Conosco diverse scuole che propongono molte bellissime attività, per le quali richiedono contributi che nel corso di un anno scolastico possono arrivare a diverse centinaia di euro. Sono cifre che per molte famiglie sono facilmente affrontabili, soprattutto considerato che vanno nell'istruzione dei figli. Ma ci sono anche famiglie per cui queste cifre sono un problema, e di conseguenza studenti che devono rinunciare a qualcuna di queste attività anche a causa del costo.

Ricordo dirigenti scolastici che dicevano che tutte le famiglie che si erano rivolte alla scuola chiedendo aiuto perché non avevano soldi per mandare il figlio in gita erano state aiutate dalla scuola. Bene. Ma io vorrei una scuola dove le famiglie non devono umiliarsi chiedendo l'elemosina dal dirigente per poter avere l'istruzione che la scuola dovrebbe garantire gratuitamente. E ci sono tante altre famiglie che, per orgoglio o perché non si ritengono tutto sommato così povere, non si sognano nemmeno di chiedere aiuto alla scuola, e semplicemente rinunciano ad alcune di queste occasioni di formazione.

E mi scoccia un po' che soldi presi dalle mie tasse vadano a finanziare, in parte (sotto forma di docenti accompagnatori, progettazione etc...), la realizzazione di attività facoltative e a pagamento proposte dalla scuola agli studenti, che di fatto vengono sfruttate dalle famiglie che hanno già larga disponibilità economica, e non dalle famiglie che magari ne avrebbero più bisogno.

Con questo io non voglio che non si facciano più gite, semplicemente che si trovi un sistema perché siano accessibili a tutti gratuitamente, o al massimo che il criterio di selezione non sia l'aver versato o meno il contributo. Alcuni esempi di soluzione:

  • cercare di vincere bandi pubblici e con questi finanziare il 100% dell'attività o della gita;
  • accettare comunque contributi volontari da parte delle famiglie, slegando però la partecipazione dello studente dall'aver versato o meno, e mantenendo il segreto su chi ha versato e quanto;
  • se non ci sono risorse per tutti, selezionare i partecipanti in base ad un criterio, come il merito, il comportamento o anche la situazione di particolare difficoltà... Facendo però attenzione al fatto che a volte il merito è strettamente dipendente dalle condizioni economiche della famiglia, e la scuola non dovrebbe limitarsi a spingere avanti solo chi già parte avvantaggiato, ma anche e soprattutto "rimuovere gli ostacoli di ordine conomico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese".
E naturalmente la soluzione migliore sarebbe un Governo che dedicasse più risorse all'istruzione pubblica...

sabato 24 luglio 2021

Sviluppo insostenibile

Non c'è spazio per inseguire la crescita economica se desideriamo preservare quello che rimane della bellezza e dell'abitabilità del nostro pianeta.

Ma possiamo comunque costruire una società più equa, che sia casa per il bagaglio culturale che abbiamo ereditato e in cui si possa conservare almeno parte del benessere a cui siamo abituati, se rinunciamo alla crescita economica come condizione necessaria.

Non che la crescita economica sia necessariamente il male, e nemmeno che non sia più possibile: semplicemente non è l'obiettivo a cui dobbiamo tendere, ed è pericoloso continuare a inseguirla.




Cosa sta succedendo?

Sappiamo ormai bene che la nostra presenza sul pianeta sta modificando irrimediabilmente la biosfera che garantisce la nostra sopravvivenza:
  • l'uso dei combustibili fossili e l'allevamento su larga scala emettono gas serra che stanno andando a modificare il clima, con conseguenze che potranno essere catastrofiche sia direttamente per le popolazioni che abitano vaste zone della Terra, sia per gli ecosistemi che cambieranno, portando all'estinzione un grande numero di specie;
  • la trasformazione degli ecosistemi da naturali ad agricoli, e da agricoli ad urbanizzati, sta rapidamente causando la perdita di habitat per buona parte degli esseri viventi, spingendoli verso l'estinzione, e sta provocando la perdita dei servizi ecosistemici necessari alla nostra sopravvivenza (come ad esempio la fotosintesi, il sequestro dell'anidride carbonica, la creazione e il mantenimento del suolo, la degradazione biologica degli inquinanti, la biodiversità, l'impollinazione delle piante da parte degli insetti, ma anche i "servizi" meno materiali come la possibilità di apprezzare la bellezza della natura, possibilità senza la quale, credo, la vita avrebbe meno senso di essere vissuta);
  • le emissioni di sostanze tossiche e cancerogene nell'aria, nell'acqua e nel suolo, da parte di un gran numero di attività umane, stanno danneggiando direttamente la salute di milioni di persone che vivono negli ambienti più inquinati della Terra, come la nostra pianura Padana, oltre che - insieme con l'abbandono dei rifiuti - danneggiare gli ecosistemi e spingere le specie verso l'estinzione.
  • le risorse che consumiamo per alimentare il nostro sviluppo si stanno esaurendo: i combustibili fossili non sono infiniti e la loro estrazione costerà sempre di più, sia economicamente che ecologicamente; molti minerali di interesse industriale si trovano in poche zone del mondo e in quantità limitate, e per alcuni il pericolo che si esauriscano i giacimenti è concreto e vicino; l'acqua potabile è una risorsa rinnovabile ma scarsa, che in molte zone del mondo non è più sufficiente a soddisfare i bisogni delle popolazioni; il suolo coltivabile del nostro pianeta non è infinito, già stiamo sfruttando una buona parte di quello disponibile, e ne stiamo perdendo grandi quantità a causa della desertificazione e dell'urbanizzazione.
Tutto questo accade in una società umana nella quale esistono ancora enormi disparità, sia tra diverse aree del mondo sia tra persone della stessa area, nelle possibilità di avere una vita sana e sicura, di ricevere un'educazione di qualità, di partecipare alla costruzione della cultura e della politica della società.

Cosa c'entra la crescita economica?

Una crescita economica significa una crescita nella produzione di beni e servizi: questo significa anche un aumento degli impatti dell'uomo sull'ambiente e un consumo sempre più rapido delle risorse: in un anno produco 10 impattando 10, se l'anno successivo voglio produrre 12, impatterò 12.

Attraverso l'innovazione tecnologica posso ridurre gli impatti e le risorse necessarie a produrre i beni e i servizi che mi servono: se prima producevo 10 impattando 10, potrei, migliorando la tecnologia, produrre 12 impattando 11. Sarebbe molto bello se l'innovazione viaggiasse velocissima, e ci permettesse di aumentare la produzione di beni e servizi diminuendo nello stesso tempo gli impatti (quello che viene indicato come emission decoupling, riferendosi alle sole emissioni), purtroppo non c'è una reale evidenza che, a scala globale, sia già così o ci si possa arrivare a breve. Più la produzione di beni e servizi cresce, più gli impatti crescono.

Il nostro sistema produttivo è senza dubbio migliorabile, e potremmo, con qualche sforzo di cambiamento, produrre ciò che produciamo adesso impattando molto meno, ma questo non significa che l'innovazione tecnologica possa permetterci una crescita economica illimitata, a causa dei limiti fisici che la biosfera dell'unico pianeta che abbiamo ci impone.

Senza dubbio l'innovazione tecnologica è una strada da seguire, ma continuare a scommettere su una crescita illimitata spinta da un'innovazione tecnologica che, fino ad oggi, non è mai riuscita a disaccoppiare crescita economica e crescita degli impatti, mettendo a rischio l'abitabilità del nostro pianeta, è da incoscienti, quando non è fatto in malafede.

Ma a chi serve la crescita economica?

Ci serve davvero produrre beni e servizi ad un ritmo più veloce rispetto a quanto già facciamo ora? Se lo mettiamo su un piatto della bilancia, e sull'altro piatto ci mettiamo i danni che questa crescita comporta, da che parte pende la bilancia?
Certo, nel mondo ci sono milioni di persone in estrema difficoltà che avrebbero bisogno di cibo e servizi essenziali. Ma ci sono anche decine o centinaia di migliaia di persone che hanno ben di più di quello che è necessario per avere una vita lunga, piena e felice. Il prodotto mondiale lordo, pro capite, a parità di potere d'acquisto è quasi 18 000 $ annui, circa quanto quello della Cina o dell'Argentina, e poco meno della metà di quello italiano (circa 41 000 $ annui). Se i beni e i servizi che già oggi produciamo fossero equamente distribuiti i paesi "occidentali" dovrebbero accontentarsi di meno di quello a cui sono abituati, ma tutta l'umanità avrebbe di che sopravvivere in modo dignitoso.

Questo è ancora più vero se consideriamo solo "casa nostra": se le ricchezze fossero equamente distribuite all'interno del Paese, i 41 000 $ annui pro capite italiani sarebbero più che sufficienti a garantire a tutti un'esistenza più che dignitosa.

La ricchezza per garantire il benessere di tutti la abbiamo già, dobbiamo fare in modo che tutti possano goderne, e dobbiamo imparare a produrla chiedendo meno alla nostra Terra e restando all'interno dei limiti di quello che ci può offrire.

Chi è davvero interessato alla crescita economica è il nostro sistema economico basato sul debito: nello scorso secolo di crescita sfrenata alimentata dal petrolio, quando sembrava che non sarebbe mai finita, tutti si sono abituati a scommettere sul fatto che domani avrebbero guadagnato più di oggi, chiedendo finanziamenti e indebitandosi. Gli Stati per primi si sono lasciati inebriare da una gestione in deficit, scommettendo sul fatto che la crescita economica perpetua avrebbe sempre portato, l'anno successivo, più tasse di quelle dell'anno in corso. Questo ha funzionato egregiamente finché la crescita c'è stata, al prezzo della vorace devastazione delle risorse del pianeta, ma ora che le risorse iniziano ad esaurirsi, e che altre nazioni hanno preso lo scettro dei divoratori più voraci, per quanto potrà funzionare?

Che cosa si può fare, secondo me


Ridistribuzione della ricchezza, conversione dell'economia

Per avere una vita dignitosa tutti dobbiamo accedere alla possibilità di sfruttare un po' delle risorse naturali del Pianeta per soddisfare i nostri bisogni e crescere come persone libere: cibo, casa, vestiti, salute, educazione...
Oggi, le troppe risorse che strappiamo al Pianeta sono negate a parte della popolazione, per andare a soddisfare desideri tutt'altro che essenziali di un'altra piccola parte della popolazione.
Senza bisogno di strappare ulteriori risorse, che il Pianeta non è più in grado di offrirci senza compromettere la sopravvivenza delle generazioni future, possiamo soddisfare i bisogni della parte della popolazione più in difficoltà dirottando verso di loro le risorse che oggi vengono sprecate, usate male, o consumate per soddisfare bisogni non essenziali della parte ricca del mondo.
Questo può essere fatto - e almeno in parte deve essere fatto - attraverso le tasse e Stati che forniscano i servizi essenziali a tutti i cittadini, ma può anche essere fatto attraverso una trasformazione del mercato, chiamiamolo Green New Deal se volete: chiediamo a chi ha i soldi (noi compresi) di spendere in beni e servizi con un minimo impatto ambientale ma ad alto contenuto di lavoro, creando così posti di lavoro senza dover aumentare le risorse da strappare al Pianeta. Meno SUV, meno ville e meno crociere, ma più arte, più cultura, più investimenti ecologici. Esistono diversi strumenti per spingere il mercato in questa direzione: disincentivare beni e servizi ad alto impatto ambientale, incentivi per i loro opposti. Il punto fermo è che dobbiamo ridurre, non aumentare, l'impatto complessivo della nostra economia.

La madre di tutti i problemi

Sostenere lo sviluppo umano delle aree del mondo e delle fasce di popolazione più in difficoltà è necessario anche per affrontare il problema centrale da cui discende tutto il resto, cioè la sovrappopolazione. Sul pianeta Terra non possono continuare a vivere a lungo sette miliardi e mezzo di persone con questo stile di vita: dobbiamo cambiare stile di vita e nel frattempo dobbiamo evitare di aumentare ancora, perché più aumentiamo più i nostri impatti sono grandi. Combattere la sovrappopolazione non significa necessariamente un controllo delle nascite imposto con la forza: basta fornire una educazione adeguata, liberare le persone da vincoli culturali che impongono famiglie numerose e ostacolano la contraccezione, e mettere le donne in condizione di poter decidere liberamente della propria vita e del proprio futuro.

Smettiamo di scaricare il barile sugli altri

I nostri paesi "occidentali", di prima industrializzazione, stanno ricorrendo pesantemente all'importazione di prodotti - spesso non prodotti finiti ma semilavorati o materie prime - da paesi di più recente industrializzazione, dove la manodopera costa meno e soprattutto i vincoli ambientali e sociali sono meno rigidi. Occhio non vede, cuore non duole, insomma. Questo ha anche l'effetto di far sembrare "virtuose" le nostre economie, quando in realtà non lo sono: ci teniamo le produzioni a minor impatto ambientale, sembrando ecologici, quando in realtà abbiamo solo spostato altrove le parti più impattanti della produzione, in luoghi dove il loro impatto si moltiplicherà.

Questa delocalizzazione della produzione ha anche il pesantissimo effetto di creare disoccupazione nei nostri paesi, e costringere le nostre imprese a subire una concorrenza sleale da parte di imprese in altre parti del mondo che possono fare profitto senza i vincoli a cui le nostre devono sottostare.

E' necessario, secondo me, che a livello europeo qualsiasi accordo di importazione preveda che vengano importati esclusivamente beni e servizi da paesi con tutele ambientali e sociali almeno equivalenti a quelle europee, oppure da imprese che garantiscano queste tutele alla comunità dove operano.

Disintossichiamoci dalla crescita

Dobbiamo sanare le nostre economie dalla dipendenza dalla crescita, arrivando al pareggio di bilancio. Finché i nostri bilanci si chiuderanno con un deficit, avremo bisogno di crescita economica per poter pagare i nostri debiti l'anno successivo e continuare ad avere i finanziamenti che ci servono, ma così ci costringiamo a chiedere sempre di più dal Pianeta, e prima o poi il Pianeta ci dirà basta - e in tante piccole e grandi cose ce lo sta già dicendo.
Se ci liberiamo del deficit, saremo liberi di scegliere se crescere o no, e potremo decidere di farlo solo se e quanto l'innovazione tecnologica ci consentirà di farlo riducendo nel contempo gli impatti.

Stop al consumo di suolo

In Italia il suolo è una risorsa preziosissima, e la cementificazione avanza ad un ritmo rapidissimo. Stiamo perdendo alcuni tra i suoli più fertili del pianeta, e le nuove aree residenziali stanno nascendo secondo lo schema più insostenibile, quello che si chiama sprawl urbano: edifici di piccole dimensioni sparsi e poco collegati in vaste aree lontano dai centri urbani, consumando moltissimo suolo per ciascuna unità abitativa e costringendo le persone a muoversi in auto per grandi distanze. Occorre, credo, imporre lo stop completo alla trasformazione del suolo da agricolo o naturale a edificato, sia per edifici che per infrastrutture, senza eccezioni, su tutto il territorio italiano (e probabilmente anche in gran parte d'Europa). Qualsiasi nuova costruzione deve essere fatta ristrutturando, rimpiazzando o riqualificando quartieri esistenti.

Abbandonare i combustibili fossili

Dobbiamo abbandonare al più presto i combustibili fossili. Questo può essere fatto in diversi modi, ma credo che il più semplice ed efficace sia una carbon tax. In Europa esiste già il meccanismo ECTS, occorre modificarlo ed estenderlo a tutti i combustibili fossili, applicando una tassa che crescerà di anno in anno, arrivando a rendere l'uso dei combustibili fossili antieconomico. Questo dovrà essere fatto in modo uniforme su tutta l'area economica europea, in modo da non creare concorrenza sleale. Attraverso il denaro ricavato dalla carbon tax occorrerà incentivare la trasformazione del sistema produttivo in modo da fornire alternative accessibili ai combustibili fossili.

Le strade ci sono già

Parlando del nostro Paese, le strade che ci servono le abbiamo già. Quello che ci serve non sono nuove strade e nuove autostrade, ci serve che le strade siano sicure e funzionanti, che i ponti siano aperti e sicuri, e soprattutto che ci sia un trasporto pubblico che permetta a tutti di lasciare a casa l'auto. Costruire nuove strade non riduce l'inquinamento - sì, ho sentito dire anche questo -, incentiva la domanda di mobilità stradale, distrugge gli ecosistemi e incentiva ulteriore consumo di suolo e ulteriori impatti con la nascita di quartieri industriali e residenziali in aree che altrimenti rimarrebbero naturali o agricole perché poco collegate e quindi poco appetibili. Alle persone e alle aziende esistenti non servono nuove strade, serve che quelle che ci sono funzionino, che le merci si spostino su ferro e non su gomma, che ci sia una logistica più efficiente, che le persone dei centri minori non debbano spostarsi in città per avere i servizi, che le abitazioni in città siano ad un prezzo accessibile.

Le azioni individuali non bastano


I comportamenti virtuosi sono essenziali e sono un esempio, ma non bastano. Occorre che si muovano le istituzioni, e poiché per fortuna viviamo in un paese democratico, le istituzioni si muovono se, e dove, i cittadini chiedono loro di muoversi. Occorre che ci impegniamo, che ci riappropriamo di quella politica che non è una cosa cattiva, ma è imparare a costruire insieme la casa comune, il mondo che vogliamo.



domenica 16 giugno 2019

"Di ambiente te ne puoi occupare se hai la pancia piena"

Lettera aperta a Stefano Bonaccini.



Buona sera Presidente,

mi permetto di disturbarla, perché c'è una cosa che disturba me, da ieri pomeriggio, quando ho sentito il suo discorso al Congresso Regionale di Volt.

Lei ha detto, testuali parole, "...abbiamo bisogno di parlare di lavoro, perché ho sempre pensato che di ambiente te ne puoi occupare se hai la pancia piena".*

Ecco, mi scusi il francesismo, Presidente, ma sospetto che lei di ambiente non abbia capito una benemerita fava.

Ha fretta?
Due cose velocissime:

Prima - la pancia la potremmo avere piena tutti, almeno qui nella nostra regione, basta che chi ha troppo ci metta un po' del suo superfluo.

Seconda - anche se avessimo la pancia vuota, di ambiente dovremmo occuparcene prima di mettere qualcosa nel piatto, purtroppo. O tra pochi anni non avremo più nemmeno il piatto, altro che pancia piena.



Ho catturato la sua attenzione? Ha qualche minuto in più? Ne approfitto per spiegarmi.

lunedì 21 maggio 2018

Tasse!


Ammetto che quest'anno è stata dura resistere alla tentazione di diventare un evasore fiscale.

Fino ad ora dichiarare il reddito delle lezioni private era stato per me una questione di coerenza e onore. Ma quest'anno, quando ho aggiunto nel rigo D6 i 2210 € ricavati nel 2017, ho strabuzzato gli occhi vedendo il mio debito con lo Stato impennarsi di 1454 €.

Mi chiedevo come cavolo potesse essere possibile, quale iniquo e assurdo sistema prevedesse che, per un contribuente che sfiora appena i 20000 € lordi annui, 2210 € lordi fossero tassati al 66%.

E il diavoletto sulla mia spalla destra sussurrava: "Cancella quella casella! Non ti ha visto nessuno, non c'è traccia da nessuna parte di quei soldi se non in quelle ricevute che tanto nessuno guarderà mai, tienti quel gruzzolo che sono briciole per uno Stato iniquo mentre per te sono una montagna di soldi!"

Poi, ho fatto due conti, e mi sono accorto che:
596 € è l'aumento dell'imposta lorda;
98 € sono dovuti alla diminuzione della detrazione per lavoro dipendente, dovuta al reddito più alto;
43 € è l'aumento dell'addizionale regionale;
18 € è l'aumento dell'addizionale comunale.
In più, l'acconto che avevo versato l'anno scorso per quest'anno era stato tutto "mangiato" dal fatto che quest'anno non ho più la detrazione per i giovani in affitto, quindi le tasse che effettivamente pago sui 2210 € di lezione sono 755 € (34%, tantino, ma già più ragionevole), solo che quest'anno le pago "doppie" perché devo pagarle sia per quest'anno sia anticiparle per l'anno prossimo, anticipo che mi verrà restituito se non dovessi più dare lezioni private.


Ma non è la matematica che mi ha convinto a non cancellare la casella.

Quello che mi ha convinto, pedalando forte sul lungoparma sotto il sole primaverile, è stato sentirmi vivo: l'aria addosso, la bici che vibra sul marciapiedi sconnesso, il grido di un merlo che attraversa la strada, e il battito che poco più di una volta al secondo mi ricorda che per tutto questo devo dire grazie. E oltre ai grazie a chi ha generato tutto questo e soprattutto me, io devo dire un grazie molto concreto e molto personale, perché questa valvola che tra tre giorni compie sette anni nel mio cuore è lì solo grazie alle tasse che milioni di persone hanno versato, che sono diventate ricerca, ospedali, medici, e infine quella sala operatoria e quelle persone che mi hanno permesso di arrivare fino a qui.
E per lo stesso motivo devo ringraziare per quasi tutto quello che nella mia vita ho, che i miei soldi da soli non basterebbero a comprare: le scuole che ho fatto, la relativa sicurezza in cui sono sempre vissuto, la città e il Paese dove vivo, pur con tutti i loro difetti...

Ma perché una cosa così bella come costruire insieme un Paese che da soli non potremmo costruire, deve passare come una cosa così amara come la sorpresa che ho avuto nel compilare la dichiarazione dei redditi?
Che senso ha sentirsi presi in giro da un sistema di tassazione incomprensibile, che a forza di inserire righi del modulo, casi particolari, detrazioni, bonus e meccanismi complessi finisce per essere ancora più iniquo e più odiato? Che fa sentire il cittadino raggirato come se stesse firmando un contratto truffa, senza poter rifiutare?
Poi ci credo che la "flat tax" riscuote così tanto consenso, anche se sarebbe un enorme regalo ai ricchi da parte dei meno ricchi.
Quando in realtà il problema non è la progressività fiscale, ma tutto quell'enorme, asfissiante montagna di complessità che ci è stata costruita intorno, a forza di voler accontentare qualcuno un giorno, qualcun altro il giorno dopo e così via.

Ricordiamocelo, la prossima volta che vediamo con occhio favorevole una leggina che "sì, complica solo un pochino, ma per una buona causa...", che prezzo paghiamo per leggi troppo complicate per essere amate.

E soprattutto, ricordiamo cosa perderemmo, se non ci fosse chi mette del suo al servizio di tutti, attraverso quella cosa che chiamano "tasse".

martedì 28 febbraio 2017

Come avete potuto?



Come avete potuto farlo?

Voi che con una firma avete concesso
di estirpare quel poco di terra che ci rimane
per un'autostrada, un quartiere, uno stabilimento nuovo,
come avete potuto farlo?

Con che coraggio avete regalato
ai vostri figli e alle nostre figlie
alle vostre nipoti e ai nostri nipoti
una terra di asfalto,
un orizzonte chiuso dal cemento,
un futuro chiuso da una neoplasia?

La sera, coricandovi, come rispondete
alle domande della vostra coscienza?
Davvero vi nascondete dietro al dito
della crescita economica a tutti i costi?
O vi siete semplicemente arresi
alla tentazione della corruzione?

Dovrei scrivere i vostri nomi,
uno per uno, qui sotto,
per gridare di chi è la firma
sulla bara grigia della nostra pianura.

Ma se la vostra mancanza di coraggio è colpevole,
altrettanto colpevole è l'ignavia di molti:
ogni metro di asfalto
è anche la nostra acqua in bottiglia,
è anche l'automobile presa per pigrizia,
è anche il nostro dimenticare
che con ogni gesto di oggi
si costruisce la terra di domani.




mercoledì 17 agosto 2016

Un burqa laico

Il 28 luglio, il sindaco di Cannes ha emesso un'ordinanza che dice:

l'accès aux plages et à la baignade sur la commune de Cannes sont interdits (...) jusqu'au 31 août, à toute personne n'ayant pas une tenue correcte, respectueuse des bonnes mœurs et de la laïcité respectant les règles d'hygiène et de sécurité des baignades

tradotto in italiano, più o meno dovrebbe essere così:

l'accesso alle spiagge e al bagno [in mare] nel comune di Cannes è vietato (...) fino al 31 agosto a chiunque non abbia un abbigliamento corretto, rispettoso del buon costume e della laicità, rispettando le regole di igiene e la sicurezza dei bagnanti [più esattamente "dei bagni"].

Sembrerebbe tutto abbastanza ok, se non fosse per quella parolina, laïcité, che solleva qualche perplessità.

Che cosa vuol dire, esattamente, laicità?

Secondo il dizionario Larousse:
Concezione e organizzazione della società fondata sulla separazione di Chiesa e Stato e che esclude le Chiese dall'esercizio di ogni potere politico o amministrativo e, in particolare, dell'organizzazione dell'insegnamento.
Secondo il CNRTL:
Principio di separazione nello Stato tra la società civile e la società religiosa

Bene, ok, allora è chiaro: a meno che io non mi metta in spiaggia a fare propaganda per l'instaurazione di una teocrazia in Francia, non ho di che preoccuparmi, giusto?


Mmmm... Mi sa di no.
Perché dai giornali leggo di quattro donne che sono state multate a seguito di questa ordinanza.
Che strano, in così poco tempo quattro istigatrici di una rivoluzione teocratica? E tutte donne?
Ci dev'essere qualcosa sotto.
E infatti sembra proprio che la terribile minaccia alla laicità dello Stato francese sia... un costume da bagno. Un costume da bagno particolarmente coprente, disegnato per permettere alle donne mussulmane di fare il bagno rispettando la loro tradizione religiosa.
Un po' come il vestito di una suora rispetta la regola religiosa del suo ordine, un po' come la kasaya dei monaci buddisti, o come potrebbe essere il tau che portavo al collo anni fa, la kippah o il clergyman.

Ma io mi chiedo... portare un simbolo religioso in pubblico è un attentato alla lacitià di uno Stato? Per il solo fatto che non nascondo la mia appartenenza ad una religione sto attentando alla reciproca libertà tra Stato e Chiesa (quale che sia)??
Ma come faranno gli zelanti appartenenti alle forze dell'ordine a giustificare le loro multe, a dimostrare che senza dubbio la condotta dei multati non stava rispettando la laicità? E come mai questo dovrebbe valere solo in spiaggia, e non in tutti i luoghi pubblici?
Ma soprattutto, come mai si parla soltanto di burqini? Possibile che tra tutte le migliaia di bagnanti, soprattutto europei, si siano trovati solo burqini e nemmeno una crocettina appesa al collo?? Oppure il burqini è un attentato e la croce no?

Forse una risposta ce l'ha data l'illustrissimo Valls:
Le burkini n’est pas une nouvelle gamme de maillots de bain, une mode. C’est la traduction d’un projet politique, de contre-société, fondé notamment sur l’asservissement de la femme. Certains cherchent à présenter celles qui le portent comme des victimes, comme si nous mettions en cause une liberté ... Mais ce n’est pas une liberté que d’asservir la femme.
Tradotto:
Il burqini non è una nuova gamma di costumi da bagno, una moda. E' la traduzione di un progetto politico, una contro-società, fondata specialmente sull'asservimento della donna. Alcuni cercano di presentare coloro che lo portano come delle vittime, come se noi negassimo una libertà... ma non è che libertà di asservire la donna.

Il sindaco di Sisco, in Corsica, è stato molto più chiaro e diretto: sono infatti vietati
tout signe religieux distinctif dans les lieux publics,

tutti i segni distintivi religiosi nei luoghi pubblici.

Bravi. Bene. Bis.
Dei geni.
Mi sembra corretto, dopotutto.
Diciamolo, che in fondo il terrorismo è causato da questo. Dalle religioni.
Non dalla sofferenza patita da persone emarginate dalla società, sfruttata da una catena di persone più o meno potenti che, per aumentare la loro influenza e il loro potere, cercano di convincere il mondo che gli occidentali sono cattivi e odiano tutti i mussulmani e si fanno i soldi sulla loro pelle, e che tutti i mussulmani devono odiare gli occidentali.
Diciamolo che non hanno bisogno di convincerci, perché in fondo è così, se la gente si ammazza è perché tu non nascondi che sei mussulmano, perché tu non nascondi che sei cristiano o ebreo.
Non importa se c'è qualcuno che lotta per dire che non è così, che chi ammazza ammazza perché è un terrorista, non perché è mussulmano, che non sono le religioni che dobbiamo combattere ma l'odio, la sofferenza e l'emarginazione.
Diciamolo che è pericoloso vedere mussulmani e cristiani fare il bagno insieme, molto meglio una società dove nessuno sembra religioso, dove tutti sono uguali, "normali".

Ah, a proposito.
Negli States in questi giorni hanno qualche grosso problema tra persone di pelle bianca e persone di pelle nera.
Propongo una soluzione geniale, alla "Cannes": una bella legge che vieti di mostrare il colore della propria pelle in pubblico. Niente diversità, niente problemi, no?
Un bel vestito che copra tutto.
Una specie di burqa. Laico, però.

venerdì 31 gennaio 2014

Caino, Abele e il capitale

In un mondo molto semplice, vivono solo due fratelli, Caino e Abele.
Ogni riferimento a fatti, cose o persone è puramente casuale.

I due fratelli hanno, ciascuno, una vacca, che mungono due volte al giorno, mattina e sera, per ottenere il latte. Siccome il latte è un alimento completo, e in questo mondo molto semplice anche loro sono organismi semplici, per vivere hanno soltanto bisogno di un po' di latte.

Vivono così, felici e contenti, ciascuno con la sua vacca, finché un giorno la vacca di Caino si ammala e muore.
Abele, mosso da compassione, gli dice "Caro Caino, la mia vacca può produrre latte a sufficienza per tutti e due, è sufficiente che ci alterniamo a mungerla. Ti faccio questa proposta: tu vieni una volta al giorno a mungere la mia vacca al mattino, e metà del latte che produce è tuo."
Caino accetta, anche perché di altre vacche in circolazione non ce ne sono, e lavorare in compagnia è più interessante che lavorare da soli.

Scoprono così che lavorare insieme è molto più produttivo che lavorare da soli: si confrontano e si scambiano le esperienze, e così facendo riescono a raddoppiare la produzione di latte. Ora, già solo la mungitura del mattino è sufficiente a produrre il latte che serve ad entrambi.
Abele, quindi, smette di mungere la vacca la sera, si siede sul prato con un filo di paglia in bocca, e osserva compiaciuto Caino lavorare. Caino, secondo i patti, munge la vacca al mattino, e il latte che produce, più che sufficiente per entrambi, viene diviso tra i due fratelli.

E quando Caino, tutto sudato dalla fatica, si rialza da sotto la vacca e chiede ad Abele cosa sta facendo, questo risponde con un sorriso: "Amministro la mia proprietà!"

martedì 1 maggio 2012

Energie

Inauguro questa nuova piattaforma blog con una nuova puntata di "approfondimenti quasi-scientifici" sui temi caldi del dibattito politico pre-elezioni amministrative Parma 2012... Oggi parlerò di energie!

E lo farò facendo una mia personale classifica sulle possibili fonti di energia.
  • Al primo posto... l'energia che non consumiamo! Così come il miglior sistema di smaltimento dei rifiuti è non produrne, il miglior sistema di produzione dell'energia è il risparmio energetico. Nessun costo (se non i costi volti ad ottenere il risparmio energetico), nessun inquinamento, nessun effetto serra, nessuna risorsa consumata, e in più anche vita più tranquilla e rilassata... Non male, no?
  • Al secondo posto metterei l'energia solare (termica e fotovoltaica), da pannelli installati sui tetti degli edifici (o su altre superfici altrimenti difficilmente utilizzabili). Necessita di apparecchiature più o meno complesse (i pannelli e gli impianti per collegare questi al riscaldamento o all'impianto elettrico) che possono avere un certo impatto ambientale nella loro produzione: servono materie prime anche rare, durante la produzione si emettono sostanze inquinanti (in quantità non esagerata) ed è necessaria energia, che a sua volta può essere prodotta in modo più o meno "pulito". Per il resto, sfrutta una risorsa decisamente rinnovabile, che altrimenti andrebbe in parte sprecata, praticamente non ha emissioni, effetto serra zero, gli unici rifiuti generati sono gli impianti a fine vita (che possono comunque essere riciclati). Ma attenzione, discorso COMPLETAMENTE diverso è per i campi di pannelli solari installati sul terreno: in questo caso sfruttiamo una risorsa oggi decisamente limitata e preziosa, che è il suolo, e a mio parere andrebbe utilizzato per ben altri scopi, soprattutto perché di tetti su cui costruire pannelli ce ne sono ancora parecchi!
  • Al terzo posto l'energia eolica sfruttata tramite pale eoliche... Discorso molto simile all'energia solare, ma con qualche problemino in più, ovvero la dimensione degli impianti e, quindi, il loro impatto sul paesaggio, la superficie (anche se non enorme) che occupano, soprattutto gli impianti più grandi...
  • Poi viene l'energia geotermica, una delle pochissime che non viene, né direttamente né indirettamente, dal sole (sfrutta il calore interno della terra): è una risorsa, se non proprio rinnovabile, pressoché illimitata per il ritmo al quale la stiamo sfruttando adesso, ma disponibile solo in alcuni luoghi. Per essere sfruttata però ha bisogno di impianti abbastanza complessi (centrali più o meno grandi, perforazioni...) anche se non particolarmente inquinanti. Ovviamente, effetto serra zero. Fin qui ho parlato del geotermico ad alta temperatura; un'altra possibilità è il geotermico a bassa temperatura, che non è una vera e propria fonte di energia ma un modo intelligente per riscaldare/raffreddare, usando come "tampone termico" il sottosuolo: può essere realizzato anche per singoli condomini o stabilimenti, necessita di un discreto investimento (e di una perforazione) ma permette di riscaldare e/o raffreddare in modo molto più efficiente, con poco inquinamento.
  • Energia mareomotrice: anche questa non viene dal sole ma, udite udite... Dall'energia potenziale e cinetica del sistema terra-luna! Per fortuna la percentuale di energia ceduta dal sistema agli oceani è così infinitesimale da non farci preoccupare che il nostro satellite ci possa cascare sulla testa... Anche questa è una risorsa rinnovabile, senza effetto serra, però non è disponibile ovunque e necessita di grandi impianti per essere sfruttata, che possono anche essere abbastanza impattanti sugli ecosistemi dove vengono installati.
  • Discorso ancora più vero per l'energia idroelettrica (questa invece ha origine dal sole, che fa evaporare l'acqua che poi precipita a quote più alte): in linea di massima non inquinante, con relativamente poco effetto serra (quel poco viene dal metano prodotto dall'attività batterica nei sedimenti anossici dei laghi che vengono creati), ma necessita di impianti, a volte anche colossali, che modificano anche drasticamente sia gli ecosistemi del luogo dove vengono installati sia il flusso di sedimenti: la costruzione di una diga in Val d'Aosta contribuisce al ritiro delle coste a Rimini...!
  • Dopo questa prima carrellata, cominciamo a parlare di cose che bruciano: partiamo dalle biomasse. Queste devono essere distinte a seconda della loro provenienza: possono essere scarti di altre produzioni (ad esempio legna non adatta alla falegnameria, scarti dell'agroalimentare, rifiuti organici o legno - discorso a parte per i rifiuti indifferenziati), oppure ottenuti da colture appositamente coltivate. Inoltre, possono essere bruciati, fondamentalmente, in due modi: così come sono (e questo vale soprattutto per il legno, e per alcune colture) o sotto forma di prodotto trasformato (es. olio), oppure possono essere "digerite" in un digestore anaerobico, con produzione di biogas (soprattutto nel caso di scarti e rifiuti organici). Bruciare gli scarti con i quali non si può fare nient'altro mi sembra una buona idea, in linea di principio; mentre mi sembra un'idea meno bella quella di dedicare il nostro prezioso suolo esclusivamente alla produzione di combustibili, piuttosto che alla produzione di cibo... Parlando invece del come bruciarli: bruciare i prodotti tal quali è più efficiente, ma rischia di emettere più sostanze inquinanti, mentre invece produrre e bruciare il biogas necessita di infrastrutture più complesse ed è meno efficiente (i batteri che ci trasformano la sostanza organica in metano mica lavorano a gratis, qualcosa vogliono mangiare anche loro...), ma in compenso, se ben gestito, emette meno sostanze inquinanti... Quanto all'effetto serra: per tutte le biomasse, il conto finale è pressoché zero. Questo perché il biossido di carbonio emesso quando bruciamo le biomasse, era stato fissato alcuni anni prima dalle piante, e se adesso ci sono altrettante piante che stanno fissando il carbonio, il bilancio è in parità. In realtà, a seconda di come viene gestito l'impianto, un po' di effetto serra può venire dal metano che potrebbe essere emesso dalla biomassa mentre viene stoccata, se dentro di essa si sviluppano batteri anaerobi (gli stessi dei digestori) che producono metano, e questo se ne va in atmosfera (il metano è un gas serra, più potente del biossido di carbonio...).
  • Veniamo infine ai combustibili fossili (gas naturale, petrolio e carbone): li metto tutti insieme perché, anche se esiste un'enorme varietà di sistemi per bruciarli, le caratteristiche di base sono comuni a tutti (e perché comincio ad aver voglia di finire il post...). Questi vengono, sì, dal sole (energia fissata milioni di anni fa da organismi fotosintetici), ma non sono rinnovabili, almeno non al ritmo al quale li stiamo consumando noi; inoltre provocano effetto serra, perché è tutto carbonio fissato durante milioni di anni che noi stiamo liberando in pochissimo tempo, e in quasi tutti i modi in cui vengono utilizzati emettono sostanze inquinanti. Inoltre spesso necessitano di grandi impianti per essere estratti, trasportati ed utilizzati, e non sono disponibili ovunque...
  • Ho lasciato da parte due cose, l'energia da rifiuti indifferenziati (i termovalorizzatori) e l'energia nucleare. Dei primi ho già parlato nel post precedente, a proposito dell'energia nucleare... Non saprei neanch'io a che livello della classifica metterla, se in fondo in fondo o tra le biomasse e i combustibili fossili... E' un'altra delle energie che non viene dal sole (ma dall'energia di legame dei nuclei), il "combustibile" è disponibile solo in pochi luoghi del pianeta, sono necessarie infrastrutture e investimenti colossali, con un discreto impatto ambientale, in compenso non c'è effetto serra, e l'inquinamento (se si escludono le sostanze radioattive) è limitato. Però ci sono le sostanze radioattive emesse, seppur in piccola quantità, le scorie da smaltire, e il rischio di incidenti, che anche se la probabilità è bassissima (ma neanche poi tanto, vista la storia recente...) gli effetti... li conosciamo.
Ok queste dovrebbero essere le principali fonti di energia sfruttate finora... Spero di non aver detto troppe castronerie!

martedì 24 aprile 2012

Immondizia

Per rispondere a qello che ha scritto Popo sul suo blog, vorrei dirvi due cose a proposito di rifiuti ed energia...

Partiamo dai rifiuti: cosa ne facciamo? O meglio, come facciamo a risolvere il problema di avere rifiuti di cui non sappiamo cosa fare?

Primo: la cosa migliore, ovviamente, è non produrne, o evitare, per quanto possibile di produrne. E questo significaconsumare meno, limitare gli sprechi, scegliere prodotti con confezioni poco ingombrantiriutilizzare le cose finché è possibile.

Secondo: visto che un po' di rifiuti si producono comunque, è bene differenziarli e riciclare i rifiuti riciclabili: 

  • il vetro è il migliore, si ricicla con grande facilità, poca energia e poco spreco di materiale, e quello che si ottiene è un prodotto con caratteristiche non troppo scarse;
  • sull'alluminio non sono molto informato, ma credo che anche questo si ricicli abbastanza facilmente; sicuramente è conveniente riciclarlo perché per produrlo dalle materie prime occorre un'enorme quantità di energia;
  • riciclare la carta ha un notevole impatto ambientale e il prodotto che si ottiene è di qualità un po' più scarsa, ma tutto sommato è una tecnologia abbastanza consolidata;
  • la plastica ha molti più problemi: soprattutto perché esistono moltissimi tipi di plastica, alcuni dei quali non riciclabili; la plastica che viene raccolta tutta insieme nella raccolta differenziata domestica, quindi, a meno che non venga poi separata (ma dubito che esistano tecnologie in grado di fare questo in modo efficace) può essere usata solo per produrre plastiche miste di bassa qualità (da usare ad esempio nei sacchetti dell'immondizia o nelle imbottiture); più efficace è il riciclo di scarti industriali di plastica omogenea. Altrimenti, la plastica mista è un ottimo combustibile da bruciare nei termovalorizzatori... con tutti i problemi ad essi legati, però!
  • i rifiuti organici si possono compostare per produrre terriccio da coltivazione, oppure trattare in un digestore anaerobico per produrre biogas (e poi, quello che resta viene usato come terriccio). Che io sappia non è un processo molto inquinante, a parte un po' di metano (gas serra) emesso.
Comunque sia, al giorno d'oggi la raccolta differenziata lascia comunque una parte di rifiuti indifferenziati, e, come diceva Popo, anche i processi di riciclo hanno una certa percentuale di scarto. Per questi rifiuti residui, che se la raccolta differenziata è stata fatta bene sono pochi, ma sono anche il peggio del peggio, con i quali non ci si può fare quasi nulla, esistono due tecnologie ben sviluppate al giorno d'oggi: la discarica e la termovalorizzazione.
La discarica è il metodo più antico di gestione dei rifiuti (vedi la "terra marna" delle terramare, che altro non è che la discarica dei villaggi preistorici...), ha qualche emissione in atmosfera (metano soprattutto), genera un po' di acque reflue da trattare, e se gestita male può inquinare le falde,  occupa una superficie per lunghissimo tempo; e molto probabilmente contiene sostanze pericolose che rendono sconsigliabile coltivare il terreno anche per decenni o secoli dopo la chiusura della discarica.
In un termovalorizzatore i rifiuti si bruciano, e questo comporta alcune cose...
  • bruciando i rifiuti, si ottiene energia, che verrebbe altrimenti prodotta in altro modo (e questo è un bene, soprattutto oggi che la maggior parte dell'energia è prodotta con combustibili fossili);
  • si emettono, però, sostanze tossiche e cancerogene: i rifiuti sono molto meno controllabili (come sostanze contenute) rispetto al carbone o al gas naturale, quindi le emissioni di un termovalizzatore saranno presumibilmente un po' peggiori rispetto ad una di queste centrali (a parità di tecnologia), e diventano molto peggiori se il termovalorizzatore è gestito male;
  • in compenso, l'effetto serra è limitato ai soli rifiuti che, in origine, erano stati prodotti da derivati del petrolio o altri combustibili fossili.
Quindi, rispetto all'energia prodotta da una centrale a gas o a carbone, l'energia prodotta da un termovalorizzatore è migliore per quanto riguarda l'uso di risorse (rifiuti piuttosto che combustibili fossili) e l'effetto serra, ma peggiore (credo) per quanto riguarda le sostanze tossiche e cancerogene.
Inoltre, rimane una certa quantità di ceneri che vanno inevitabilmente smaltite in discarica (ma per un volume inferiore a quello dei rifiuti che entrano nel termovalorizzatore).
Quindi, quale strada è meglio per i rifiuti indifferenziati? Direttamente in discarica, o prima in termovalorizzatore e poi in discarica? Inizialmente pernsavo la seconda opzione, visto che nel nostro "piccolo paese" di spazio per le discariche ce n'è molto poco, ma forse sto cominciando a cambiare idea... E' vero che sulle discariche non ci si può coltivare, ma potrebbero invece, ad esempio, diventare foreste...
Oltre al termovalorizzatore e alla discarica, ci sono altre tecnologie che si stanno facendo strada (ad esempio ho sentito parlare della gassificazione, o pirolisi), ma che io sappia sono tecnologie che stanno ancora facendo i primi passi, e non so se siano, adesso, meno pericolose di un termovalorizzatore...
Alla prossima, per parlare di energia!

mercoledì 2 marzo 2011

Apriamo le porte!

Esiste, credo, un unico vero problema, nella gestione dei migranti provenienti dal Magreb: che l'Europa non li vuole accogliere.
La soluzione sarebbe semplicissima: aprire le frontiere!

lunedì 29 novembre 2010

Università


"L'Università è sull'orlo del baratro,
questa riforma è un passo avanti."

Questo che segue è un commento di uno studente universitario (il sottoscritto) che ormai si avvicina ad aggiungere "ex" davanti a "studente universitario", che deve ringraziare l'università per avergli regalato i migliori anni della propria vita - finora -, insieme ad una pessima opinione sull'università stessa.

Chiariamoci: non rimpiango (quasi) nessuna delle scelte che ho fatto, né quella di scegliere l'università, né quella di passare da Chimica a Scienze Ambientali, né quella di continuare, nonostante tutto, anche con la specialistica (che, dato che non andava più di moda, adesso si chiama magistrale).
Sono quattro anni e un po' che mi hanno dato moltissimo, un po' (un pochino, a dir la verità) come nuove conoscenze scientifiche, tanto come apertura mentale, visione d'insieme sul mondo, l'uomo e le due cose insieme, e tantissimo con le persone che ho conosciuto.

Ma sono sicuro che l'università avrebbe avuto le potenzialità per fare molto, molto di più, e se non ci sarà un cambio di rotta, nei prossimi anni darà sempre meno a quelli che verranno dopo di noi.

La mia impressione è che in università, da un po' di tempo (un bel po', forse) si navighi a vista, senza un minimo di programmazione, e per di più ognuno per la sua strada senza che ci sia un comando forte a dare la direzione. Aggiungeteci che ogni ministro dell'istruzione vuole fare la sua riforma che cambia tutte le carte in tavola, e immaginatevi tutte queste barchette che sono i corsi di laurea, sbattute quà e là dall'imprevedibile vento delle riforme, senza nulla a tenerle insieme.

Per fare un esempio, così è stata gestita la protesta dei ricercatori dall'Università di Parma: dopo che i ricercatori hanno ritirato la loro disponibilità a svolgere attività didattica non prevista dal contratto (ovvero, decine di insegnamenti che tenevano gratis per tenere in piedi la miriade di Corsi di Laurea che abbiamo), il Senato Accademico non ha preso particolari provvedimenti, demandando la questione alle facoltà; le facoltà idem (a parte Ingegneria che, tanta stima per aver avuto semplicemente del buon senso, ha avvisato gli studenti della situazione); i corsi di laurea (almeno il nostro) hanno preferito non prendere nessuna decisione e aspettare l'inizio dell'anno.
Risultato: l'anno è iniziato apparentemente senza anomalie (di 50 matricole, solo 2 conoscevano la situazione, e cioè che alcuni insegnamenti non avevano un docente), ma al momento dell'inizio delle lezioni, dato che in qualche modo gli insegnamenti previsti si dovevano fare, sono state fatte alla bell'e meglio delle pezze, avvalendosi di altri insegnamenti simili, spostando corsi al secondo semestre (cioè, rimandando un problema che ci troveremo ad affrontare adesso), e via dicendo. In conclusione, leggero - ma silenzioso e inesorabile, visto che questo è solo un esempio - peggioramento della qualità didattica per gli studenti, e nessuno o scarso aiuto a diffondere la conoscenza della protesta dei ricercatori.
E la possibilità, per l'università, di beccarsi delle (giuste) denunce da parte degli studenti che si sono iscritti ad un corso e hanno trovato degli insegnamenti diversi da quelli previsti dal manifesto degli studi.
Mea culpa, anche, dato che sono rappresentante degli studenti ed ero in consiglio quando si è discusso di questi temi. Ero - e sono - inesperto (due anni di mandato e nessuno che ti insegna è troppo poco per capire come funziona la quasi-democrazia universitaria), probabilmente avrei dovuto, almeno, dichiarare il mio voto in disaccordo sulle decisioni prese, ma ormai così è andata, ed è il momento della verifica.

Adesso ci troviamo con un'università che ancora non sa quanto sarà il Fondo di Finanziamento Ordinario (la maggiore entrata dell'università, erogata dal Ministero) per l'anno 2010; che sa che dovrà chiudere, probabilmente, cinque Corsi di Laurea, ma ancora non sappiamo quali, e con che criteri saranno scelti; una facoltà con troppi pochi professori per garantire tutti i corsi di laurea che ha, ma dalla quale non arrivano indicazioni chiare sulla direzione da prendere, i criteri in base ai quali scegliere cosa tenere e cosa tagliare (e pensare che ha un organo consultivo, il Comitato Paritetico per la Didattica, nel quale alla prima riunione è stato detto "sarebbe bello che ci dicessero cosa deve fare questo comitato"); e per finire corsi di laurea che in fin dei conti sono quelli che devono far funzionare la didattica, e senza indicazioni dai livelli superiori quello che possono fare è puntare a sopravvivere ai pensionamenti dei docenti e l'assenza di nuove assunzioni, pezzando il pezzabile.

Mancando totalmente la programmazione, si fanno giusto le modifiche necessarie ad aprire il corso per l'anno successivo (perché nessun Consiglio di Corso di Laurea, se non forse qualche caso illuminato o disperato, deciderà mai per la chiusura di sé stesso, anche quando ce ne sarebbe bisogno), senza chiedersi se potranno essere mantenute nel tempo o se dovranno essere nuovamente cambiate l'anno successivo.
Questa situazione, anno dopo anno, ha portato a corsi di laurea dalla complicata organizzazione didattica per contenere poco contenuto, spesso ripetuto in insegnamenti diversi, magari poco approfondito perché professori si vedono costretti, per riempire vuoti di docenza, ad insegnare materie che non sono quelle su cui sono specializzati. Ad esempio, alla nostra domanda su quale fosse il contenuto di un insegnamento dal nome vago, da approvare nel manifesto degli studi per l'anno successivo ci è stato risposto "Dobbiamo decidere, ancora non sappiamo quale sarà il programma".

Chiaro che in questa situazione di caos, i "baroni" se ne stanno comodi e indisturbati sulle loro poltrone a fare i loro interessi.

Perciò, sì, avrete ragione se direte che c'è bisogno di una riforma. D'accordissimo! Ma non questa.

Ammetto di non essere stato così virtuso da leggermi il testo in discussione al Parlamento, ma mi sono un po' informato, e tra quello che ho sentito ci sono cose che mi lasciano indifferente, altre decisamente schifato. In particolare, la modifica del Consiglio di Amministrazione che diminuisce i membri eletti a favore di quelli che possono essere nominati dal Rettore, anche tra privati esterni all'Università. Quindi, di fatto, l'apertura ai privati alla gestione dell'Università, anzi del bilancio, delle risorse e dei beni mobili e immobili delle Università.
Cosa c'è di male? Beh, si tratta della privatizzazione, per ora parziale, dell'Università.
A qualcuno probabilmente potrebbe piacere, a me no. Primo, perché, volontariamente o involontariamente, un'università finanziata o peggio controllata da privati, subirà inevitabilmente un condizionamento (vi immaginate un dipartimento di Scienze Ambientali finanziato dal'ILVA di Taranto, o una facoltà di Lettere controllata da Mediaset?). Secondo, perché essendo in Italia, i privati che entreranno in Consiglio di Amministrazione potrebbero avere ben altri interessi che un buon funzionamento dell'Università: citando l'esempio di un mio prof, perché mai, potrebbe obiettare un potente industiale edile, continuare a far lezione nell'antico e scomodo palazzo dell'università in centro? Vendiamolo, ve lo comprerò io, ed in cambio vi fornisco dei moderni prefabbricati fuori città...

Ma forse il Governo cadrà prima che sia approvata questa riforma, e allora se ne riparlerà più avanti.

Da parte mia, credo che si possa migliorare l'unviersità senza stravolgere di nuovo la sua organizzazione, semplicemente ritoccando alcuni aspetti, e dando chiare e precise direttive da tutti gli organi superiori ai livelli inferiori.
Le Università non vanno lasciate da sole! Sia perché hanno bisogno di indicazioni chiare su cui poter fare programmi, sia perché hanno bisogno di essere controllate.

Alcuni punti che proporrei:
Concentrare le Università. Sono troppe, in Italia, con troppi Corsi di Laurea. E' necessario, credo, che il Ministero e le Regioni prendano decisioni chiare su cosa si deve insegnare, e dove. Non vedrei di cattivo occhio anche delle Università regionali, se fatte bene. E' vero che più studenti si dovrebbero spostare: ma da una parte credo sia necessario un maggiore aiuto economico agli studenti meritevoli, anche per quanto riguarda vitto e alloggio, dall'altra parte penso che sia molto formativo anche il doversi trasferire in un'altra città, imparando ad essere autonomi (e su questo punto mi sento molto indietro rispetto ai miei compagni che non hanno l'università di fianco a casa). Per questo, però non basta tagliare e dire "strigatevela". Bisogna prendere delle decisioni motivate, dire "questo si tiene, questo no".

Potenziare di molto, e semplificare, gli aiuti economici agli studenti meritevoli, basandosi più sul merito e meno sul reddito. Comprendere in questo l'accesso alla casa e alla mensa (non come Parma dove mangiare in mensa costa più che mangiare al pub). Se questo significa, per mancanza di fondi, restringere il numero degli studenti che l'università può accogliere, non penso sia un dramma: per l'istruzione di tutti i cittadini ci sono le scuole superiori; l'università deve essere, secondo me, un luogo dove chi si impegna possa avere una formazione davvero di alto livello senza dover pesare sulla famiglia, mentre chi non si impegna credo sia meglio vada a lavorare.

Aumentare parecchio i fondi per la ricerca universitaria, per i laboratori, le escursioni didattiche e le attività integrative, che non siano solo degli "assaggi" di laboratorio o peggio lezioni dal nome "laboratorio di ...", ma vere occasioni in cui gli studenti possano imparare a lavorare in luoghi dove si fa vera ricerca. E in questo senso si può già ottenere qualcosa con il primo punto, concentrando in pochi centri i fondi oggi troppo dispersi. Certo secondo me un imput extra sulla ricerca non farebbe male all'Italia...

Aumentare parecchio anche il controllo sulle Università, richiedere che sia svolto effettivamente quanto dichiarato, e rispettate le richieste del Ministero. Chiedere che i fondi siano spesi in modo efficace e trasparente. Migliorare i meccanismi di valutazione delle Università, e dei singoli professori. Ad esempio, non mi sembra logico valutare le Università su quanti studenti immatricolano, o quanti studenti vengono "persi per strada": mi sembra più logico valutarle in base a quanti si laureano, e con quale preparazione (preparazione non valutata con il voto di laurea, ovviamente...). E dalla ricerca che viene fatta, anche.

Favorire e incentivare la partecipazione degli studenti alla vita democratica dell'Università. Aumentare, anche, la loro voce in capitolo negli organi universitari, dove adesso spesso sono considerati (anche da loro stessi) come "ospiti" non sempre troppo graditi. L'università è di tutti i cittadini, e in particolare degli studenti, cavolo, non solo dei professori che dovrebbero essere lì per svolgere un servizio!


Ok, sono stato un po' troppo critico e cattivo, mi sa.

Non è tutto così nero, è solo che avevo un po' di spine sotto la lingua da togliermi.

L'università, in sé, ha un enorme potenziale che va salvaguardato. E', o dovrebbe essere, il luogo dove tutti, indipendentemente dall'origine e dalla situazione economica, possono tirar fuori il loro valore e prepararsi a diventare pilastri importanti, forse fondamentali della società.
E per fortuna c'è, nonostante tutti i difetti, questa possibilità anche nell'università di oggi.
Ci sono migliaia di studenti di ogni parte d'Italia, anzi del mondo, che si incontrano, si conoscono, studiano insieme, insieme si scambiano idee e sogni sul mondo di domani. Sarà retorico, però penso che se l'Università non ci fosse, non ci sarebbe un altro luogo capace di fare la stessa cosa.

Non ci sono solo baroni, ci sono anche professori, ricercatori, dottorandi appassionati e che sanno appassionare, sanno far riflettere. Sanno anche indicare la strada giusta, a volte, e proprio io devo ringraziare davvero alcuni professori per questo.

E' una ricchezza enorme per il mondo, che qui in Italia stiamo trascurando troppo da parecchio tempo.


Adesso concludo: voglio solo aggiungere che, secondo me, è giusto e doveroso che gli studenti (e non solo loro) protestino. E non lo dico solo perché non condivido questa riforma, ma anche e soprattutto perché una società viva, di gente che pensa e alla quale sta a cuore il bene di tutti, è anche una società dove si protesta: la protesta è anche quella un luogo di confronto, un modo per svegliarsi e svegliare gli altri dal sonno delle coscienze, di sputar fuori i problemi sepolti per chiedere che vengano conosciuti e discussi.
E' un modo di far sentire che siamo vivi, che non ci limitiamo a sopravvivere nella normalità, ma vogliamo cambiare il mondo!

domenica 21 novembre 2010

La destra che vorrei


"Per la destra è bello, nonostante tutto, essere italiani perché è un piccolo privilegio, perché a Milano come a Palermo la nostra patria ha un patrimonio paesaggistico e culturale che il mondo ci invidia. Anche per questo, anche nel 2010, essere di destra vuol dire innanzi tutto amare l'Italia, avere fiducia negli italiani, nella loro capacità di sacrificarsi, di lavorare onestamente e pensare senza egoismi al futuro dei propri figli, di essere solidali e generosi, perché per la destra sono generosi innanzi tutto i nostri militari che in Afghanistan ci difendono dal terrorismo, come lo sono le centinaia di migliaia di nostri connazionali che ogni giorno e gratis fanno volontariato per aiutare gli anziani, gli ammalati, i più deboli.

La destra ritiene solidali e quindi meritevoli di apprezzamento le imprese e le famiglie che danno lavoro agli immigrati onesti, i cui figli domani saranno anch'essi cittadini italiani perché la patria non è più solo terra dei padri. Ma oggi nel 2010, per crescere insieme, per essere davvero unito, per sentirsi una comunità nazionale, il nostro popolo non può confidare solo sulla sua proverbiale e generosa laboriosità, gli italiani hanno bisogno di istituzioni politiche autorevoli, rispettate, giuste. Per questo destra vuol dire senso dello Stato, etica pubblica, cultura dei doveri. Per la destra lo Stato deve essere efficiente ma non invadente, deve spendere bene il denaro pubblico senza alimentare burocrazie e clientele, per la destra è lo Stato, solo lo Stato che deve garantire che legge è uguale per tutti, che deve combattere gli abusi e il malcostume, deve valorizzare l'esempio degli italiani migliori. Per questo bisognerebbe insegnare fin dalla scuola, ai più giovani, che due magistrati come Falcone e Borsellino sono davvero eroi perchè sarà grazie al loro sacrificio che un giorno la nostra Italia sarà più pulita, più libera, più bella, più responsabile, attenta al bene comune, più consapevole della necessità di garantire che chi sbaglia paga, prima o poi, e chi fa il suo dovere viene premiato.

La destra sa che senza autorevolezza e buon senso delle istituzioni, senza l'autorità della legge, senza una democrazia trasparente ed equilibrata nei suoi poteri non c'è libertà ma solo anarchia, prevalenza dell'arroganza e furbizia a tutto discapito dell'uguaglianza dei cittadini. Per la destra l'uguaglianza tra i cittadini deve essere garantita nel punto di partenza, al Nord come al Sud, per gli uomini come per le donne, per figli degli imprenditori come per i figli degli impiegati e degli operai. Da questa vera uguaglianza delle opportunità la destra vuol costruire una società in cui il merito e le capacità siano i soli criteri per selezionare una classe dirigente. La destra vuole un paese in cui chi lavora di più, e meglio, viene pagato di più, un paese in cui chi studia va avanti, in cui chi merita ottiene maggiori riconoscimenti.

Insomma la destra vuole un'Italia che ha fiducia nel futuro perché a ben vedere ha fiducia in sé stessa. E non la dobbiamo costruire dal nulla, questa Italia migliore: c'è già: dobbiamo far sentire la sua voce, la sua voce profonda. E anche questo è il compito della destra."

Devo dire che quando ho sentito Fini leggere questo, a Vieni via con me lunedì scorso, mi è venuta un po' di nostalgia. Nostalgia di un "avversario" politico, una destra, come quella che per me da piccolo era impersonata da mio nonno, da Zio Paperone (lo Zio Paperone del volume di Don Rosa, molto più significativo che quello che appare nei Topolino...), una destra di cui posso capire i valori, e perché no, in parte condividerli.

E forse, Fini, nel tentativo di rendere apprezzabili da tutti i valori che proponeva, è stato anche molto 'morbido': io non avrei problemi a capire e ad accettare una destra che riproponesse il "Dio, Patria e Famiglia" che, anche se macchiato del ricordo dei misfatti di chi ne ha abusato, nel suo significato originario non ha nulla di negativo in sé.

Una destra che difende la tradizione, e il suo significato, come componente della cultura; non una destra che cambia ogni giorno le carte in tavola, che sforna continuamente nuove entità senza storia.

Una destra di persone che esigono da sé stesse e dagli altri il rispetto e la devozione verso il proprio paese, che è pronta a difenderlo coi denti, se necessario.

E sul piano economico, mi immagino una destra che chiede soprattutto libertà di mercato, libertà contrattuale e libertà burocratica: che vuole delle campagne dove ognuno può produrre tutto il latte che vuole ed ha le capacità di produrre, città dove non sia necessaria una laurea in economia e commercio per aprire un bar, dove sia chiaro cosa posso e cosa non posso fare.

E un mercato libero nel senso che chi fa cose migliori è premiato, dove le importazioni siano regolate non per mero protezionismo ma esigendo che i produttori si prendano le stesse responsabilità sociali e ambientali richieste in Italia.

Ecco, con questa destra penso che discuterei volentieri, credo che si potrebbe davvero provare a costruire insieme l'Italia, invece che scannarsi e insultarsi.

Eppure, questa destra, quella della "lista dei valori" di Fini, io politicamente oggi non la riesco a vedere. Non certo nel Popolo delle Libertà, forse un pochino nella Lega, se fondasse le sue idee meno sul razzismo e più sulle tante battaglie, anche condivisibili, di difesa del territorio, della cultura e della famiglia.

Ma forse mi sbaglio, e quella che immagino io non è la vera destra; forse la vera destra è quella impersonata da Berlusconi, forse è quella che ha come valore la falsità, il "tutto in fondo è lecito, basta essere furbi", la prevaricazione del più ricco sui più deboli. Insomma, la legge del più forte.

lunedì 19 luglio 2010

Tu te lo ricordi, Paolo Borsellino?


"Sono partigiano, perciò odio chi non parteggia, odio l'indifferenza"
(Antonio Gramsci)

Oggi sembra sbagliato parlare di politica, anzi sembra proprio sbagliata la politica. Sembra che schierarsi sia una cosa scorretta, disdicevole.

Io penso, invece, che sia giusto, anzi necessario, prendere posizione, dire chiaramente come vediamo noi le cose: perché è così che ci si può confrontare, è così che, se siamo capaci di discutere, anzi, di parlare, possiamo formarci delle vere coscienze politiche, cioè in grado di occuparsi, anzi preoccuparsi del bene, del futuro e del destino di tutti, di quella che è la nostra comunità, gli uomini e le donne con i quali stiamo affrontando le sfide della vita.

E penso che oggi, nell'anniversario della morte di Paolo Borsellino, sia importante riflettere su quello che stiamo facendo, se stiamo seguendo le orme di lui e degli altri che hanno dato la vita, e non solo, per una società migliore, o se piuttosto ci stiamo addormentando nel nostro compito di vegliare sulla giustizia.

E allora, lo voglio dire chiaramente: io penso che, negli ultimi anni, siano stati presi diversi provvedimenti, sotto gli occhi di tutti, chiaramente a favore della mafia, della criminalità organizzata, dell'illegalità perpetrata dai potenti; e nella maggior parte dei casi mi sembra che siano stati proposti e voluti da una precisa parte politica.

Penso al provvedimento che toglie la redistribuzione dei terreni confiscati alla mafia alle associazioni antimafia, per metterli all'asta: facendosì che vengano acquistati da chi, sul territorio, ha maggior potere economico e politico, cioè la mafia stessa.

Penso al limite di età introdotto per la presidenza della Procura Nazionale Antimafia, che ha di fatto tolto a Giancarlo Caselli la possibilità di ricoprire quell'incarico proprio nel momento in cui stava per essere nominato.

Penso alla depenalizzazione del falso in bilancio, al DDL intercettazioni, al disegno di legge (non so se approvato) che limita la possibilità di usare le dichiarazioni dei pentiti.


Non penso di avere la verità in tasca, ma non riesco a vedere un motivo in tutto questo che non sia, appunto, quello di chiudere gli occhi di fronte all'ingiustizia, o peggio di agire volontariamente a favore della mafia.

mercoledì 16 giugno 2010

La Legge


Il lupetto pensa agli altri come a se stesso;
il lupetto vive con gioia e lealtà insieme al Branco.

Di due articoli, è fatta la Legge del Branco.
E due sono anche i comandamenti dati da Gesù ai suoi discepoli:

Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente,
e ama il prossimo tuo come te stesso.

In reparto, gli articoli diventano dieci: nessuno è mai morto a impararli a memoria, comunque...


Le Leggi italiane, invece, sono decine di migliaia. Di leggi, non di articoli.
Non so nemmeno quante sono, esattamente, figurarsi conoscerne il contenuto.

Ora, qui sorge subito un problema: dato che l'ignoranza della legge non è una scusante, come faccio a sapere quando sto infrangendo una legge che non conosco?

Ora, se io ho molti soldi, posso pagare un avvocato che di mestiere si impara tutte (o quasi) le leggi, che a sua volta paga qualcuno che pubblica i testi su cui sono riassunte le leggi (eh sì, perché almeno fino a che non esisteva www.normattiva.it, non era nemmeno semplice trovarle, le leggi italiane).

Se io invece non ho tutti quei soldi, o non voglio spenderli in avvocati, non so esattamente cosa posso fare e cosa no, così vivo nel timore di poter infrangere qualche norma, così o incomincio a odiare il sistema e diventare un dissidente o un delinquente, o mi limito a comportarmi "come tutti gli altri", per evitare che facendo cose fuori dall'ordinario vada a fare qualcosa di illegale. (Ovvio che sono estremizzazioni, ma sono utili a capire)

Il risultato è che, per chi ha soldi, cambia poco; chi non ha soldi si sottomette a chi ha padronanza della legge (cioè chi ha soldi) se non vuole diventare un "fuorilegge"; e per tutti quelli che lavorano come "interpreti" della legge (avvocati, notai, consulenti legali, commercialisti, etc...) è interesse (esplicito o involontario) che questa sia sempre più complicata, in modo che il loro lavoro sia sempre più necessario.

Così, uno strumento nato per assicurare a tutti gli uomini gli stessi diritti, diventa uno strumento di potere.



Io penso che la Legge sia indispensabile, in ogni comunità.
Credo però che sia indispensabile che tutti la conoscano, e che sia sentita da tutti come propria.

Se ci sforzassimo un po', a rendere tutto più semplice, credo che le cose funzionerebbero meglio.
E saremmo molto più fieri della nostra Legge e del nostro Paese.

lunedì 22 marzo 2010

...perché no?

Piccola premessa: mi risulta che da alcune parti, come in Inghilterra, non sia cortese parlare di politica e religione.

Ecco, oggi voglio parlare di politica e religione.

Perché penso che la politica sia il modo in cui ci preoccupiamo della comunità, e per me essere cristiano vuol dire cercare di seguire Gesù in tutta la vita, non solo in chiesa, quindi in qualche modo devo cercare di capire come far andare d'accordo le due cose...

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Io forse non ho capito un fico secco del Vangelo - e in effetti l'episodio del fico disseccato ancora non l'ho capito - ma da quello che mi sembra di aver capito...

...prima di tutto, bisogna amare, Dio e gli altri: e quindi, penso, mettere gli altri prima delle proprie idee, dei propri progetti.

...poi, che bisogna essere poveri, e non solo in spirito: e quanto è difficile per noi riccastri!!!

...che bisogna servire senza per questo aspettarsi una ricompensa...

...che Gesù e i suoi apostoli tutto quello che avevano era di tutti - e quanto è difficile mettere in pratica anche questo!

...che Gesù ha accolto tutti, giudei, stranieri, pagani, peccatori...


Insomma, più ci penso e più sono convinto... Secondo me la Chiesa e la 'sinistra' hanno molte più cose in comune che differenze!

mercoledì 4 novembre 2009

Petrolio


File:West Texas Pumpjack.JPG

Sono io che muovo il tuo mondo
Sono io che ti porto al lavoro o a scuola
Che muovo le tue auto, i tuoi treni, i tuoi aerei
Io che scaldo la tua casa, che illumino le tue notti
Io che spingo i tuoi carri armati, le tue ambulanze.
Sono io la tua giacca, la tua penna, la tua medicina
l'asfalto delle tue strade, il gioco dei tuoi bambini.

Sono la droga della tua società,
sono la spinta che ti ha sollevato dalla povertà.

Guardami: non sono il Male,
non sono nemmeno il Bene.

Ricorda, Uomo,
che sono le tue scelte
che fanno la differenza
tra il male e il bene.

sabato 26 settembre 2009

Carbonio di qua, carbonio di là

Sull'effetto serra, le idee non ce le ho molto chiare nemmeno io che studio Scienze Ambientali, quindi immagino che ci siano molti altri messi peggio.

Una cosa, però, penso sia abbastanza chiara a quasi tutti: il protagonista principale di questo "effetto serra" è il carbonio in una sua forma ossidata, comunemente chiamata anidride carbonica, o biossido di carbonio, o semplicemente CO2.

Perché mai? Perché questo simpatico composto ha la capacità di essere perfettamente trasparente alla luce visibile (a meno che non siate fumatori incalliti, non vedete nessun fumo nero di solito uscire dalle vostre bocche...), mentre è discretamente abile nell'assorbire i raggi infrarossi.
Quindi tutta l'energia che il sole manda sulla terra sotto forma di luce visibile, passa indisturbata attraverso l'atmosfera, scaldando la terra.
La terra, così scaldata, comincia ad emettere raggi infrarossi per liberarsi dell'energia di troppo (e meno male, altrimenti non dureremmo a lungo).
Peccato che questi vengano assorbiti dall'anidride carbonica dell'atmosfera, che si scalda anche lei, e ne riemette in tutte le direzioni: un po' si disperdono nello spazio, un po' ritornano sulla terra, e ricomincia il giro.
Risultato: che la terra, per riuscire a buttar fuori tanta energia quanto il sole gliene fornisce (e quindi, avere una temperatura costante) deve essere un po' più calda di quello che le basterebbe se non ci fosse la CO2.

La domanda principale, quindi diventa: perché c'è la CO2 nell'atmosfera? O meglio, l'uomo sta modificando questa quantità? E la risposta è tutt'altro che semplice...

Voglio quindi coinvolgere anche chi vorrà leggere, in un breve "tour" lungo le strade che il carbonio percorre attraverso il nostro pianeta.

Cominciamo da tanto, tanto tempo fa, quando ancora la vita era solo una improbabile favola che gli asteroidi mamma raccontavano ai loro figlioletti per farli dormire... Dov'era il carbonio a quei tempi? Nell'aria!
E proprio sotto forma della nostra "amata" CO2, che ai tempi poteva scorrazzare libera e felice senza il timore di essere catturata da qualche pericolosa creatura autotrofa. (oddio, non era proprio tutta nell'atmosfera, ma quella che ci interessa, era lì)
Provate a immaginare... Tutta l'atmosfera, che oggi è fatta quasi esclusivamente da azoto e ossigeno, era tutta (o quasi) anidride carbonica. E oggi, nell'atmosfera, di anidride carbonica ce n'è lo 0,03%.

Chi è che, allora, l'ha fatta sparire? E soprattutto, dove ha messo tutto quel carbonio?
Di solito, a scuola, insegnano che la colpa è tutta della fotosintesi: in pratica, che le alghe e le piante, una volta evolutesi, abbiano man mano intrappolato tutta l'anidride carbonica dell'atmosfera, facendone il materiale organico di cui sono formati tutti i viventi.

Peccato che così, contando tutto il carbonio presente negli organismi viventi (2 volte quello presente in atmsofera), e tutto quello che era vivente, ma poi è stato seppellito sotto terra, diventando carbone, petrolio o metano, si spiega solo un quinto di tutto il carbonio presente nella crosta.

Tutto il resto dov'è?
Ecco, se non è sopra di noi, se non è dentro di noi (o attorno)... Sarà sotto di noi!

Infatti, la maggior parte del carbonio è proprio nelle rocce, nei carbonati: calcari, marmi, dolomite... Eh sì, proprio le montagne più belle del mondo non sono che la punta di un iceberg formato da immensi ammassi di carbonati, sotto i nostri piedi.
Ma allora, tutto quel carbonio, come c'è finito nelle rocce?
Una parte è semplicemente precipitato (in senso chimico, non è che l'aereo su cui viaggiava ha avuto un'avaria): l'anidride carbonica si scioglie volentierissimo in acqua, e lì, se trova un po' di calcio, o magnesio, o compagnia bella, forma i carbonati, che sono insolubili, e si depositano sul fondo del mare.

Ma una gran parte è finita nelle rocce perché ci è stata messa. Non dall'uomo, perché esiste da troppo poco tempo (e forse non sarebbe né abbastanza furbo né abbastanza paziente da farlo), ma piccoli organismi che hanno cambiato la faccia della terra, ma che oggi sono di solito degni di attenzione solo in qualche acquario: i coralli (e altri organismi che ai coralli assomigliano, ma chi non è molto pignolo li può considerare coralli...).
Questi piccolissimi muratori, nei corsi degli anni, anzi secoli, anzi millenni, anzi milioni... Insomma in due o tre miliardi di anni - e ancora oggi, se non li ammazziamo tutti prima - hanno ripulito l'atmosfera dall'anidride carbonica (facendola passare attraverso l'acqua, ben inteso), non per costruirsi i loro corpi (come gli autotrofi, ad esempio alghe e piante), ma bensì per costruirsi la loro casa.
Fanno così: prendono un po' dell'anidride carbonica sciolta in acqua (che non è proprio sotto forma di CO2, ma per i non chimici non è particolarmente importante), li fanno reagire con calcio o magnesio, e con questi formano carbonati insolubili che si depositano, e formano la casetta per il nostro muratore.

Ok, fin qui abbiamo trovato il carbonio, ovunque si nasconda sulla superficie terrestre: un pochettino nell'atmosfera come CO2, un po' sciolto negli oceani, un po' forma la materia organica di cui siamo fatti tutti noi esseri viventi, una discreta quantità è sepolto sotto terra come carbone, petrolio e gas (almeno finché non verrà estratto e bruciato dall'uomo), mentre la maggior parte forma le rocce carbonatiche della crosta.

Quel pochettino che ancora gira per l'atmosfera, però, è la parte più importante: non solo perché causa l'effetto serra, ma perché per passare da una parte all'altra, il carbonio passa sempre, o quasi, dall'atmosfera.

Sì. perché nell'atmosfera si muove velocemente (decisamente molto velocemente, rispetto ai tempi geologici con cui si muove quello nelle rocce), e può raggiungere moltissimi posti...

Sicuramente il mare accoglie la CO2 a braccia aperte, soprattutto se fa freddo (la solubilità dei gas, in acqua, è maggiore a temperature basse). E visto che questo, come quasi tutti i processi naturali, è un equilibrio, più CO2 c'è nell'aria, più gli oceani ne assorbono, fungendo un po' da tampone. Attenzione però, un tampone non troppo efficace: ricordiamo che più CO2 nell'atmosfera significa più effetto serra, quindi più caldo, quindi minore solubilità della CO2 in mare!!!

Secondo, gli organismi viventi autotrofi (senza dubbio le piante, che fin dalla suola materna ti insegnano che sanno "prendere l'anidridide carbonica e trasformarma in ossigeno", ma anche le alghe,e molti batteri non necessariamente fotosintetici), sono sempre a caccia di CO2, sia nell'aria che nell'acqua (e in questo caso, togliendola dall'acqua, lasciano il posto a nuova CO2 che dall'aria si scioglierà nell'acqua, sempre per il concetto di equilibrio).
Prendono quindi il carbonio sotto forma di CO2, lo riducono (astruso concetto chimico che, in questo caso, significa più o meno che caricano di elettroni - ed energia - il carbonio), e ne fanno materiale organico, cioè mattoni per costruire i loro corpi.
Corpi che poi, attraverso le catene alimentari, diventeranno cibo per altri organismi: una parte del materiale organico verrà riutilizzata per formare il corpo degli organismi predatori (o comunque successivi nella catena alimentare), un'altra parte verrà "bruciata" per tirar fuori quell'energia che gli autotrofi ci avevano messo dentro, restituendo CO2all'atmosfera.
Una piccola parte della materia organica, però, potrebbe non essere completamente sfruttata, ed essere sepolta così com'è: può capitare a un povero scalatore travolto da una valanga e mai più recuperato, o a una foresta di alghe che viene sepolta (sfortunatamente per lei, fortunatamente per i magnati del petrolio) sotto una colossale frana sottomarina. Il risultato è che questa materia organica sepolta, lontana dall'ossigeno (e quindi da un possibile ritorno a CO2), pian piano si trasforma in combustibile fossile: carbone, petrolio, gas.

Infine, le rocce carbonatiche vengono erose (eh sì, anche le dolomiti, pioggia dopo pioggia, vengono erose, e probabilmente ben prima del Monte Bianco, di roccia silicea, molto meno solubile dei carbonati), i carbonati entrano in soluzione e vengono trasportati all'oceano.
Qui il carbonio subirà i possibili destini già visti per la CO2 nell'acqua (equilibrio con la CO2 atmosferica, o riduzione da parte degli organismi autotrofi), o riformerà le rocce carbonatiche, per precipitazione abiotica, o con l'aiuto dei coralli e compagnia bella.

Insomma, tirando un po' le somme, se tutto funzionasse a dovere (ovvero, se l'uomo non ci mettesse lo zampino) sembrerebbe che tutti questi spostamenti finiscano in pari, se per l'atmosfera tutte le entrate e le uscite pareggiassero, cioè:
tanta CO2 fissano gli organismi autotrofi, tanta ne consumano i viventi respirando;
tanta CO2 si deposita nelle rocce carbonatiche (o viene depositata dai coralli), tanta se ne libera dall'erosione delle montagne;
per il resto, l'oceano si occupa da far da tampone e bilanciare le eventuali fluttuazioni.

Soltanto una piccola parte di carbonio, era dopo era, viene immagazzinato nella materia organica sepolta, sotto forma di combustibili fossili.

Ora mettiamoci l'uomo.

Diventato intelligente (ne siamo poi così sicuri?), decide che non gli basta quel po' di carbonio che suo nonno scimpanzé otteneva mangiando banane, scopre che bruciando nel fuoco quegli evoluti autotrofi fotosintetici che sono le piante può fare un sacco di cose interessanti, e comincia ad andare in giro e accaparrarsi tutto il legno che trova. Risultato: meno piante, quindi meno produzione primaria (fissazione di carbonio, e immagazzinamento di energia per gli stadi successivi della catena alimentare), quindi meno animali emeno legno, quindi meno cibo e meno risorse, quindi guerre per accaparrarsi quel che rimane.

Finché l'uomo ha basato il suo approvvigionamento energetico sulla catena alimentare (caccia, allevamento, agricoltura, silvicoltura), però, ha dovuto sempre sottostare alle sue leggi, al suo equilibrio: il cibo è quello che è, quindi se ne consumi troppo viene la carestia, un po' di uomini muoiono, e si può ricominciare. La CO2 non cambia di molto, quella che viene emessa dalla respirazione degli organismi viventi è la stessa che qualche anno prima - o decine di anni prima - era stata fissata dagli autotrofi, e i conti tornano.

Peccato che poi, ben prima di comprendere tutti questi delicati equilibri, qualcuno ha deciso di scavare per terra e ha trovato quella polverosa pietra nera che brucia tanto bene. Ancora peggio quando qualche beduino ha fatto un buco nel terreno alla ricerca di acqua e ha scoperto di galleggiare su un mare di petrolio (non è andata proprio così, ma fa lo stesso).

L'umanità, esaltata da questa fonte di energia così "pronta all'uso", senza bisogno di disboscare migliaia di ettari di bosco togliendo il pane ai propri figli, si è buttata a capofitto nell'impresa del "grande rogo dei combustibili fossili" (in realtà, non ha nemmeno evitato di disboscare migliaia di ettari di bosco...).
Molti si chiedono come mai, nell'ultimo secolo, l'umanità si sia evoluta così tanto.
Considerato che sta bruciando l'energia dei combustibili fossili in un decimilionesimo del miliardo di anni che è stato impiegato ad immagazzinarla (ok, i conti sono un po' spannometrici, ma rendono l'idea), mi stupisco che ci siamo evoluti così poco.

Aggiungiamo un importante fatto: bruciando i combustibili fossili, reimmettiamo nell'aria, nel giro di pochi anni, un'enorme quantità di anidride carbonica che era stata sequestrata nel corso di milioni di anni: hai voglia te, ad aspettare che gli autotrofi riescano a rifissare tutto quel carbonio!!!
Così, non ci sarebbe da stupirsi se l'aumento di CO2 che si registra in questi anni (e quindi l'effetto serra) si dimostrasse dovuto all'uomo, o meglio, alla sua mania di bruciare combustibili fossili.
Dico se si dimostrasse, perché purtroppo la scienza è ancora indietro nel calcolare precisamente i flussi di carbonio, e in particolare l'effetto tampone dell'oceano. Senza dubbio l'anidride carbonica nell'atmosfera sta aumentando, che questo però sia dovuto in massima parte all'uomo, è ancora da dimostrare mi sa. Certo, le premesse ci sarebbero tutte...

E sì che la soluzione non sarebbe tanto difficile: non c'è nemmeno bisogno di costruire costosi pannelli solari, quando abbiamo già le piante che sono un sistema di immagazzinamento dell'energia assolutamente autonomo e a basso costo.
Basterebbe ricavare energia bruciando legna tagliata dal bosco (bruciandola con le nuove tecnologie, così inquina meno), e fare in modo da tagliare allo stesso ritmo con cui la foresta cresce: il bilancio di CO2 sarebbe in pari, e in più avremmo bellissime foreste ben curate.
Certo, probabilmente potremmo permetterci di consumare meno energia di quella che i paesi svilupati consumano oggi.
Ma non penso che questo sarebbe, poi, un gran male...


P.S. Questo articolo non ha le pretese di essere scientificamente corretto... Ma se avete notato dei grossi errori, avvertitemi!