lunedì 4 giugno 2012

Un paese chiamato Camposanto

Mirandola, Cavezzo, San Felice sul Panaro ... Immagino che qualunque telecittadinospettatore italiano ormai al sentire questi nomi si veda scorrere davanti agli occhi immagini di chiese crollate, tende blu e tutto il solito repertorio da tragedia.
Non so per quale arcano motivo alcuni nomi vengano ripetuti e sbandierati migliaia di volte, mentre altri rimangono semisconosciuti; fatto sta che quando è arrivata la telefonata che mi comunicava che la mia destinazione sarebbe stata Camposanto, mi sono chiesto quale paese potesse portare un nome così improbabile, e già mi immaginavo un minuscolo paesino di vecchietti dimenticato da Dio e dagli uomini nelle assolate distese del far west emiliano ...

Di sicuro non mi aspettavo che il ragazzo di un paio d'anni più grande di me che ci ha salutati al nostro arrivo fosse nientemeno che il vicesindaco, o che nel servire i pasti, in aiuto alla nostra squadra già esausta dopo tre giorni, ci saremmo trovati una giovanissima, allegra e multietnica combriccola di ragazzi camposantesi.
O ancora che ci saremmo trovati a cantare e suonare alle due di notte (eh sì, perché non perdevamo già abbastanza ore di sonno) tra i binari di una stazione sospesa a una ventina di metri dal suolo.

Ho imparato che, in fin dei conti, cucinare per cinquecento persone non è molto diverso da cucinare per cinque, solo che è tutto MOOOLTO più grande: vasconi di pomodori che ci metti delle ore a tagliarli alla luce dei lampioni, un frigo dentro il quale giri con il transpallet ... E più grandi sono anche gli imprevisti, tipo un forno che mi si crepa in mano proprio il giorno in cui arrivavano millecinquecento pizze surgelate, o una colossale macedonia che si rovescia per terra ...

E ho imparato che se all'inizio i 10° C del camion frigo ti sembrano un paradiso rispetto ai 30 di afa e sole a picco fuori, dopo l'ennesimo sbalzo termico per andare a prendere una cassetta di kiwi cominci a pensare che, forse, scartare centocinquanta formaggini brie potrebbe essere un passatempo più sano e divertente ...

Ho imparato che è inutile avere dieci scatole di piadine (fatte con lo strutto di maiale) se più della metà delle persone è musulmana, e che essere senza cassetta degli attrezzi può rivelarsi un grosso problema anche per la protezione civile ... Ma non per Firmo e Rocco che sono riusciti lo stesso a trasformare un portabici in una tettoia per il forno nuovo. E anche che non serve a niente cambiare bombola, controllare il tubo del gas, invertire la presa di corrente, se non schiacci il tasto di accensione il (suddetto) forno non si accende!

Spero che, oltre a tener svegli volontari e cittadini cantando a orari improponibili tra le tende e nei parchi del paese, il nostro soggiorno camposantese a spese del contribuente sia servito a dare una mano dove la terra ha deciso di cambiare le carte in tavola.

E la domenica sera, partendo dal campo in pullmino ...
Io: - Avrò sicuramente dimenticato qualcosa qui ... -
Lucy: - ... un pezzetto di cuore!