venerdì 21 dicembre 2007

Neve d'agosto

Racconti d'Estate - Parte III - Giorno 5 (e mezzo)

Quel 2 agosto 2007, per quei sedici ometti accampati dietro la cappellina del passo Giau, cominciò tutto sommato come ci si aspetterebbe che cominci un normale giorno di route: suono di numerose sveglie prima che qualcuno di decida a uscire dal sacco a pelo, viaggio alla fontana (anzi, alle fontane, vista la quantità di casette fontana-munite nelle immediate vicinanze) per spettegolare dei pettegolezzi della notte e far vedere quanto siamo machi a lavarci con l'acqua gelata nell'aria gelata di una mattina dolomitica; a seguire poi colazione (preparata e gustata con la doverosa flemma di chi ancora si deve svegliare del tutto), e infine smontaggio tende (magari sulla testa di chi non è ancora arrivato alla decisione di uscire dal sacco a pelo).

Ci rendemmo conto, però, che quella non sarebbe stata esattamente una normale giornata di route (come se ne esistessero...), quando raccogliendo gli svariati oggetti dimenticati qua è la, qualcuno si accorse che uno di questi era il nostro CapoClan, vestito come per una spedizione al polo, che si rifugiava dal sole nella sottile fetta d'ombra proiettata dalla cappellina. Con la grande esperienza medica di un affermato perito chimico, gli massacrai il collo nel tentativo di controllare che il cuore facesse il suo dovere, e sentenziai infine (dopo aver desistito nella ricerca della carotide e preso i battiti al polso) che 90 battiti al minuto non erano certo una cosa di cui preoccuparsi. Dopotutto io avevo spesso e volentieri superato i 100, senza per questo essere passato a miglior vita, no?

Ma le mie rassicurazioni non devono essere state una cura efficace, perché il paziente continuava a manifestare incapacità di compiere grandi sforzi (come quello di alzarsi in piedi) o di esporsi ad estreme condizioni ambientali (come la luce solare). Nonostante tutto, rimaneva sempre il nostro CapoClan, e un CapoClan non perde mai la sua autorità: constatato che non era consigliabile mettere alla prova l'invincibilità scout proseguendo la route con il resto del Clan, prese in mano la situazione (ovvero il cellulare) e dopo un'accesa diatriba convinse quelli del 118 che non c'era bisogno dell'elicottero ma bastava un'ambulanza.

L'ambulanza arrivò, guidata da un autista che spense il motore numerose volte nel parcheggio del rifugio, e un infermiere che soffriva il mal d'auto, si infilò nella stradina sterrata che portava verso il nostro accampamento, e caricò il Dani, in qualità di paziente principale, Dede, in qualità di paziente imbucato (il suo stomaco continuava ad essere in sciopero, e non avrebbe certo rifiutato un passaggio gratis all'ospedale), e la Saretta in qualità di CapaClan per Dede, di antinausea per l'infermiere con il mal d'auto, e di infermiera per lo Zivi data l'oggettivo ostacolo all'efficienza del suddetto infermiere.
Sempre la Saretta, in quei concitati istanti di caricamento dell'ambulanza, fece appena in tempo a mollarmi 400 euri e gridarmi un <<Prendete il pullman per Cortinaaa!!>> (che è un po' la versione moderna di <<Fuggite, sciocchi!>>), prima che l'ambulanza si lanciasse nella sua nauseante corsa giù lungo gli innumerevoli tornanti della Val Codalunga.


Fu così che ci trovammo soli, abbandonati dai nostri capiclan, sperduti in mezzo alle montagne - beh, oddio, se si può dire di essere sperduti in un parcheggio su una strada che gareggia con l'A1 in fatto di traffico - e, guarda un po', in 13.
Un po' sperando di negare questa curiosa evidenza, un po' per la tensione che porta ad essere fin troppo prudenti, continuavamo a contarci e ricontarci, fino all'arrivo della corriera, e dei cancheri dell'autista non troppo contento di trovarci, da bravi italiani, ad aspettarlo nel bel mezzo di un tornante.
Per fortuna l'autista era di quella rara specie di autisti simpatici, che ti perdonano subito e, addirittura, se hai una chitarra ti esortano anche a cantare, per rendere un po' meno monotona la tratta che percorrono tutti i santi giorni dell'anno. Noi la chitarra l'avevamo, e anche tanta voglia di cantare: credo di aver sentito di rado il clan cantare con così tanto entusiasmo, per poi piombare in un assoluto silenzio fremente di tensione ogni volta che un cellulare squillava, e infine unico, lungo sospiro di sollievo alla notizia che, almeno, i due ricoverati erano ancora in grado di intendere e di volere.

Il nostro CapoClan, che nonostante tutto rimaneva il CapoClan anche dal letto dell'ospedale, esercitando le sue funzioni a distanza ci comunicò quello che sarebbe stato saggio fare: e cioè proseguire la route, ma saltando una tappa e anticipando l'ultima notte (quella in rifugio) di un giorno, ovvero quella sera stessa. Arrivammo così a Cortina d'Ampezzo, la capitale delle vacanze snob, circondata dalle montagne più fotografate d'Italia e immersa nello smog e nel traffico di una metropoli, e da bravi scout ci piazzammo a bivaccare nel primo parco giochi che ci capitò davanti, a discutere sul da farsi.


Non è mai stato facile discutere sul da farsi, nel nostro Clan. Non lo è mai stato nei lunghi mesi prima delle routes, nella comodità cittadina; non sarebbe certo migliorata la situazione in un parchetto di Cortina, spossati dalle notti in tenda e dallo stress delle ultime ore, e con pochissimo tempo per decidere se prendere la corriera che di lì a poco sarebbe partita per il Falzarego, o quella che ci avrebbe portati verso Parma. Aggiungeteci il rifugio che, nel caso, avremmo dovuto chiamare per anticipare la prenotazione, i soldi che nessuno sapeva se sarebbero bastati o no, l'ultima tappa che avremmo dovuto scegliere se fare a piedi o in funivia, l'alieno che si era stabilito nella fronte della Gio, e potete ben immaginare il caos che regnava sovrano.

Chissà come sarebbe andata a finire se Simo, superato il limite della sopportazione, non si fosse alzato davanti a tutti esclamando <<Basta! Dichiaro qui la fine della route! La fine dell'essenzialità!>>. Non era davanti alle porte di Moria e non aveva detto <<Mellon!>>, ma l'effetto non fu da meno: di colpo un senso di libertà avvolse tutti, e come quando nei cartoni, dopo che supereoe sconfigge il supercattivo, anche la vecchina ritrova la sua gattina Fuffy, riuscimmo ad incastrare tutte le cose - la notte al rifugio fu anticipata, i 900 euri di spesa preventivati per il resto della route vennero trovati (frugando in tutti i portafogli di chi non era stato così ligio all'essenzialità da non portarne), fu presa la corriera per il Falzarego e la funivia per il Lagazuoi.


Image Hosted by ImageShack.usLassù, su quella spiaggia di pietra a 2700 metri su un mare di cielo, forse un po' per l'aria rarefatta, forse un po' per il senso di sollievo che viene dal sapere che non ti rimane più niente da dover decidere, non camminavamo nemmeno, saltavamo, correvamo, e i nostri angeli custodi avranno chiesto non so quali aumenti al Boss per essere riusciti a non far cadere nessuno dall'orlo del baratro.
Davanti ad una calda cena annaffiata con rosso e amaro Lagazuoi, con le cime rosso fuoco nella luce serale proprio di là dal vetro delle finestre, dopo aver fatto i turisti nei tunnel della Grande Guerra e essersi lavati e scaldati tra le rassicuranti mura del rifugio, non potevamo che ridere di tutto, e in sopra tutto del Dani e di Dede a cui dovevano aver scambiato le cartelle cliniche, dato che il primo, che sembrava aver infilato un piede nella fossa, era stato dimesso, e il secondo per un banale mal di pancia gli era stata appioppata una flebo...


Il risveglio ci portò a gustarci un cappuccino guardando la neve turbinare fuori dalla finestra (il 3 agosto), e dopo qualche partita a carte - dopo una route senza carte causa essenzialità, il mazzo del rifugio fu una vera benedizione - ci imbarcammo, insieme a un gruppo di alpini, sulla prima corsa della funivia, giù verso il passo Falzarego. E lì, stretti su quel vagone appeso a un filo che scompariva nelle nuvole davanti e dietro di noi, con la neve e il vento che fischiava contro le pareti di vetro, cantanto "Al chiaror del mattin" con le nostre voci stonate insieme a quelle potenti degli alpini, terminò la nostra route.

...no, non cadde la funivia, per fortuna.
Credo che anche Signora Sfiga si stesse godendo un cappucino, tra una risata e una briscola insieme alla Dea Bendata.

sabato 3 novembre 2007

I ragazzi del tornante 19

Racconti d'Estate - Parte III - Giorno 4

Il 1° Agosto 2007 era l'Alba del Centenario degli scout: esattamente cento anni prima Baden-Powell inaugurava sull'isola di Brown Sea il primo Campo Scout.
Quel primo Agosto 2007, ovunque, nel mondo, gli scout si ritrovavano per celebrare quel momento: migliaia di scout di tutte le nazioni, al Jamboree, rinnovavano insieme la loro promessa; a Brownsea, lì sulla stessa isola di cento anni prima, altri scout commemoravano l'evento; a Roma, a Città del Messico, ad Atalanta, a Rio de Janeiro, sul Monte Kenya, a Hong Kong, sul Monte Fuji, a Sidney e in centinaia di altre città del mondo si tenevano grandi celebrazioni.

Anche nella piazzola-parcheggio di qualche ruspetta arugginita di una carraia forestale, nella stretta val Codalunga, poco sopra a Selva di Cadore, una quindicina di ometti in camicia blu (anzi maglione blu, viste le temperature), secondo un fuso orario tutto loro (dovuto alla dilatazione temporale conosciuta come effetto sveglia), e sotto gli occhi incuriositi di un operaio che armeggiava con un carretto a motore, celebravano la loro Alba del Centenario.

Ed è così che cominciava la nostra quarta giornata di route. Giornata che avrebbe segnato (più o meno letteralmente) diversi di noi, oltre che segnare una decisa svolta nel corso degli eventi.

La prima ad essere segnata fu la Gio. Non sappiamo tutt'ora a cosa fosse dovuto, chi tende a minimizzare sostiene un eccesso di sole, altri un eccesso di cremine che avrebbero reagito a vicenda con conseguenze disastrose, ma c'era anche spazio per l'ipotesi Alien o parassiti di qualche genere; fatto sta che, se non sbaglio già dal mattino, si ritrovò con una fronte che faceva a gara col mio bernoccolo del torneo di pallascout.

Ma dato che questa escrescenza cefalica non le limitava né le capacità motorie né (anzi, la potenziava) la capacità di lamentarsi (e tutti sanno che una camminata senza le lamentele della Gio non è una vera camminata), ci incamminammo per quella che, pur se divisa in due tratti dalla pausa pranzo, si prospettava come la salita più dura della route.
Tanti tornanti e tanto sudore dopo, ci giunse la notizia che non ci saremmo nemmeno potuti concedere la pausa pranzo: la corriera che risparmiava quella faticata a Dede e Simo si era dimenticata di lasciarli a metà strada ma li aveva scaricati direttamente alla meta finale della giornata. Pace, ci tenemmo la fame e la sete e continuammo a salire.

Naturalmente cercavamo di evitare di farci tutto il percorso sulla strada asfaltata con le moto che ci sfrecciavano di fianco: quando era possibile, tagliavamo per sentieri, più o meno battuti. Come quando per evitare un tornate ci siamo arrampicati su una parete di erba infangata, e quando finalmente, tra un impropero e l'altro, tutti sono arrivati in cima alla salita, ci siamo accorti di aver saltato proprio il tornante con la fontana.

Quella era una di quelle salite che "fanno selezione": infatti Dede e Simo, appostati nello stretto spazio dell'interno del diciannovesimo tornante della strada per il Passo Giau, quasi del tutto occupato da un casolare in semi-abbandono, ma con il grande pregio di avere una fontana, si sono visti arrivare man mano un camminatore,

Image Hosted by ImageShack.uspoi un altro,



poi altri due,



poi un ciclista che non centrava niente ma ogni tanto batteva un cinque a qualcuno,


poi un altro e via così.
E man mano che si arrivava si buttava lo zaino sull'erba e ci si lasciava trascinare dal peso. Per poi spostare tutto all'ombra dopo un minuto e venti secondi, quando il sole cominciava a essere un interlocutore scomodo.
Alla fine per fortuna sono arrivati tutti sani e salvi. Oddio, non esattamente. Salvi, sì, ma non tutti troppo sani: il Dani - si, proprio il nostro supremo Capo Clan già Signore dei Novizi - reduce da una congestione il giorno prima della route, cominciava ad accusare l'aver sostituito i quattro giorni di riposo prescrittigli dai medici con quattro giorni di route.
Probabilmente, nelle sue condizioni, dopo una salita del genere sotto un sole che cuoceva le uova nei nidi, viaggiava da un'allucinazione all'altra senza passare dal via; ma lui era il Capo Clan e non avrebbe certo mollato per una sciocchezuola del genere.
In effetti, amorosamente accudito dalla fidanzata sui prati fioriti in mezzo alle montagne più belle del mondo, magari uno ci prova a stare bene prima di dire "torniamo a casa".

Image Hosted by ImageShack.usDopo un pranzo che avrà avuto un impatto ambientale vertiginoso su quel povero fazzoletto di terra e quella povera fontana che si è bevuta tutti i nostri residui organici, ci siamo ammassati in quei 2 mq d'ombra, preparandoci a passare il pomeriggio a guardare i motociclisti passare:
arriva una moto, ci guarda, passa.
Arriva una moto, ci guarda, passa.
Arriva una moto, ci guarda, passa.
Arriva una moto, ci guarda, cade.
Il motociclista si alza, si riprende dalla botta, si rimette in sella e riparte.
Arriva una moto, ci guarda, passa.
...
...
E via dicendo.
Credo che Sorby le abbia anche contate. Ricordo qualcosa come un trecento e passa, verso metà pomeriggio.

Sei ore di nullafacenza davanti al cartello "19° tornante" sono state sufficienti per farci venire in mente (almeno ai più svegli) che quello non era un luogo troppo idoneo ad accogliere le nostre tende, così una spedizione partì per individuare un qualche straccio di terreno abbastanza piano e abbastanza largo da permetterci di non chiedere una antieconomica ospitalità al rifugio. La scelta cadde sulla piazzola dietro ad una cappellina nei prati sotto all'Averau, che aveva alcune indispensabili caratteristiche: era ampio appena a sufficienza da farci stare tutte le tende, era circondato da casette ognuna con la sua fontana, ed una siepe tattica lo nascondeva dalla vista del rifugio.
Il trasferimento di armi e bagagli dovette però essere rimandato a sera, causa pattuglia della forestale che decise di farsi un giro da quelle parti proprio quel pomeriggio.

Accertato che la jeep verde mimetico non fosse più in zona, abbiamo finalmente abbandonato il tornate 19, ormai scolpito nella nostra memoria, per piantare le tende sul comodo cemento e ghiaietto delle fondamenta della cappellina. E lì venne segnata la terza persona della giornata: Dede, a cui evidentemente non bastava un ginocchio fuori uso, si ritrovò con lo stomaco in sciopero. E uno stomaco in sciopero magari nel calduccio della casetta di città non è nulla, ma in una tenda a 2000 metri, dopo una giornata sotto il sole, e al freddo della notte dolomitica, non è esattamente il benvenuto.

Il Capoclan, visti due membri del Clan in quelle condizioni, e visto che uno dei due membri era proprio il Capoclan, decise che un riposo prolungato sarebbe stato più adatto alle circostanze di un fuoco serale, così i malati e l'infermiera di turno (la Saretta nonché CapaClan) si infilarono nei sacchi a pelo, mentre il resto del Clan rimaneva a far baracca raggomitolati nell'ingresso della cappellina, a terrorizzarsi per ogni coppia di fari sulla strada, chiedendosi se era quella la pattuglia di forestali che avrebbero posto fine alla nostra avventura. Per fortuna ci pensava il Carcio a tranquillizzare tutti, assicurando che avrebbe risolto la cosa con la sua infallibile scenata napoletana o, se il caso era grave, chiamando Zia Conci che sarebbe arrivata in elicottero in men che non si dica e avrebbe fatto vedere le stelle ai malcapitati forestali.

E così terminò la quarta giornata di route, attorno a una cappellina nei prati del passo Giau, tra l'Averau e il Nuvolao (mio padre sostiene si tratti di un'antica colonia sarda sulle Dolomiti).
Riusciranno i nostri eroi a tornare a Parma sani e salvi; o almeno salvi se proprio sani non si può?
La risposta alla prossima puntata!

Image Hosted by ImageShack.us

mercoledì 31 ottobre 2007

Giù nella Val Fiorentina

Riprendo, dopo una mezza era geologica, il racconto della route.
Riuscirò mai a finirlo?

Racconti d'Estate - Parte III - Giorno 3

E' vero che gli scout sono notoriamente degli zozzoni che si accontentano di poco, e che in route tutto ciò è portato all'estremo, ma anche in queste situazioni di solito la mattina ci si fa un the o un caffé, e ci si lava i denti, come minimo.
Considerato che eravamo in ristrettezze idriche, potevamo anche accontentarci di non lavarci i denti, ma di sicuro nessuno mi avrebbe tolto la mia razione liquida mattutina. Così mi sono diretto al rifugio/albergo/ristorante con due bottigliette, sicuro che almeno un paio di borracce me le avrebbero fatte riempire in bagno. Invece, mi hanno detto di andare ad una sorgente una cinquantina di metri dietro al prato dove ci eravamo messi.
Non so se ero più sconvolto dal fatto che non mi avessero fatto riempire le bottiglie o che avessimo avuto tutto il tempo una sorgente dietro le spalle e nessuno ce l'avesse detto. Ma tutto è bene quel che finisce bene, e almeno la mattina non abbiamo dovuto razionare l'acqua.

Ora, dovete sapere che in route c'è un antichissimo rito della partenza mattuttina, che deve essere sempre rigorosamente rispettato: ogni volta ci si deve porre l'obiettivo fondamentale di partire presto, e si elencano tutte le innumerevoli ragioni per cui ciò non è solo consigliato ma anzi indispensabile, e rigorosamente, ogni volta, si deve partire sempre non mezz'ora, ma almeno un'ora o due oltre l'orario prefissato, accompagnando il tutto da un coro di improperi diretti verso coloro che stanno espletando il loro compito di rallentatori del clan.

Concluso anche quella mattina il rito, ci siamo diretti (lasciando Dede in compagnia di Simo il cui ginocchio non aveva apprezzato la camminata del giorno prima) verso l'imbocco del sentiero che quel giorno avrebbe dovuto sopportare i nostri scarponi.
Vi ricordate che nel racconto della giornata precedente avevo detto che, andando in cerca di acqua, per evitare un tornante ci eravamo lanciati lungo una scarpata spaccaginocchia? Bene, l'imbocco del sentiero era proprio su quel tornante, e proprio all'imbocco del sentiero scoprimmo quella mattina una zampillante fontana.
Avevamo passato 24 ore a razionare l'acqua quando eravamo circondati da fonti d'acqua potabile, e nessuno ce l'aveva detto.

Stufo di dover essere sempre io il cartografo autonominato di clan, ho deciso di affidare per quella giornata questo arduo compito alla Cami. Non l'avessi mai fatto: non aveva ancora preso in mano la cartina che già fiumi di critiche sulla sua incapacità di guidare il Clan (per il solo fatto che fosse una donna, credo) le piovevano addosso da ogni parte... Mah, così va il mondo... Mai prendersi un incarico per molto tempo, o si rischia di non toglierselo più di dosso...

Quel terzo giorno era anche la giornata dedicata agli zingari, e l'attività fondante consisteva nel rubarsi le cose a vicenda: ognuno DOVEVA sottrarre qualcosa ad un prescelto, ignaro compagno di strada. Immaginate quanta fiducia avremo risposto quel giorno negli altri. Da parte mia ho dimostrato la mia grande affidabilità, semplicemente esibendo la mia totale inettitudine nel furto.

Così, tra una sgraffignata e l'altra, siamo discesi lungo ripide piste da sci fin giù a Pescul nella Val Fiorentina, dove da bravi scout in route ci siamo accampati (sinonimo di stravaccati) proprio di fianco alla fontana del paese, sfruttandola come fontana (appunto), come vasca da bagno, come doccia, come lavapiatti e come lavatrice. Una gentilissima coppia della casa di fronte, non so se impietosita dal nostro fare da sfollati, o preoccupata per la tranquillità dei vicini, ci ha caldamente invitato a spostare il nostro accampamento nel loro cortile. Quando abbiamo realizzato che stavano VERAMENTE invitandoci nel loro cortile, abbiamo accettato la cosa con grande gioia, e riempito ogni centimetro quadrato con zaini, moduli, fornellini, pentolini, buste, moke, carte e tutto quello che si può trovare nel posto dove un clan sta effettuando una breve pausa pranzo durante il cammino.

Terminato il pranzo (arricchito anche da gustose pietanze montanare calateci dal balcone dei nostri ospiti), e dopo la sovrabbondante siesta rituale, abbiamo lasciato i due non camminanti a sdebitarsi con gli ospiti spaccando un po' di legna, e siamo ripartiti alla volta di Selva di Cadore.
Tutti sanno che camminare con lo zaino stanca (almeno un po'), e che a far nulla per ore viene la fiacca. Quel giorno abbiamo imparato che l'alternanza di cammino e nullafacenza è veramente mortale. Credo di non essere mai entrato in un supermercato in condizioni peggiori, rispetto a quel giorno a Selva. Mi sentivo come se, mezzo addormentato, comandassi il mio corpo da una remotissima postazione, collegata con una connessione che andava e veniva come un segnale radio disturbato. Forse anche per quello è stata la route in cui ho speso di più per il cibo.

A Selva di Cadore ci trovammo di fronte ad un problema piuttosto scomodo: nessuno si era preoccupato di trovare un posto per la quella notte.
E in un paese costruito sulle pendici di quei colossi che molto più in alto diventano l'Averau e il Nuvolao, gli unici piccoli pezzetti di terreno abbastanza spiani da accogliere delle tende erano tutti giardinetti privati.
In quel frangente, è venuta in nostro soccorso l'esperienza e l'abilità in pubbliche relazioni del nostro Capoclan, che ha individuato, ammansito e convinto il prete del posto a indicarci un luogo non troppo improponibile per passare la notte: il bordo di una strada sterrata appena sopra al paese, raggiungibile scalando (sì, questo è il verbo migliore) un sentiero la cui pendenza lo rendeva assimilabile alle pareti dei normali edifici.

Grazie al nostro spirito di adattamento siamo riusciti a montare (anzi appoggiare, causa terreno decisamente impenetrabile) le tende sulla sottile striscia d'erba che separava la carraia dal bordo del bosco (e dalla tomba di una probabile cagnolina, il cui fantasma per fortuna o per pietà non ha disturbato il nostro sonno), e fare le attività, cucinare, cenare e fare il fuoco tutto su quel metro e mezzo di strada sterrata che avevamo a disposizione. Anche recuperare l'acqua per bere, lavare e lavarsi necessitava di abbondante spirito di adattamento, visto che la fontana di cui disponevamo consisteva in un tubo incrostato di alghe che versava in una vasca immersa nell'erba alta, proprio sul fondo della scarpata erbosa al lato della strada, e per usufrine bisognava stare in equilibrio sullo stretto, bagnato bordo della vasca ricoperto di muschio (tutto il resto era una giungla che poteva nascondere chissà quali orribili minacce).

Ma, si sa, le difficoltà fortificano, e infatti quella serata, animata da una mega gara per nominare l'Uomo e la Donna delle Dolomiti, gara durante la quale nacquero miti intramontabili come JURASSIC PARK, la Pamelona e il velociraptor, fu una serata decisamente esilarante, e alla fine ci infilammo nei nostri giacigli soddisfati. Anche di aver scampato al passaggio di una pattuglia della forestale dalla quale ci ha salvato la promessa solenne che non avremmo più campeggiato. Lì.

Curiosamente, pur avendo tre macchine fotografiche (e vi ricordo le peripezie fatte per averle tutte e tre), sono riuscito a recuperate una sola foto della giornata, decisamente significativa direi:

Image Hosted by ImageShack.us 

giovedì 13 settembre 2007

La Staulanza ...

(...è una danza che si balla nella latitanza...)

Racconti d'Estate - Parte III - Giorno 2

Riprendo il racconto dei nostro clan in route di ''sopravvivenza'' da dove l'avevo lasciato: a dormire nel campeggio di Palafavera.

Non è che ricordi molto della mattina, probabilmente perché appena svegli, nell'aria gelata, con la colazione da preparare, gli zaini da fare e le tende da smontare, almeno il cervello chiede di essere lasciato un po' in pace.

I neuroni della memoria hanno ricominciato a funzionare appena usciti dal campeggio, in ricordo del quale ci siamo approppriati di grandi quantità di simpatici adesivi della civetta-mascotte della valle. Quel giorno avevamo una tappa tutto sommato breve, in teoria, ma ammetto che mi sono preoccupato un po' alle esclamazioni di "Oddio, lassù? No, ma è troppo lontano!" riferite al luogo scelto per le lodi: una collinetta alta tre metri dall'altra parte della strada.

Image Hosted by ImageShack.us
Visto che la teoria e la pratica raramente vanno d'amore e d'accordo, la tappa di quel giorno non fu troppo breve, sia perché il sentiero scelto seguiva grosso modo una linea retta verso la cima del Pelmo, sia perché a metà salita la Gio si accorge di essersi dimenticata come si fa a respirare.

Alla fine, merito anche di una lunga pausa che nessuno aveva intenzione di interrompere, siamo arrivati con un'ora di ritardo alla Staulanza, dove il povero Dede si girava i pollici da quando la corriera in una decina di minuti gli aveva risparmiato quelle poche centinaia di metri di dislivello che a noi erano costati tre ore e mezza.

Il primo problema da risolvere fu l'acqua: nonostante fossimo nella zona più piovosa d'Italia, nonostante fossimo davanti a un'importante strada di comunicazione, nel grande rifugio/albergo/ristorante Staulanza non avevano acqua da darci. Nemmeno per riempire due borracce da mezzo litro.

Così, mentre i capi riflettevano sull'opportunità di smuovere gli albergatori con l'odore del vile denaro, io, Simo e Dede (i due con il ginocchio fuori uso) ci siamo lanciati in una spedizione lungo una ripa spaccaginocchia alla ricerca di una fontana. La prima che trovammo era asciutta, la seconda era in una malga al cui padrone, da quello che ci ha fatto capire, avrebbe avuto tutti i migliori motivi per non farci bere, ma ci ha comunque lasciato fare, a patto che facessimo in silenzio e in fretta.

Image Hosted by ImageShack.us
Peccato che la malga fosse almeno 50 metri di dislivello sotto al prato dove tutto il clan era spaparanzato, così dopo essere tornati a riferire abbiamo organizzato un efficace mezzo di trasporto acqua addobbando Popo con tutte le borracce del clan.

Risolto il problema acqua, ci accorgemmo che, camminando solo la mattina, al pomeriggio non c'era nulla da fare. Ma proprio NULLA da fare. Per fortuna la noiosa routine tra prendere il sole e girarsi i pollici è stata spezzata da una scoperta che ci confortò anche solo come dimostrazione che non eravamo gli unici perennemente colpiti dalla sfiga: una coppia di turisti si erano accorti che la loro macchina si era chiusa, lasciando loro fuori e le chiavi dentro.
Erano riusciti ad aprire di qualche centimetro il finestrino davanti: non che servisse molto, visto che le chiavi erano nel baule. Da bravi scout, abbiamo cercato di dare una mano, anzi letteralmente infilare una mano per la loro causa, cercando di aprire la porta sbloccando il bottoncino che serve ad aprire le porte chiuse. Quella macchina però aveva un ottimo sistema antifurto: se si chiudeva, non si apriva nemmeno con i bottoncini che dovrebbero aprirla.
Stavamo per dare la partita come persa, quando il trio io Simo e Dede (mente, abilità e bella presenza) decise di lanciarsi in un'impresa tanto assurda quanto impossibile: "pescare" le chiavi, passando dalla fessura del finestrino davanti fino nel baule, con una canna improvvisata da un picchetto legato con lo scotch a un palo della tenda. Contro ogni previsione, ma d'altronde come ogni impresa impossibile e assurda, riuscì perfettamente.
Ci fruttò anche l'eterna gratitudine dei turisti e un pezzo di torta ai frutti di bosco, che venne divorata da tutto il clan in un tempo che si potrebbe misurare in una manciata di oscillazioni della radiazione dell'atomo di cesio.

La sera, al momento di trovare posto per le nostre tende, dopo aver constatato l'irraggiungibilità delle caverne della prima guerra mondiale, decidemmo di non sforzare troppo le nostre gambe e ci spostammo di qualche decina di metri da dove ci eravamo spaparanzati a mezzogiorno, sfrattando qualche coppietta che si godeva la pace della montagna sui resti delle fortificazioni del passo.

Ah ecco, mi stavo quasi dimenticando l'attività-clue della giornata. Dovete sapere che, essendo il tema di quella giornata "i barboni", e non contenti di aver già lasciato a casa tutto il lasciabile per via dell'essenzialità, la regola per la giornata era: si possono usare solo 15 oggetti, compresa la roba da mangiare e i vestiti indossati.
Peccato che, come per l'essenzialità, dopo qualche ora ci eravamo dimenticati del tutto dei quindici oggetti, e ce ne ricordammo solo al fuoco serale dove vennero puntati ad un grande, divertente, violento e improvvisato "casinò dei barboni".

Alla fine, anche la sera si concluse felicemente con una spontanea veglia alle stelle, alle nuvole passeggere e al freddo pinguino che tra un po' ci assiderava.

martedì 4 settembre 2007

Viaggio allucinante

Racconti d'Estate - Parte III - Giorno I
Era il 29 luglio, la mattina di domenica 29 luglio, alla stazione di Parma, e finalmente partivamo.

Già solo decidere quella route era stato un parto.
Primo problema: in teoria dovevamo fare un capitolo sulla sopravvivenza durante l'anno.
Peccato che Signora Sfiga, che sempre ci segue e ci accompagna, ci abbia messo lo zampino, e l'anno se ne sia andato nell'organizzazione di un torneo di pallascout e della tortafrtittata di gruppo.
Noi, testardi, abbiamo deciso di trasformare il capitolo nel tema della route.
Secondo problema: due ginocchia fuori uso. Quindi di un bel survival challenge non se ne poteva parlare.
Nemmeno un campo fisso, roba da reparto. All'inizio mi era sembrata una buona idea, ma col senno di poi ci saremmo suicidati di noia.
Una sera saltò fuori l'idea della canoa, e iniziò così un lungo, tormentato periodo fatto di riunioni passate a trovare tutti i problemi possibili per quel tipo di route, e alla fine di ogni riunione rendersi conto che era l'unica idea buona che avevamo. Fino a che non ci siamo accorti che tre settimane prima della route era un decisamente troppo tardi per decidere di fare una route in canoa.
Alla fine abbiamo ripiegato su una route di cammino leggera sulle Dolomiti, organizzata in modo che chi non camminava ci avrebbe seguito in pullman e impianti di risalita.
A quel punto è cominciata una nuova, infinita tiritera su come avremmo dovuto vivere la sopravvivenza: alla fine, fondamentalmente, ci sarebbe stata una lista di cose indispensabili da portare, e ognuno aveva un limitato numero di cosiddetti extra. Quali oggetti fossero indispensabili e quanti fossero gli extra, è stato lungamente oggetto di dibattito (è curioso quanto possano essere lunghe tre settimane...). Si andava da chi proponeva un extra, e non più di tre paia di mutande come indispensabili, a chi negli oggetti indispensabili inseriva numerose paia di scarpe o la itta della Gio (l'equivalente di quello che per un bambino è il pelouche con cui dorme).

Così finalmente quella mattina, anche se nonostante l'essenzialità gli zaini pesavano più del solito, anche se c'era gente i cui extra non si contavano sulle dita di due mani, anche se io l'Anna e Sorby eravamo riusciti a spendere una cifra esorbitante per una altrettanto esorbitante quantità di cibo (sempre in tema di essenzialità...), e anche se l'Anna ci aveva tirato bidone all'ultimo minuto (lasciandoci quindi navigare nel cibo), beh, potevamo almeno dire che avevamo finito di organizzare la route.
Ah, che illusi.

Image Hosted by ImageShack.usEra preventivato che il viaggio fosse lungo.
Infatti fu ancora più lungo.
Sul primo treno, nulla di terribile. Cominciava a farsi sentire la mancanza delle carte (lasciate a casa per essenzialità), ma a parte quello tutto tranquillo, anzi abbiamo avuto occasione di intrattenerci in interessanti discussioni, rigorosamente vietate ai minori di 18 anni.
Persino a Bologna ci siamo meravigliati della fortuna di avere il treno successivo sulla stessa pensilina dove ci ha scaricati il primo.
Ma Signora Sfiga era sempre con noi, e ci ha fatto sentire il suo tocco non appena, a Padova, abbiamo cambiato di nuovo prendendo il treno per Longarone: la Fara aveva lasciato la macchina fotografica digitale, comprata il giorno prima, sul treno per Venezia. Subito dopo ci accorgiamo che la corriera che avremmo dovuto prendere una volta a Longarone passava solo nei giorni feriali. Ovviamente era domenica. Inoltre, non prendendo quella corriera avremmo anche perso la Messa, programmata nel paesino dove saremmo arrivati.

Ma, si sa, lo scout sorride e canta anche nelle difficoltà, così abbiamo preso quelle notizie con qualche risata e, per la macchina fotografica, abbiamo avvertito un controllore che ha provveduto a contattare i suoi colleghi dell'altro treno.
Probabilmente quel giorno Signora Sfiga e la Dea Bendata hanno fatto a pugni, perché poco dopo è arrivata la risposta: avevano trovato la macchina, l'avrebbero caricata sul primo treno per Belluno.

Così, per risolvere i nostri problemi e rispondere alle urla dei nostri stomaci, siamo scesi a Belluno, dove dopo un pranzo accampati nell'aiuola davanti alla stazione (dopo aver fatto scappare gli altri barboni che la occupavano) abbiamo mandato in esplorazione due prodi esploratori a cercare una messa compatibile con i nostri orari. Probabilmente la Dea Bendata e Signora Sfiga avevano raggiunto una tregua che prevedeva il recupero della macchina della Fara ma l'assenza di messe nelle chiese bellunesi prima delle sette di sera.

Noi fino alle sette di sera non potevamo aspettare, perché la corriera per Longarone partiva ben prima, così rinunciammo alla Messa. Tutto quello che successe nei giorni successivi (dei quali racconterò in futuro), molto probabilmente fu una punizione divina per questo atto blasfemo. O semplicemente fu Signora Sfiga che aveva gioco facile su un avversario cieco.

Image Hosted by ImageShack.usUna (per fortuna ultima) lunga pausa di cambio pullman a Longarone ci ha permesso di lanciare la route con la prima attività, un mini-deserto sparsi su una mega terrazza con vista sul Vajont (che fosse anche quello un minaccioso segno della Sfiga?). Poi, finalmente, l'ultimo, lungo tratto su una enorme corriera che si inerpicava sulla stretta stradina a strapiombo sulla Val di Zoldo, fino ad arrivare alla nostra destinazione, Palafavera.

La prima cosa di cui ci siamo accorti scendendo dal pullman, è che pioveva. La seconda che nello zaino di Popo il detersivo era esploso e il formaggio si era stufato di rimanere allo stato solido.

Gli scout, si sa, sono anche economi (bel modo per dire tirchi), e pur di non pagare l'ingresso al campeggio abbiamo chiesto ospitalità a un vicino campo dell'Azione Cattolica. Devo aver sbagliato a presentarmi come scout, ma almeno il campeggio si è rivelato valere abbondantemente il suo prezzo.

Alla fine, dopo una lunghissima giornata di viaggio, abbiamo potuto cenare con un pasto caldo e scaldare i corpi e gli animi al fuoco di bivacco, terminato quando da una roulotte vicina si è levato un violento e sanguinario "BASTA!!! SONO LE UNDICI!!!". Anche la grigia Signora ha voluto darci la buonanotte: il fornellino della Fara non accettava le bombole normali, ma solo bombole formato mignon, così una tripletta ha dovuto mendicare un fornello per la cena; inoltre l'Anna rimanendo a casa si era tenuta anche una delle tende di Clan: a pagarne le spese sono state le donne e, a turno, uno degli uomini, costretti a schiacciarsi come sardine in tende sottodimensionate.


[...il resto alla prossima puntata!]
[P.S. le immagini sono tutte scattate con la fatidica macchina!]

lunedì 27 agosto 2007

Sole, rovi e vespe

Racconti d'estate - Parte II

E' passato solo un mese e 4 giorni, ma mi sembra passato un anno da quella mattina del 23 agosto quando mi sono trovato là, davanti all'ingresso del San Leonardo, io, mia madre e il cannone, e nessun altro intorno. In anticipo, naturalmente.
Il senso di essere completamente fuori luogo si sciolse quando un'altra macchina si infilò nella stradina depositando il Carcio e il suo zaino. Almeno, se anche avessi sbagliato il posto, non sarei stato il solo.

Dopo un quarto d'ora buono di attesa, scoprimmo che effettivamente avevamo sbagliato il posto, ma solo di un centinaio di metri: dall'altra parte della chiesa gli altri stavano cominciando ad ammassare fuori dal garage le montagne di materiale da caricare sui camioncini.
A proposito delle montagne di roba, man mano che le caricavamo sul furgoncino mi domandavo quanta cavolo di roba servisse per un campo. Non so se sono io che ricordo male, se è il PR2 che ha usanze diverse dal PR5, o se era perché non avevamo fatto nessun precampo, ma io non ricordo che ci fossero mai voluti un camioncino, un pick-up e un fuoristrada per portare su cibarie, tendame e casse varie (contando che non avevamo né un palo né un'asse, tutta roba che avremmo trovato là).
Quando, dopo aver finito tutto il caricaggio del furgoncino, dopo aver fissato tutti gli oggetti penzolanti con tecniche più o meno ortodosse, dopo aver legato tutto con accurati quanto improbabili giochi di corde, ci siamo accorti che c'erano ancora fuori una mezza dozzina di pianali che sarebbero dovuti essere caricati prima di tutto il resto, mi sono 'improvvisamente accorto' che il pullman stava per partire, e ho lasciato che fossero i rimasti a occuparsi di quella 'piccola' questione.

Il viaggio, che si preannunciava lungo e massacrante, è invece filato liscio come l'olio, almeno fino a Tredozio. Lì abbiamo scoperto che la frazione di San Valentino, nostra meta, aveva la spiacevole caratteristica, oltre a non comparire nel navigatore satellitare dell'autista, di non essere raggiungibili da mezzi pesanti più di 2 tonnellate, o più lunghi di 9 m. E il pullman era una bestia di 11 metri e una dozzina di tonnellate.
Così ci siamo ritrovati come un branco di puffi deportati ad affollare la banchina della fermata dell'autobus appena fuori da Tredozio, a 7 km e tanto sole dalla nostra meta.
Curioso scherzo del caso, proprio in quel momento è passato un camioncino carico di pali che era, guarda caso, proprio del simpatico signore che stava venendo a portarci i pali per il campo. Il simpatico signore e io abbiamo intrattenuto una lunga e piacevole discussione sul fatto che lui era finalmente venuto lì, che aveva i pali, che voleva sapere chi era quella ragazza che l'aveva chiamato dicendo che lui avrebbe dovuto essere su alle 11 mentre lui era lì adesso all'una, che sì in effetti però prima aveva detto che sarebbe stato lì alle 11, ma che si era dimenticato, che potevamo caricare qualche zaino sul furgone, ma che voleva che qualche responsabile venisse su con lui, e che voleva che arrivasse la cassa perché senza soldi non si ragiona, eccetera eccetera eccetera.
Tutto questo fermi su un ponticello largo 10 cm più del camioncino. Almeno finché una macchina di passaggio non ci ha costretti a spostare la nostra chiacchierata qualche metro più avanti.

Alla fine ho lasciato andare il Carcio in compagnia del simpatico signore, la Monia è rimasta sulla banchina a fare da guardiana agli zaini, e l'Ila, io e i ragazzi ci siamo incamminati sulla strada, destinazione San Valentino. Ed è così che abbiamo fatto conoscenza con la prima delle quasi onnipresenti 'piaghe' che ci avrebbero fatto compagnia durante il campo: il sole.
Dopo le prime curve in ripida salita, ci siamo accorti di non aver detto ai ragazzi di prendere su le borracce. Abbiamo liquidato la questione con un "va beh, tanto non dovrebbero servirci".
Dopo un po' abbiamo cominciato a chiederci se avremmo trovato una fontana.
Dopo un altro po' mi sono lanciato in avanscopera per vedere se la fontana segnata sulla carta funzionava ancora...
...di ritorno dal sopralluogo, ai ragazzi non ho detto nulla per non provocare il panico.
Ad un certo punto, abbiamo deciso che, appena passavano le macchine a caricare gli zaini, gli avremmo chiesto di portarci dell'acqua.
Quando siamo arrivati alla prima casa, non abbiamo nemmeno fatto in tempo a dire "Bussate per chiedere se ci possono dare dell'acqua" che almeno una ventina di ragazzi erano già ammassati contro una fontanella nel giardino.
A quel punto, abbiamo deciso che non c'era nessun bisogno di proseguire a piedi, e abbiamo pazientemente atteso che i cambu ci venissero a prendere in macchina.

Raggiunto il campo, dopo un primo tratto scarrozzati dalla neopatentata Martina con la sua Aygo ancora pulita, e un secondo entusiasmante rally sul cassone del furgoncino, con tanto di giro turistico per le ripidissime carraie dei monti faentini causa strada sbagliata, abbiamo incontrato la seconda terribile piaga: i rovi. Il campo era una lunga, larga salita al sole piena di rovi.

Il primo giorno è stato dedicato alla sistemazione dell'indispensabile per superare il primo giorno di campo, ovvero la cambusa, le tende e le amache, e a recuperare altri pali e assi dalla sede del gruppo scout di Modigliana. Io, in compagnia della sezione maschile della cambusa (il Gio e Rocco), ci siamo offerti volontari per la seconda missione. Era uno sporco, faticosissimo lavoro tirare fuori 40 assi di 4 metri e otto tronchi d'albero da uno stretto, polveroso magazzino pieno di qualsiasi cianfrusaglia, ma almeno ci ha permesso di berci due litri di Estathé a testa.

---

Il secondo giorno è stato il giorno del vento.
Appena alzati, il cielo non prometteva nulla di buono, ma i lavori di allestimento del campo sono proceduti normalmente.
E' stato alla fine dello spostamento della Montana dalla posizione provvisoria a quella definitiva che ci siamo accorti che il vento avrebbe potuto essere un problema, quando entrando dentro alla tenda montata ci si accorgeva dei pali che, sotto la forza della tenda che faceva da vela, avevano preso la forma dell'arco pronto a scoccare.
Mentre ci ingegnavamo su un sistema per riparare alla mancanza di quasi tutti gli elastici per legare la tenda alla paleria in modo decente, è arrivata la notizia della prima vittima: il sovrattelo delle Volpi non aveva retto alla furia del vento.
Giusto il tempo di raggiungere la cima della collina, dove stava l'angolo Volpi, constatare i danni e tornare giù, ed ecco che là, su quel balcone di terra affacciato sulla valle che è l'angolo dei Puma, si vede un grande aquilone verde svolazzante rincorso da diverse figure agitate intente a frenare il suo volo, accompagnando il tentativo con urla non troppo consoni a un bravo scout cortese. Seconda vittima del vento.
Vento che, ovviamente, dopo aver strappato due sovratteli e fatto spostare due angoli per ragioni di sicurezza, se n'è andato soddisfatto e non si è fatto più sentire per il resto del campo.

In compenso, è arrivata, pian piano, la terza piaga: le vespe.
All'inizio erano pochissime. Una o due, ogni tanto.
Poi qualcuna deve aver dato la notizia, all'alveare, che su in cima alla collina c'era il paese dei balocchi. Ed è cominciata l'invasione.
In tenda materiale cominciava a formarsi la fila di ragazzi bisognosi di dopo-puntura all'ammoniaca: chi con una puntura, chi con due o tre, chi sembrava colpito dalla varicella.
La cambusa era protetta dalla trappola partorita dal genio di Rocco: un pozzo alla marmellata che mieteva ogni giorno decine di vittime.

Ma tutto questo può considerarsi ordinaria amministrazione, in un campo di reparto.
Quello a cui non eravamo preparati, era

la Casa del Terrore, ovvero "Non ditelo ai ragazzi!"

dovete sapere che, a un chilometro o due dal campo c'era, appunto, San Valentino, che consisteva semplicemente in una solitaria chiesa in mezzo al bosco con annessa canonica/casa scout. Questa casa era la nostra riserva di cibi deperibili (essendo dotata di frigo), e sarebbe poi stata la casa del branco, quando la settimana successiva ci avrebbero raggiunto anche i lupetti.

Vederla dall'esterno sembrava una normale, vecchia casa. Al massimo dava un'aria un po' strana il giardinetto alberato davanti, dal cui terreno ogni tanto sbucava un vecchio selciato in pietra, e uno strano crocifisso che (dicono) ti si parava davanti appena giravi l'angolo (ma io l'angolo non l'ho mai girato, e il crocifisso non l'ho mai visto).

Le cose davvero inquietanti sono cominciate con la prima visita dei cambusieri all'interno della casa: una casa enorme, piena di stanze e di strani rumori, con una scala buia che scende a un vastissimo piano sotteraneo, con una falce appesa al muro, un forno a cui viene spontaneamente da aggiungere l'aggettivo "crematorio", una porta ad arco sbarrata da un cancello di ferro con le punte, e dietro uno stanzone pieno di tronchi...
Ecco, in questo posto accogliente, si narra che il Gio e Rocco stavano leggendo ad alta voce una targa, posta nell'ingresso di fianco a una foto di gruppo con tanto di ragazza dalla faccia deformata, che raccontava di un gruppo di partigiani nascosti in questa casa, che rimasero qui a lungo finché i nazisti non li scovarono e li massacrarono, e concludeva con la frase lapidaria: "ma l'ombra del partigiano rimarrà per sempre in questa casa".
Nel momento stesso in cui leggevano ad alta voce questa frase, un topo attraverò di corsa una stanza davanti alla Martina, lì di fianco a loro, che lanciò un urlo terrorizzato: il risultato è che in men che non si dica tutti e tre erano fuori dalla casa.

La spirale del mistero naturalmente non si poteva fermare qua.
Durante i miei viaggi alla ricerca di un posticino ameno che potesse sopperire alla mancanza di una tenda nera, avevo scovato, proprio di fianco al nostro campo, un minuscolo, misterioso campo di grano in mezzo al bosco, affacciato su un dirupo, con dei rami staccati curiosamente messi di traverso tra gli alberi, un piccolo capanno mimetizzato con rami secchi, e tre croci di ferro che spuntavano in mezzo alle spighe.

Mentre ipotizzavamo chi potesse essere seppellito in quell'inusuale cimitero, i nostri animi vennero scossi da un inspiegabile ritrovamento di un sacchetto con cibo putrescente in mezzo alla nostra riserva di cibo nella casa. Ci chiedevamo come diavolo potesse essere finito lì, visto che prima non c'era, nessuno di noi ce l'aveva messo e la casa era sempre chiusa a chiave.

Il culmine lo raggiungemmo la sera in cui tre squadriglie di un reparto accampato dall'altra parte della valle vennero nella nostra zona in hike. In teoria solo una squadriglia avrebbe dovuto fermarsi a dormire da noi: una si sarebbe fermata più avanti, e l'altra si sarebbe accampata... proprio davanti alla casa.
Tutto sembrava andare normalmente, quando, dopocena, vediamo arrivare dalla stradina che porta alla casa le ragazze, senza zaini, in lacrime. Si erano allontanate per un attimo lasciando gli zaini davanti alla casa, e al loro ritorno tutta li avevano trovati aperti e sparsi tutt'intorno.
A quel punto è stato il delirio. Ci siamo tenuti quasi seri appena il tempo di dire alla squadriglia che avrebbero dormito qua stanotte, e che i cambu avrebbero recuperato i loro zaini, poi anche la staff è andata completamente nel panico. La Franci che girava con le mani nei capelli, Miki e Fede che si muovevano sempre in coppia e armati, l'Ila che se non aveva sempre tutti a portata di vista andava in crisi, io che avevo tanta adrenalina nel sangue che ormai ero convintissimo di essere dotato di superpoteri.
In preda al delirio più totale, quei momenti in cui rotoli in terra dal ridere e dalla paura, abbiamo deciso che in realtà le ragazze di quella squadriglia erano fantasmi, i loro corpi erano sepolti giù nel cimitero del campo di grano, e che erano qui per assaltarci di notte e renderci tutti come loro.

Capite bene che poi quella notte lì, dopo il fuoco, quando abbiamo visto due ragazze di quella sq aggirarsi in modo incomprensibile per il campo, muovendo una torcia senza una chiara logica, e adducendo come unica spiegazione che "una ragazza aveva mal di stomaco", beh, non ci siamo sentiti troppo a nostro agio.


...


Image Hosted by ImageShack.usCome è andata a finire, non lo so.
Io e il Carcio ce ne siamo andati il 27, causa partenza per la route, dimenticandoci di lasciare al campo le fotocopie delle cartine per i ride dopo che l'originale era diventato introvabile. Comunque sia i ride gli hanno fatti, quindi in qualche modo ce l'hanno cavata.

So solo che, più di una settimana dopo, addirittura dopo la route, siamo andati a trovarli al loro ritorno a Parma, e c'erano tutti.
Tutti tranne la Franci.





























(che arrivava dopo perché si era scordata le chiavi!!!) 

sabato 18 agosto 2007

Cosa si fa per un cannone

Racconti dell'estate - parte I


Non ero troppo preoccupato per l'orale di Fisica Generale II del mattino dopo, il 19 luglio.
O, almeno, non avevo nessunissima voglia di mettermi a ripassare (ovvero dare una seconda occhiata alle pagine di wikipedia, visto che non mi sono mai preso la briga di comprare il libro).
Era molto più entusiasmante pensare che di lì a tre giorni sarebbe cominciato il campo estivo. Il mio primo campo estivo da rover, finalmente un campo estivo dopo lunghi anni senza stringere una legatura fino a tatuarsi le mani con la corda o sentir echeggiare per il campo "Pentoleincambusaaa!!!".

Già che mi ero perso il pomeriggio di allenamento montaggio tende di staff con annesso servizio fotografico e bagno in piscina, volevo assolutamente dimostrare al mondo che anch'io contribuivo alla preparazione di questo campo, così mi sono lanciato nella costruzione del cannone: oggetto assolutamente essenziale per l'ambientazione piratesca scelta, soprattutto se viene usato solo una volta, e per giunta nel buio più totale.

Passai il pomeriggio a progettare, ottenendo una bozza molto approssimativa dato che non avevo idea di che pezzi avrei potuto trovare in giro. Ma ero pieno di speranza: legno ne avevo in abbondanza in casa, e in teoria avrei dovuto essere capace di tagliarlo; roba da ferramenta sapevo dove comprarla, e avevo l'ingenua convinzione che i tubi di plastica di diametri sui 12 - 15 cm te li tirassero dietro in qualunque garage/negozio/brico/cantiere e simili.


Il giorno dopo, reduce da un 28 e "il ragazzo ragiona splendidamente, ma il libro non l'ha nemmeno guardato", sono partito per un giro di perlustrazione con destinazione Ghirardi/Brico.
Sono tornato con due notizie per me stesso, una buona e una cattiva: la buona era che Ghirardi aveva prezzi più bassi del Brico su tutti gli articoli di ferramenta che mi servivano, la cattiva era che i tubi di plastica di diametri sui 12 - 15 cm non te li tirano affatto dietro. Anzi al brico per un metro di tubo devi spendere come minimo 6 o 7 euro.
Poche cose riescono a stressarmi di più di girare per negozi; inoltre la sera avevo l'ultima imperdibile staff di preparazione al campo, così ho rimandato gli acquisti al giorno successivo.

Non avevo però pensato che il giorno successivo era un sabato.
E Ghirardi chiude al sabato.
Così mi sono presentato al Brico con un progetto dettagliatissimo (persino i diametri e le lunghezze delle viti, mi ero segnato), che contava una quantità esorbitante di gaffette, carrucole, catenine, piastre e compagnia bella, che probabilmente se le avessi comprate tutte al Brico avrei messo in pericolo le mie finanze personali (che in realtà già traballano se ho voglia di gelato, ma fa lo stesso).
Ho deciso di ingegnarmi, e ho cominciato a inventarmi dei modi per eliminare pezzi dal progetto, scoprendo che un sacco di componenti erano totalmente inutili e sarebbe stato molto più semplice risolvere, ad esempio, con qualche foro nel legno.
Alla fine sono uscito dal Brico con in mano una frazione infinitesima dell'iniziale lista della spesa, e per giunta di quello che avevo comprato, una buona metà non l'ho nemmeno utilizzata.

Rimaneva però un problema: non avevo il tubo (naturalmente non avevo sborsato 7 euro per un fottuto tubo di plastica). E considerato che il tubo era la canna del cannone, era un problema discretamente grosso.
Comunque, sempre fiducioso nella provvidenza, mi sono avviato verso un cantiere di fianco a casa mia. In un cantiere avranno sicuramente tonnellate di grossi tubi di plastica da buttare, pensavo.
Infatti, dopo aver scomodato tutti gli operai prima di trovare il capocantiere, ho scoperto che era così.
Peccato però che li avessero già buttati tutti. Il giorno prima.

Ho cominciato a girare per la città in macchina come un assatanato, destinazione un non meglio specificato ingrosso di materiale edilizio nelle vicinanze dell'Highlander.
Vedevo tubi ovunque. Non avevo mai guardato con così tanta attenzione l'arredo urbano di Parma prima di allora. Ogni singolo oggetto di forma allungata attirava il mio sguardo, e mi domandavo se qualcuno di quelli avesse mai potuto fare al caso mio.
Poi, arrivato in via Spezia, li ho visti. Decine, centinaia di tubi di plastica. Non erano solo quello che cercavo: erano esattamente quello che avevo pensato la prima volta che mi era venuto in mente di ricavare un cannone da un tubo di plastica.
Ma il cancello inesorabilmente chiuso sembrava deridermi.
Anzi, stava chiaramente sghignazzandomi in faccia, lo sentivo benissimo.

Sconsolato, ho ripreso la macchina, tornando verso casa nella sera ormai inoltrata.
Meditavo di un possibile furto notturno all'ingrosso edile, pensado chi avrei potuto assoldare come complici, quando sono ripassato accanto al cantiere.
Per sfizio, ho voluto scendere e dare un'occhiata. Gli operai se n'erano andati ormai.
Quando ho visto quel tubo sporco, mezzo sepolto dalle macerie contro la righiera, mi sentivo come il protagonista di una favola quando leggi le parole "e tutti vissero felici e contenti".
In quel momento, era tutto ciò che desideravo dalla vita.
Un tubo di plastica diametro 110 mm.


La domenica è stato il giorno del lavoro manuale: di buon mattino, in bici con metro in tasca e seghetto in mano, sono andato al caniere e mi sono impossessato di quello strabenedettissimo tubo;
poi ho aperto il garage e mi sono preparato per una lunga, intensa giornata di fatica.
Finché si è trattato di tagliare dei materassini e incollarli al tubo, è stato facile.
Me la sono cavata anche quando si è trattato di tagliare le forme squadrate del sostegno con il segehetto alternativo: faticoso, ma semplice.
I guai sono arrivato con i tagli circolari.
Non mi ero mai chiesto prima come cavolo si facesse a tagliare il legno a cerchi. Per fortuna mio padre sa tutto e mi ha mostrato l'ennesimo gioiellino della nostra officina: una buffa punta di trapano che sembra un compasso e incide cerchi fino anche a una ventina di cm di diametro. Peccato che oltre a essere utilissima sia anche difficilissima da usare, soprattutto se il pezzo che devi tagliare ha un buco al centro che ti costringe a fare improbabili incastri con pezzi di scarto e fogli di cartone.
A fare la scanalatura nella camera di scoppio del cannone in modo che si infilasse sul tubo, ce l'ho cavata. Ma quando, accingendomi a tagliare la prima ruota, la lama della punta-compasso è schizzata via rimbalzando numerose volte sulle pareti dell'officina, ho deciso che non era il caso di rischiare la vita (o la vista) per qualche stupida ruota.
Così ho imbracciato il seghetto alternativo, e che le ruote si scantino se non sono perfettamente circolari.

Chili di trucioli e litri di sudore dopo, a fine giornata il cannone era finito.
O meglio, diciamo che così sembrava un cannone e non avevo nessuna voglia di aumentare ancora la somiglianza. Così, soddisfatto, ho potuto dedicarmi alle ultime cosette. Del tipo organizzare la route, cenare (alle 10 e mezza di sera), fare da zero lo zaino per il campo e preparare i ride per le squadriglie.


Che il cannone fosse già mezzo rotto il primo giorno di campo, che perdesse ovunque le ruote non mi importava.
Non mi importava nemmeno che la Monia avesse fatto senza problemi 50 e passa dobloni usando la stessa stramaledetta punta da trapano, e io ero a malapena riuscito a tracciare una scanalatura in un pezzo di legno, ustionandomi anche il dito nel togliere i trucioli dalla punta incandescente.
Nemmeno che quel giocattolone sarebbe stato usato poco o nulla.

Mi importava solo che l'avevo fatto io, l'avevo finito.
Ero felice, e mi bastava.

venerdì 15 giugno 2007


Image Hosted by ImageShack.us
Ogni sentiero porta ad una meta;
se non portasse da nessuna parte,
se fosse solo un sentiero infinito,
che senso avrebbe percorrerlo?

Noi siamo sentieri
che s'intrecciano nel mondo,
siamo le mille strade
che solcano la mappa della storia.

Il valore di un sentiero
non sta nella sua lunghezza,
ma nella vetta a cui esso conduce;
così come il senso di ogni vetta
sta nella strada fatta per raggiungerla.

mercoledì 16 maggio 2007



Ogni cosa ha il suo posto, il suo perché, il suo senso.
Possibile che solo noi non riusciamo a trovare il nostro?

giovedì 26 aprile 2007

Le fondamentali leggi della montagna


Mai stuzzicare le mucche
Mai stuzzicare il pastore delle mucche
Scarpone comodo non si cambia
Con le vesciche si cammina male
Non raccogliere stelle alpine in presenza di estranei
Non chiedere mai il "posto dei funghi"
Non dare mai indicazioni sul "posto dei funghi"
Controllare sempre di non essere pedinati se andate nel "posto dei funghi"
Mai fare il passo più lungo della gamba
Mai partire con le gambe in spalla
La montagna non si prende "sotto gamba"
Non superare i 20 kg di merenda nello zaino
Nascondere bene la cioccolata nello zaino
Ricordarsi lo zaino
La sbronza di grappa di pino quando la senti è già troppo tardi
La vipera è come la grappa di pino
Anche il Guardiaboschi ha il binocolo
Anche i camosci hanno il binocolo
Anche il bosco ha occhi
Tenetevi stretto il binocolo
Cantando passa quasi tutto
Da una delle mie più belle magliette

domenica 22 aprile 2007

Test

1. Vero nome:

Albert Einstein (II reincarnazione)



2. Età:

20 meno qualcosa



3. Età apparente:

20 meno qualcosa



4. Età che vorresti avere:

20 meno qualcosa



5. Fidanzato/a?

Con questa faccia qui???



6. Innamorato?

Me lo chiedo molto spesso



8. Hai animali in casa?

Si. La maggior parte sono intrusi a otto zampe.



9. Cosa cambieresti di te?

Beh se ci fosse un modo rapido, sicuro, semplice, indolore ed economico non mi dispiacerebbe avere un cuore che funzioni in modo decente e due occhi in grado di guardare nella stessa direzione...



11. Per cosa faresti follie?

Ma come, non le faccio già tutti i giorni?



12. Destra o sinistra?

Anche se mezzo acciaccato, ti ricordo che il mio cuore è rosso. E batte a sinistra!



13. Città preferita?

Sinceramente qualsiasi luogo dove vivano più una cinquantina di persone per me è un po' troppo affollato



14. Vacanza ideale?

Preferisco pensare a fare delle belle vacanze reali.



15. Fumi?

L'ultima volta che una sigaretta è entrata in contatto con me, era sotto le mie scarpe.
Non ha fatto una bella fine.



16. Bevi?

Con moderazione



17. E' vero che è una grandissima cazzata fumare?

Oh senti ormai mi sono stufato di dirlo... Che ognuno faccia quel cavolo che gli pare...
Ma già che di veleni ne respiriamo a vagonate, non mi sembra troppo intelligente andarseli anche a cercare.



18. Ti metti il casco?

Solo quando sono in ferrata



19. Cibo che odi:

Quello cucinato male



20. Cibo che ami:

Quello cucinato bene



21. Numero di scarpe:

Lo stesso dei gatti



22.Perchè stai perdendo tempo facendo questo test scemo?

Perché sto cercando di essere più scemo io



23. Il tuo colore preferito:

Rosso. Sangue. Ferrari. Comunismo.



24. Sei uno che ama conquistare o essere conquistato/a?

Se aspetto che mi conquistino, ne passa del tempo...!



25. Quando la/o vedi, la/o guardi sempre o cerchi di ignorarla/o?

Sto attento: con i miei raggi gamma, se la guardo troppo potrebbe disintegrarsi o prendere fuoco.



26. Ti sei mai fatto una canna?

No. Però dicono che non sentirne l'odore è caratteristico dei fumatori abituali.
Sarà per tutte quelle passive che mi sono sorbito!



27. Sei mai scappato di casa?

No. Ma se lo facessi credo che avvertirei.



28. Sei mai andato a un concerto?

Si. Sarebbero stupendi, se solo non ci fosse così tanta civiltà...



30. Ci credi agli alieni?

Saremmo veramente presuntuosi a considerarci i più intelligenti dell'universo.



31. Ai fantasmi?

Boh. Non ne ho mai visto uno.



32. Ai folletti?

Idem come sopra



33. Agli spiriti?

Idem come sopra



34. Hai qualche testimonianza?

Oh ma dirti tre volte che non ne ho mai visti non basta??



35. Il nome con cui ti chiama tua madre:

E difficile capirlo, quando per chiamarsi si urla da un piano all'altro...



36. Dove andavi alle medie:

Nella "scuola del Bronx di Parma", come l'ha definita una volta la Gazza.
Ma preferisco essere cresciuto felice nel Bronx che fighetto da qualche altra parte.



37. Un aggettivo per descriverti:

"Forna" vale anche come aggettivo?



38. I tuoi occhi sono:

in costante dibattito circa la direzione in cui guardare



39. Una cosa che gli altri ti invidiano:

L'innata capacità di prendere voti scandalosamente alti



40. Una cosa su cui gli altri ti criticano:

Il voler avere sempre ragione. Ma si sbagliano.
XDXDXDXDXD...Scherzo!!!



41. Squadra del cuore:

PR2. Al torneo scout di calcio di Noceto.



42. Quanti figli avrai?

Perché porre limiti alla provvidenza?



43. Se nasce femmina,la chiami...?

...con un nome breve e semplice. Tipo Ermenegilda.
No scherzo, Chiara o Sara andrebbero benissimo. Elisa è già di tre sillabe, ma è bello lo stesso.
Elena è sempre di tre sillabe, ma è più scorrevole. Francesca sarebbe bello, ma è troppo lungo.
Laura non mi dispiacerebbe, ma è già il nome di mia sorella.



44. Se nasce maschio,lo chiami...?

Se la femmina è Chiara, senza dubbio Francesco. Però anche Stefano non è male.
Federico e Pietro sono altri due nomi molto validi. Anche Giacomo, se non fosse già quello di mio padre.
Insomma, sono ancora indeciso, ma tanto di tempo ne ho. Sicuramente almeno nove mesi!



45. Se non nasce?

Nasce, nasce... Vedrai che in qualche modo arriva!



46. Il tuo cartone animato preferito?

Beep Beep e Will Coyote!



47. Gusto Bacardi preferito:

Mai bevuto Bacardi in vita mia



48. Hai mai rubato?

Probabile. Ma se è successo stavo guardando da un'altra parte.



49. L'ultimo libro che hai letto?

"Fondamenti di Chimica". Perché io non so studiare, al massimo leggo.



50. Film per cui hai pianto?

Jesus Christ Superstar. E un film sulla battaglia d'Inghilterra (II guerra mondiale).



51. Canzone preferita?

Volta la carta - Fabrizio De André



52. Cosa guardi in lei/lui?

Per prima cosa mi accerto se sia un lui o una lei, poi penserò al resto...



53. Sei felice?

Sì. Infatti credo che il motivo per cui non sono fidanzato sia perché altrimenti la troppa felicità creerebbe un paradosso dimensionale con conseguenze catastrofiche.



54. Sei attualmente innamorato/a?

Ho già risposto. Al punto 6.



55. Qual è la cosa che più ti piace fare a letto?

Dormire



56. Quanto ti senti bello/a?

Troppo



57. Se chiudi gli occhi cosa ti viene in mente?

Che il mondo è più bello ad occhi aperti



58. Vorresti sposarti?

Prima penso alla materia prima, poi si vedrà!



59. A quanti anni?

Ripeto: perché mettere limiti alla provvidenza?



60. Cosa è successo nella tua vita, negli ultimi due mesi?

Oh, poco o niente.
Solo il primo Natale che ho passato in giro a fare regali, il mio primo campo invernale da rover, un capodanno di tre giorni a Santa Giustina di Bardi, una vacanza sulla neve dove ho fatto le mie prime piste sullo snow, una cena di classe in cui ho rivisto i miei compagni delle superiori, la rinuncia a Chamonix per poter studiare, la prima volta in vita mia che ho visto le margherite fiorire e i termometri segnare 24° in gennaio, l'uscita che doveva essere la Partenza di Luchino che si è risolta in due incidenti e un ferito, la mia prima sessione d'esami, dove tra l'altro mi è toccato affrontare Tiripicchio, il primo concerto degli Emily che ho visto, la scoperta di quel bel posto che è il Bacco Verde, il terzo tentativo di Partenza di Luchino, stavolta riuscito, e un'uscita tutta all'insegna del gioco, la caduta del governo... devo continuare?



61. Sei indeciso/a o deciso/a nelle cose che fai?

Decisissimo. Ma solo quando non tocca a me decidere.



62. Da 1 a 10 quanto ti ritieni cattivo?

2. Sono troppo buono. Ma non ho intenzione di migliorare il mio voto. XP



63. Ti conosci bene?

Meglio di quanto conosca gli altri, credo.



64. Quanta auto-stima hai?

Smisuratamente troppa.



65. Dove vorresti essere?

Non che qui stia male, ma non credo mi dispiacerebbe stare spaparanzato a scaldarmi davanti a una stufa in una casetta di legno in montagna, mentre nell'aria si spande il profumo di qualcosa di buono in pentola, e fuori dalla finestra nevica di brutto...



66. Con chi?

Oh non faccio grandi preferenze, ma certo se la compagnia è femminile, simpatica e intelligente non mi dispiace...



67. Cosa desideri più di ogni altra cosa?

Quello che desiderano tutti gli uomini.






 

 




...la felicità.

...cosa pensavi, malizioso che non sei altro???



68. Credi nel destino?

Solo se anche lui crede in me



69. Nelle carte?

Solo in quelle da briscola



70. Negli oroscopi?

Si. Anzi ne sono sicuro. Che sono un ottimo modo per spillar soldi.



71. Che ascolti?

Il ronzio delle ventoline del PC



72. Hai più cd originali o più masterizzati?

Ma stai scherzando? Originali, perdinci! Spenderei una fortuna se mettessi su CD tutta la musica che scarico!



73. Meglio il mc'Donalds o la cucina della mamma?

Cucina della nonna



74. Come vedi il tuo futuro?

Aspettando che arrivi



76. Che soddisfazione vorresti prenderti?

Quelle che sarò in grado di prendere



77. Hai un porta fortuna?

No. Ma ho tanti porta-sfiga, se preferisci.



78. Basket o calcio?

Sumo. Coi pollici.



79. Mare o montagna?

Montagna, ovvio. Ho sempre detto che sono un montanaro nato per sbaglio nel bel mezzo della pianura padana.



80. Cane o gatto?

Esseri umani, no eh?



81. Viaggi spesso?

Se viaggiassi un po' di più, potrei anche considerarmi pendolare con destinazione variabile...



82. Quale paese del mondo preferisci?

Ah il mondo è ancora diviso in paesi?



83. Credi nel detto LA DISTANZA UCCIDE L'AMORE?

Credo nel detto "non fidarti dei detti"



85. Rock o pop?

Non è la stessa cosa, ormai?



86. Concerto o discoteca?

Concerto. Meglio ancora se sei sopra il palco.



87. Cosa pensi della droga?

Che ne faccio volentieri a meno



88. Cos'è che ti piace di più del Natale?

I pensieri che ogni tanto mi riesce di regalare. E le montagne di roba buona da mangiare, ovviamente!



89. Preferisci regalare o ricevere regali?

Ricevere il piacere di quelli a cui ho fatto regali...



90. Il regalo più bello che hai ricevuto da Babbo Natale?

La Marmot e il sacco a pelo potente. Però devo reclamare per un grave disservizio, me li sono dovuti andare a prendere io!



91. Un messaggio importante per tutti:

Naa... Ci sono già troppi "messaggi importanti" in giro. Ognuno può scegliere quelli che gli piacciono di più.



92. Come ti reputi (aggettivi)?

Cerco di non reputarmi proprio.



93. Come ti reputano gli altri (aggettivi)?

Saranno ca**i loro.



94. Cosa vorresti essere un domani?

Dio.
No dai scherzo.
Mi accontento di essere suo Figlio.



95. Sceglierai il tuo lavoro per passione o per denaro?

Passione. Non c'è bisogno di troppi soldi per godersi la vita.



96. Hai un tuo "sogno nel cassetto"?

Più che cassetto, magazzino direi.



97. Lo aprirai mai questo cassetto?

Pago una squadra di addetti per portare avanti e indietro i miei pazzi progetti...



98. Ami la tua famiglia?

Mi hanno messo qui al mondo, e fatto diventare quello che sono. Amare credo sia il minimo!



99. Hai intenzione di fartene una un domani?

Non mi dispiacerebbe



100. Conosci le tue più antiche origini?

No, ma non mi risulta che nessun uomo abbia ancora scoperto come è avvenuto il Big Bang.



101. Cosa ne pensi di chi non fuma, non beve, nè ama vestirsi di marca?

Che ha una buona probabililità di vivere sano, semplice e felice.



102. Cosa ne pensi di chi NON fuma, Ma beve e ama vestirsi di marca?

Che saranno ca**i suoi



103. Cos'è per te la morte?

Una nuova sconosciuta avventura



104. Cos'è per te l'amicizia?

Il modo in cui si affrontano le avventure



105. Hai dei valori e degli ideali?

No, guarda. Ho una bandiera della pace come immagine personale solo perché va di moda...



106. Come ti piacerebbe morire?

Io cerco di vivere come mi piacerebbe, lascio volentieri al Padreterno il compito di organizzare la mia morte.



107. Meglio la compagnia o la solitudine?

Compagnia! Ma non tutti in una sola volta, grazie...



108. Sei stato sincero nel rispondere?

Q.B.