domenica 21 novembre 2010

La destra che vorrei


"Per la destra è bello, nonostante tutto, essere italiani perché è un piccolo privilegio, perché a Milano come a Palermo la nostra patria ha un patrimonio paesaggistico e culturale che il mondo ci invidia. Anche per questo, anche nel 2010, essere di destra vuol dire innanzi tutto amare l'Italia, avere fiducia negli italiani, nella loro capacità di sacrificarsi, di lavorare onestamente e pensare senza egoismi al futuro dei propri figli, di essere solidali e generosi, perché per la destra sono generosi innanzi tutto i nostri militari che in Afghanistan ci difendono dal terrorismo, come lo sono le centinaia di migliaia di nostri connazionali che ogni giorno e gratis fanno volontariato per aiutare gli anziani, gli ammalati, i più deboli.

La destra ritiene solidali e quindi meritevoli di apprezzamento le imprese e le famiglie che danno lavoro agli immigrati onesti, i cui figli domani saranno anch'essi cittadini italiani perché la patria non è più solo terra dei padri. Ma oggi nel 2010, per crescere insieme, per essere davvero unito, per sentirsi una comunità nazionale, il nostro popolo non può confidare solo sulla sua proverbiale e generosa laboriosità, gli italiani hanno bisogno di istituzioni politiche autorevoli, rispettate, giuste. Per questo destra vuol dire senso dello Stato, etica pubblica, cultura dei doveri. Per la destra lo Stato deve essere efficiente ma non invadente, deve spendere bene il denaro pubblico senza alimentare burocrazie e clientele, per la destra è lo Stato, solo lo Stato che deve garantire che legge è uguale per tutti, che deve combattere gli abusi e il malcostume, deve valorizzare l'esempio degli italiani migliori. Per questo bisognerebbe insegnare fin dalla scuola, ai più giovani, che due magistrati come Falcone e Borsellino sono davvero eroi perchè sarà grazie al loro sacrificio che un giorno la nostra Italia sarà più pulita, più libera, più bella, più responsabile, attenta al bene comune, più consapevole della necessità di garantire che chi sbaglia paga, prima o poi, e chi fa il suo dovere viene premiato.

La destra sa che senza autorevolezza e buon senso delle istituzioni, senza l'autorità della legge, senza una democrazia trasparente ed equilibrata nei suoi poteri non c'è libertà ma solo anarchia, prevalenza dell'arroganza e furbizia a tutto discapito dell'uguaglianza dei cittadini. Per la destra l'uguaglianza tra i cittadini deve essere garantita nel punto di partenza, al Nord come al Sud, per gli uomini come per le donne, per figli degli imprenditori come per i figli degli impiegati e degli operai. Da questa vera uguaglianza delle opportunità la destra vuol costruire una società in cui il merito e le capacità siano i soli criteri per selezionare una classe dirigente. La destra vuole un paese in cui chi lavora di più, e meglio, viene pagato di più, un paese in cui chi studia va avanti, in cui chi merita ottiene maggiori riconoscimenti.

Insomma la destra vuole un'Italia che ha fiducia nel futuro perché a ben vedere ha fiducia in sé stessa. E non la dobbiamo costruire dal nulla, questa Italia migliore: c'è già: dobbiamo far sentire la sua voce, la sua voce profonda. E anche questo è il compito della destra."

Devo dire che quando ho sentito Fini leggere questo, a Vieni via con me lunedì scorso, mi è venuta un po' di nostalgia. Nostalgia di un "avversario" politico, una destra, come quella che per me da piccolo era impersonata da mio nonno, da Zio Paperone (lo Zio Paperone del volume di Don Rosa, molto più significativo che quello che appare nei Topolino...), una destra di cui posso capire i valori, e perché no, in parte condividerli.

E forse, Fini, nel tentativo di rendere apprezzabili da tutti i valori che proponeva, è stato anche molto 'morbido': io non avrei problemi a capire e ad accettare una destra che riproponesse il "Dio, Patria e Famiglia" che, anche se macchiato del ricordo dei misfatti di chi ne ha abusato, nel suo significato originario non ha nulla di negativo in sé.

Una destra che difende la tradizione, e il suo significato, come componente della cultura; non una destra che cambia ogni giorno le carte in tavola, che sforna continuamente nuove entità senza storia.

Una destra di persone che esigono da sé stesse e dagli altri il rispetto e la devozione verso il proprio paese, che è pronta a difenderlo coi denti, se necessario.

E sul piano economico, mi immagino una destra che chiede soprattutto libertà di mercato, libertà contrattuale e libertà burocratica: che vuole delle campagne dove ognuno può produrre tutto il latte che vuole ed ha le capacità di produrre, città dove non sia necessaria una laurea in economia e commercio per aprire un bar, dove sia chiaro cosa posso e cosa non posso fare.

E un mercato libero nel senso che chi fa cose migliori è premiato, dove le importazioni siano regolate non per mero protezionismo ma esigendo che i produttori si prendano le stesse responsabilità sociali e ambientali richieste in Italia.

Ecco, con questa destra penso che discuterei volentieri, credo che si potrebbe davvero provare a costruire insieme l'Italia, invece che scannarsi e insultarsi.

Eppure, questa destra, quella della "lista dei valori" di Fini, io politicamente oggi non la riesco a vedere. Non certo nel Popolo delle Libertà, forse un pochino nella Lega, se fondasse le sue idee meno sul razzismo e più sulle tante battaglie, anche condivisibili, di difesa del territorio, della cultura e della famiglia.

Ma forse mi sbaglio, e quella che immagino io non è la vera destra; forse la vera destra è quella impersonata da Berlusconi, forse è quella che ha come valore la falsità, il "tutto in fondo è lecito, basta essere furbi", la prevaricazione del più ricco sui più deboli. Insomma, la legge del più forte.

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