giovedì 27 giugno 2013

Notte prima degli esami



- DLIN DLON -

Le porte automatiche si aprono e il trenino mi scarica nella stazioncina di un anonimo paesino di fondovalle: giusto una tettoia, un pannello degli orari e una saletta di aspetto, al pianterreno di una casa privata.

Non ho idea di dove andare, ma di solito ho un istinto abbastanza affidabile, così mi lascio guidare da lui. Seguo la ciclabile lungo un bianchissimo ponte pedonale, un sottopasso, una rotonda ed eccomi: il viale alberato mi porta nella mitica cittadella della scienza agroecologica, l'inaccessibile eldorado dei giovani naturalisti.

Mi affaccio alla porta del primo edificio che trovo, e chiedo indicazioni alla prima persona che incontro: dopo avermi fissato, interdetta, per un po', mi consiglia di rivolgermi alla porta sull'altro lato. Qui semino il panico nel primo ufficio a cui busso: dopo vani tentativi di contattare telefonicamente chi di dovere, la mia interlocutrice perde definitivamente le speranze di poter riprendere in breve tempo l'urgentissima conference call che ho interrotto, e mi accompagna nell'ufficio del supremo direttore. Finalmente sembra che qualcuno abbia un'idea del motivo per cui sono qui, e insieme ad una grande e scintillante cartelletta che illustra le recenti scoperte scientifiche del centro di ricerca, mi vengono consegnate anche le chiavi della foresteria. Un altro ricercatore tenta anche di spiegarmi come raggiungerla, questa foresteria, e io mi avvio fiducioso nella direzione indicatami.
Passeggio lungo la sterrata in mezzo ai vigneti, circondato dalle montagne; qua e là vedo qualche ricercatore intento ad installare impianti di monitoraggio tra i filari di uva, qualche trattore che sale con un rombo regolare, un treno in lontananza che serpeggia lungo la valle... Finché non mi accorgo che, probabilmente, la foresteria l'ho oltrepassata da un pezzo.

Ritorno indietro seguendo un'altra strada, e stavolta il mio istinto si comporta bene, perché entrando in un edificio che potrebbe avere l'aspetto di una foresteria le mie chiavi riescono, a fatica, ad aprire la porta.
Faccio così conoscenza con le nuovissime stanze tutte in legno, la grande e moderna cucina piena delle provviste lasciate dai precedenti ospiti, le finestre ad apertura automatica telecomandata, e soprattutto del primo dei miei compagni di avventura: un ragazzo malese, che ha studiato la "filogenesi" dei linguaggi umani in America e nel Regno Unito.
Mentre mi chiedo come abbia fatto lui, senza conoscere una parola di italiano, ad arrivare senza problemi ad una foresteria che a momenti io non trovavo, ritorno fuori per andare incontro al terzo "concorrente" di questa selezione, appena arrivato in treno da Roma.
Ricominciamo insieme il pellegrinaggio degli uffici: dopo un paio di rimbalzi, ci troviamo di nuovo davanti alla suprema direzione, solo che stavolta l'ufficio è deserto. Mentre aspettiamo che qualcuno ci consegni le chiavi, facciamo conoscenza di due ragazze in tenuta da escursione, anche loro lì in attesa: la prima è un'altra concorrente, una giovanissima montanara padovana, la seconda è una sua amica portoghese che per uno scherzo del destino è capitata ospite in Italia proprio nei giorni del colloquio.
Giusto per non farci notare, bivacchiamo tranquillamente seduti nei corridoi, finché qualcuno non ha pietà di noi e si decide a darci le chiavi.

Raccolto anche il quinto partecipante, un ragazzone polacco alto e biondo, ci organizziamo per la cena, e causa un disguido rischiamo di passare per mangiapane a ufo: dopotutto, difficile credere che alcuni ragazzi disfatti per il viaggio, in pantaloncini corti, con zaino e chitarra sulle spalle, che si presentano ad un rinfresco dei pezzi grossi della fondazione, siano i candidati ad un dottorato in cerca della cena preparata per loro...

Bene o male riusciamo ad arrivare alla cena, e anche al dopocena in una piccola enoteca di paese. Verso le dieci siamo tutti e sei (il polacco, il malese, la portoghese e i tre italiani) seduti sulla pista ciclabile sull'argine a cantare, ognuno nella sua lingua, le canzoni dei cartoni Disney alla luce della torcia di un cellulare.
Il giorno dopo saremo di fronte ad una commissione di ricercatori che dovrà decidere del nostro futuro, ma quella notte di fronte a noi c'è solo qualche coppietta nascosta nel buio, l'Adige, i vigneti addormentati e la sagoma delle montagne contro il cielo.

lunedì 3 giugno 2013

Sette mesi

Sette mesi...
...di sveglia alle sei e mezza (più o meno) come a scuola; sette mesi di vetrini, becher e pipette da lavare. Di un laboratorio dove ci sono millecinquecento piastre Petri, e niente agar per i terreni con cui riempirle; dove ci sono cinquanta provette da batteriologia e un unico, malconcio tappo.
Sette mesi tra bottiglie sconosciute e microscopi vecchi e nuovi. Tra milleduecento adolescenti e sei professori di scienze.
Di odore di agar pieno di ricordi, dei riflessi del metilarancio e della soddisfazione di saper ancora aprire una provetta con una mano sola.
Sette mesi a chiedersi un po' quanto ti stanno prendendo in giro un po' quando sono entusiasti di quello che fanno. E ad accorgersi che la maturità non c'entra niente con l'età.
A maledire le cipolle nove volte su dieci, e la decima sentirsi di aver realizzato qualcosa di un po' magico quando nell'oculare compaiono i cromosomi, blu come se fossero su un libro...
Sette mesi di un camice bucato dall'acido, e di un paio di guanti gialli.
Grazie, di tutto.
E arrivederci