lunedì 22 settembre 2008

Rotolando verso Sud


E' buffo come quella che potrebbe essere stata la più bella vacanza (in senso stretto) che abbia mai passato sia nata da una proposta della signorina Cannucciari Giorgia dopo l'ennesima serata passata a scannarci sui vantaggi e sull'impossibilità di fare una route in canoa.
Ma buffo o meno, fatto sta che dopo un tempo di preparazione decisamente irrisorio rispetto a quello impiegato da tutto il clan per la route, alle 6:25 di mattina del 9 agosto 2007, in via d'Azeglio a Parma, scattavo questa foto ai miei quattro compagni di viaggio e alla Fusion non ancora del tutto carica di bagagli.
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La prima tappa non comportava parecchia strada, in teoria: si trattava di fermarci al primo bar aperto per far colazione. Non so se quel giorno a Parma tutti i bar fossero chiusi, o noi fossimo troppo addormentati, fatto sta che il primo bar aperto era una bettola per camionisti poco schizzinosi in una località indefinita tra Pontetaro e l'A15.
Così rifocillati, siamo ripartiti verso sud, alla volta della Toscana, che ci avrebbe ospitato per la prima parte della nostra vacanza. Due ore dopo, con i crampi per le posizioni assurde a cui eravamo costretti dai bagagli che tenevamo fin sulle ginocchia, ci siamo fermati alla vista del primo mare per sgranchirci le membra.
mare
scogliera
Le nostre scarse conoscenze geografiche della Toscana ci fecero immediatamente collegare la presenza del mare con la vicinanza della nostra meta. Peccato che quest'ultima, il tombolo della Giannella del monte Argentario, fosse più o meno esattamente dall'altra parte della Toscana. E ora sappiamo che la Toscana è decisamente lunga.
Infine, dopo esserci annoiati con un altro paio d'ore di scorci per i quali un giapponese pagherebbe 37 anni di stipendio, abbiamo avvistato il Veliero (ovvero quello che sarebbe stato il nostro camping), e parcheggiato da bravi italiani in tripla fila davanti all'ingresso, in attesa di ottenere quel rettangolino di carta plasticata che permette il libero passaggio di uomini, cose e mezzi dentro e fuori quella distesa di tende, pini marittimi e casette di legno.
Distesa di ragguardevoli dimensioni, considerato che l'omino-guida ci ha portato alla nostra piazzola in bicicletta, ma per fortuna ci avevano riservato un posto abbastanza vicino ai bagni. Avremmo dovuto scavalcare solo qualche dozzina di tende, invece che qualche centinaio come i più sfortunati.
Essendo una vacanza, nessuno aveva intenzione di fare fatiche non necessarie, aggiungeteci il viaggio, e il fatto che dal camping alla spiaggia ci fosse la distanza che va da un lato all'altro della strada, si può ben capire dove e come abbiamo passato il resto della giornata.
Per la cena, però, decidemmo di concederci un po' di più di un pasto sul fornello a gas: grazie a un cartellone pubblicitario che diede l'idea, la serata passò sui tavoli della sagra del pesce di Albinia, e dopo un'abbuffata di dimensioni ragguardevoli, e numerosi giri di "non ho mai" (tristemente vinti dal sottoscritto - o persi, a seconda di come uno intenda la vittoria), i cinque amici ora allegri si sono fatti un giretto per il paese, scoprendo un'ironia non comune dalle nostre parti:
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somari
Essendo ormai giunta la mezzanotte, e con essa il sonno, vi saluto, lasciando il resto del racconto alla prossima volta che avrò voglia di scrivere!

lunedì 25 agosto 2008

Dopo una settimana a Canale d'Agordo

Credo di essere stato molto fortunato ad avere come parroco don Francesco.

E' vero, sarà peso, fa dei discorsi che quando cerca di essere semplice, gli adulti fanno fatica a seguirlo; ma almeno parla come uno che cerca di spiegarti qualcosa che ha scoperto e di cui è convinto, e non come uno che ti vuole vendere la fede.

Se da metà delle discussioni esco senza averle comprese nemmeno a metà, e se magari mi incavolo perché no, secondo me così è sbagliato; almeno non mi rimane quell'amaro che mi lascia chi fa finta di capire i giovani, che gioca con le parole mettendoti in bocca le sue.

E apprezzo molto l'impressione che mi dà di essere in gita anche e soprattutto per rilassarsi e passare del tempo: molto meglio di uno che sembra un infiltrato che sfrutta momenti divertenti per portare anime dalla sua parte.




E poi, alla fine in macchina non va così forte.

giovedì 26 giugno 2008

Sviluppo sostenibile


Ciclo energetico
Una regola dello sviluppo sostenibile stabilisce che un'economia deve risparmiare abbastanza da poter compensare il deprezzamento del capitale fabbricato dall'uomo e del capitale naturale. (Pearce e Atkinson, 1992)
Come?? Cioè, se sfruttiamo l'ambiente fino a danneggiarlo, basta che poi risparmiamo un po' di soldi per compensare il danno ed è uguale?
Citando il capo Seattle, quando l'ultimo albero sarà abbattuto e l'ultimo fiume prosciugato, ci accorgeremo che il denaro non si può mangiare!!!
La realtà, almeno per quello che i miei 21 anni mi hanno dato di capire, è ben diversa.
L'ambiente - che è molto di più del parco dove andiamo a passeggiare, nonostante anche quella sia una necessità sottovalutata - ogni anno rifornisce il Pianeta con una certa quantità di risorse: prende l'energia dal sole e con questa trasforma e "carica" energeticamente la materia, restituendoci cereali, frutta, verdura, legname, acqua, vento, animali, combustibili fossili (eh sì anche questi sono rinnovabili, nel lunghissimo periodo) eccetera...
Noi, dal Pianeta, preleviamo queste risorse ad alto contenuto energetico, le trasformiamo secondo le nostre necessità, le utilizziamo (liberandone l'energia contenuta), e le restituiamo all'ambiente come materiali a basso contenuto energetico, cioè rifiuti.
Il ciclo si chiude con l'ambiente che degrada i nostri rifiuti, trasformandoli e "caricandoli" energeticamente, fino a farli tornare risorse utili.
E questo funziona perfettamente, finché la quantità di risorse che preleviamo dal pianeta non supera la quantità di risorse che l'ambiente fornisce ogni anno, e la quantità di rifiuti non supera la capacità dell'ambiente di assimilarli.
Il problemi, oggi, sono due: primo, stiamo superando queste quantità, secondo, stiamo danneggiando l'ambiente, che quindi riesce a produrre meno risorse e assimilare meno rifiuti!
Il risultato è che, prelevando più risorse di quelle che vengono rigenerate, le riserve accumulate in miliardi di anni si esauriscono (pensate solo al petrolio, che è una riserva di energia accumulata in centinaia di milioni di anni, e che noi in meno di un secolo già abbiamo dimezzato!); dall'altra parte, generando più rifiuti di quelli che vengono assimilati, questi si accumulano, danneggiando noi e l'ambiente.
E' vero, riciclare migliora la situazione, ma attenzione: il riciclaggio non è un sostituto dell'ambiente!!!
E questo per la famigerata seconda legge della termodinamica: se possiamo riutilizzare la materia, non siamo capaci, in nessun modo, di riutilizzare l'energia. Ogni passaggio, ogni trasformazione che operiamo sulla materia, perdiamo un po' di energia. Questo va bene finché il totale dell'energia utilizzata e dispersa non supera l'energia che l'ambiente è capace di fissare dalla luce solare nella materia, oltre andiamo in rosso.
Il riciclaggio dà un po' di respiro all'ambiente, diminuendo la quantità di rifiuti che deve smaltire, ma un'economia sostenibile deve anche, e soprattutto, preoccuparsi della quantità di risorse che preleva dal Pianeta.
Un modo per limitarle è migliorare l'efficienza di tutti i nostri processi, cioè sprecare meno energia.
L'altro modo è decrescere.
Se sappiamo che la quantità di risorse che l'ambiente ci da è fissa, come pensiamo di potersvilupparci all'infinito??? Se addirittura sappiamo che siamo già in rosso da decenni, e stiamo addirittura esaurendo le riserve, è indispensabile invertire la tendenza dello sviluppo!!!
E di modi ce ne sono tantissimi, senza necessariamente stare peggio. Prima di tutto, ridurre i passaggi che le risorse subiscono per arrivare a noi. Ad ogni passaggio si sprecano risorse ed energia, quindi meno passaggi ci sono meglio è!
Ok, mi fermo perché altrimenti credo che andrei avanti all'infinito...
Alla prossima, e buona decrescita a tutti!

sabato 14 giugno 2008

Pioggia


Sarà che ogni tanto le previsioni ci azzeccano.

Sarà che la prima canzone che abbiamo cantato era "In un giorno di pioggia".

Sarà perché bagnato fa rima con fortunato (ma anche con sfortunato).

Fatto sta che più acqua di così l'ho presa poche volte. Il Challenge era una di queste.

In realtà, siamo partiti da Parma mercoledì mattina con il sole, e siamo tornati a Parma ieri pomeriggio con il sole: è stato tutto il sole che abbiamo visto in tre giorni.

Già ad Auronzo, durante una sosta ufficialmente di un quarto d'ora (che è poi diventata di mezz'ora, con mezzo pranzo allegato) a darci il benvenuto nel Cadore è stata una simpatica pioggerellina. Era gentile però: fine fine, non voleva spaventarci troppo evidentemente.

Si è riproposta, un po' più decisa, un paio d'ore dopo, ma non ha potuto fermare lui, il Boss, l'Onniscente mente botanica dell'Università di Parma, il prof. Marcello Tomaselli, dal declamare il nome di ogni singolo fiorelllino della foresta di Somadida. Ma grazie a lui, ora, anche gli studenti del secondo anno di Scienze Ambientali, del terzo di Biologia Ecologica e del primo di Conservazione della natura sanno che la Cypripedium calceolus, anche detta Scarpetta della Madonna (la Madonna lascia in giro tante cose nei prati italiani!) è la più bella orchidea spontanea d'Italia. E saranno pronti a portarsene via una la prossima volta che la troveranno.
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Se poi abbia continuato a cadere tutta la notte, la pioggia, non lo so. Sinceramente, suonando e cantando i Modena o l'Alleluia delle lampadine al caldo dell'albergo, non me ne poteva importare di meno. So solo che il mattino dopo, in Val Visdende, ha voluto darci una tregua. Abbiamo addirittura visto squarci di cielo azzurro: quasi quasi non credevamo ai nostri occhi.
Devo dire che le possibilità didattiche non mancavano, anzi, c'era davvero l'imbarazzo della scelta di quale posizione tenere nel serpentone umano (di una lunghezza variabile a seconda della pendenza della strada e della quantità di specie vegetali davanti alle quali fermarsi): se di fianco al "forestale grosso", vera miniera di scienza boscaiola condita con un pizzico di campanilismo montanaro; o insieme alla giovane forestale bionda nonché campionessa di ski-roller e di cucina con le erbe di montagna, o più in fondo, al seguito di Tomaselli (in questo caso si consiglia block notes, penna e mano svelta).
Essendo tutti universitari, grandi e vaccinati contro il buon senso, la meta della camminata era lasciata grosso modo a discrezione individuale, così che una metà del gruppo, dopo la seconda sosta, decise di aver visto abbastanza montagna e di aver voglia del caro vecchio pullman, mentre gli impavidi restanti affrontarono una difficilissima salita di addirittura una cinquantina di metri di dislivello per - forse - mezzo chilometro di lunghezza fino alla rinomatissima e universalmente conosciuta Malga Campobon, sede di un bivacco dotato di ogni moderna comodità, come stufa a legna, tavolo e panche. La visita (auto)guidata al bivacco durò poco, dato che tregua idrica cessò rapidamente, e il cielo iniziò allegramente la sua opera di innaffiamento.
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Devo ammettere, però, di dover ringraziare la pioggia. I pantavento infangati, la Marmot grondante, i guanti fradici, sono ben poco prezzo per un'ora passata a camminare sotto la pioggia cantando De André, i cartoni animati e i bans della scuola materna!
Naturalmente il tornare ogni pomeriggio in un albergo riscaldato e dotato di doccia aiuta molto a sopportare il maltempo. Aiuta ancora di più se è dotato di una vasta cantina e di un sommelier desideroso di far conoscere i suoi gioielli agli ospiti. Credo che la gentilezza del sommelier sia stata ripagata, perché quella sera ho visto molte carte dei vini girare per i tavoli...
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Venerdì era il giorno del ritorno, e naturalmente la pioggia non poteva non salutarci vivacemente, mandando a monte la visita per la quale un laureando si era fatto la gita insieme a 4 professori e a gente sconosciuta, e regalandoci un giro turistico alle torbiere (leggasi "Indiana Jones nelle paludi della morte") con tanto di sperimentazione in prima persona di che cosa significa essere uno sfagno (che, per chi non lo sapesse, non è una scrittura errata di "stagno", ma come affinità idrica ci assomiglia molto).
Dolomiti 114
Ora stacco, tra otto ore mi aspetta una bella camminata in montagna. Le previsioni mettono pioggia, naturalmente.

giovedì 29 maggio 2008

"Non è qui, è risorto, e vi precede in Galilea!"


E' come "sono tornato a casa", e vi aspetto là.
E' la risposta alla domanda:
"Could we start again, please?"
Ed è un .
Uno di quei sì sorridenti che ti fanno scoppiare in lacrime di gioia.
Dopo la grande avventura, le sfide, le lotte, le paure, e lo stupore per un lieto fine inaspettato, si torna a casa.
Lui è già là: in quel posticino di provincia dove tutto è cominciato. Potrebbe essere Gavazzo, Sasso, il lago Acuto.
E una volta ritrovati tutti insieme, mangiato e bevuto ricordando tutto ciò che è passato,
si riparte: incomincia una nuova avventura.

sabato 5 aprile 2008

Ragazzi al centro


Mettere al centro il ragazzo significa lasciare che sia lui a decidere il momento migliore per impadronirsi delle briglie (e a quel punto lasciargliele), invece che obbligarlo a ingurgitare l'amaro calice del potere quando non se la sente.
Penso a quelle situazioni in cui un capo dice, magari a un noviziato: "Ecco, ora tocca a voi. Siete padroni del programma. Scegliete cosa fare quest'anno...". E trascorsi alcuni minuti, davanti al loro imbarazzato e prolungato silenzio, gli vibra la mascella e comincia a inveire: "Ma come. Ora che potete fare cosa volete, non sapete cosa fare?".


Fabio Geda - Proposta educativa 1/2008
Ecco, è quello che non ho mai trovato le parole per dire in Clan.