venerdì 21 dicembre 2007

Neve d'agosto

Racconti d'Estate - Parte III - Giorno 5 (e mezzo)

Quel 2 agosto 2007, per quei sedici ometti accampati dietro la cappellina del passo Giau, cominciò tutto sommato come ci si aspetterebbe che cominci un normale giorno di route: suono di numerose sveglie prima che qualcuno di decida a uscire dal sacco a pelo, viaggio alla fontana (anzi, alle fontane, vista la quantità di casette fontana-munite nelle immediate vicinanze) per spettegolare dei pettegolezzi della notte e far vedere quanto siamo machi a lavarci con l'acqua gelata nell'aria gelata di una mattina dolomitica; a seguire poi colazione (preparata e gustata con la doverosa flemma di chi ancora si deve svegliare del tutto), e infine smontaggio tende (magari sulla testa di chi non è ancora arrivato alla decisione di uscire dal sacco a pelo).

Ci rendemmo conto, però, che quella non sarebbe stata esattamente una normale giornata di route (come se ne esistessero...), quando raccogliendo gli svariati oggetti dimenticati qua è la, qualcuno si accorse che uno di questi era il nostro CapoClan, vestito come per una spedizione al polo, che si rifugiava dal sole nella sottile fetta d'ombra proiettata dalla cappellina. Con la grande esperienza medica di un affermato perito chimico, gli massacrai il collo nel tentativo di controllare che il cuore facesse il suo dovere, e sentenziai infine (dopo aver desistito nella ricerca della carotide e preso i battiti al polso) che 90 battiti al minuto non erano certo una cosa di cui preoccuparsi. Dopotutto io avevo spesso e volentieri superato i 100, senza per questo essere passato a miglior vita, no?

Ma le mie rassicurazioni non devono essere state una cura efficace, perché il paziente continuava a manifestare incapacità di compiere grandi sforzi (come quello di alzarsi in piedi) o di esporsi ad estreme condizioni ambientali (come la luce solare). Nonostante tutto, rimaneva sempre il nostro CapoClan, e un CapoClan non perde mai la sua autorità: constatato che non era consigliabile mettere alla prova l'invincibilità scout proseguendo la route con il resto del Clan, prese in mano la situazione (ovvero il cellulare) e dopo un'accesa diatriba convinse quelli del 118 che non c'era bisogno dell'elicottero ma bastava un'ambulanza.

L'ambulanza arrivò, guidata da un autista che spense il motore numerose volte nel parcheggio del rifugio, e un infermiere che soffriva il mal d'auto, si infilò nella stradina sterrata che portava verso il nostro accampamento, e caricò il Dani, in qualità di paziente principale, Dede, in qualità di paziente imbucato (il suo stomaco continuava ad essere in sciopero, e non avrebbe certo rifiutato un passaggio gratis all'ospedale), e la Saretta in qualità di CapaClan per Dede, di antinausea per l'infermiere con il mal d'auto, e di infermiera per lo Zivi data l'oggettivo ostacolo all'efficienza del suddetto infermiere.
Sempre la Saretta, in quei concitati istanti di caricamento dell'ambulanza, fece appena in tempo a mollarmi 400 euri e gridarmi un <<Prendete il pullman per Cortinaaa!!>> (che è un po' la versione moderna di <<Fuggite, sciocchi!>>), prima che l'ambulanza si lanciasse nella sua nauseante corsa giù lungo gli innumerevoli tornanti della Val Codalunga.


Fu così che ci trovammo soli, abbandonati dai nostri capiclan, sperduti in mezzo alle montagne - beh, oddio, se si può dire di essere sperduti in un parcheggio su una strada che gareggia con l'A1 in fatto di traffico - e, guarda un po', in 13.
Un po' sperando di negare questa curiosa evidenza, un po' per la tensione che porta ad essere fin troppo prudenti, continuavamo a contarci e ricontarci, fino all'arrivo della corriera, e dei cancheri dell'autista non troppo contento di trovarci, da bravi italiani, ad aspettarlo nel bel mezzo di un tornante.
Per fortuna l'autista era di quella rara specie di autisti simpatici, che ti perdonano subito e, addirittura, se hai una chitarra ti esortano anche a cantare, per rendere un po' meno monotona la tratta che percorrono tutti i santi giorni dell'anno. Noi la chitarra l'avevamo, e anche tanta voglia di cantare: credo di aver sentito di rado il clan cantare con così tanto entusiasmo, per poi piombare in un assoluto silenzio fremente di tensione ogni volta che un cellulare squillava, e infine unico, lungo sospiro di sollievo alla notizia che, almeno, i due ricoverati erano ancora in grado di intendere e di volere.

Il nostro CapoClan, che nonostante tutto rimaneva il CapoClan anche dal letto dell'ospedale, esercitando le sue funzioni a distanza ci comunicò quello che sarebbe stato saggio fare: e cioè proseguire la route, ma saltando una tappa e anticipando l'ultima notte (quella in rifugio) di un giorno, ovvero quella sera stessa. Arrivammo così a Cortina d'Ampezzo, la capitale delle vacanze snob, circondata dalle montagne più fotografate d'Italia e immersa nello smog e nel traffico di una metropoli, e da bravi scout ci piazzammo a bivaccare nel primo parco giochi che ci capitò davanti, a discutere sul da farsi.


Non è mai stato facile discutere sul da farsi, nel nostro Clan. Non lo è mai stato nei lunghi mesi prima delle routes, nella comodità cittadina; non sarebbe certo migliorata la situazione in un parchetto di Cortina, spossati dalle notti in tenda e dallo stress delle ultime ore, e con pochissimo tempo per decidere se prendere la corriera che di lì a poco sarebbe partita per il Falzarego, o quella che ci avrebbe portati verso Parma. Aggiungeteci il rifugio che, nel caso, avremmo dovuto chiamare per anticipare la prenotazione, i soldi che nessuno sapeva se sarebbero bastati o no, l'ultima tappa che avremmo dovuto scegliere se fare a piedi o in funivia, l'alieno che si era stabilito nella fronte della Gio, e potete ben immaginare il caos che regnava sovrano.

Chissà come sarebbe andata a finire se Simo, superato il limite della sopportazione, non si fosse alzato davanti a tutti esclamando <<Basta! Dichiaro qui la fine della route! La fine dell'essenzialità!>>. Non era davanti alle porte di Moria e non aveva detto <<Mellon!>>, ma l'effetto non fu da meno: di colpo un senso di libertà avvolse tutti, e come quando nei cartoni, dopo che supereoe sconfigge il supercattivo, anche la vecchina ritrova la sua gattina Fuffy, riuscimmo ad incastrare tutte le cose - la notte al rifugio fu anticipata, i 900 euri di spesa preventivati per il resto della route vennero trovati (frugando in tutti i portafogli di chi non era stato così ligio all'essenzialità da non portarne), fu presa la corriera per il Falzarego e la funivia per il Lagazuoi.


Image Hosted by ImageShack.usLassù, su quella spiaggia di pietra a 2700 metri su un mare di cielo, forse un po' per l'aria rarefatta, forse un po' per il senso di sollievo che viene dal sapere che non ti rimane più niente da dover decidere, non camminavamo nemmeno, saltavamo, correvamo, e i nostri angeli custodi avranno chiesto non so quali aumenti al Boss per essere riusciti a non far cadere nessuno dall'orlo del baratro.
Davanti ad una calda cena annaffiata con rosso e amaro Lagazuoi, con le cime rosso fuoco nella luce serale proprio di là dal vetro delle finestre, dopo aver fatto i turisti nei tunnel della Grande Guerra e essersi lavati e scaldati tra le rassicuranti mura del rifugio, non potevamo che ridere di tutto, e in sopra tutto del Dani e di Dede a cui dovevano aver scambiato le cartelle cliniche, dato che il primo, che sembrava aver infilato un piede nella fossa, era stato dimesso, e il secondo per un banale mal di pancia gli era stata appioppata una flebo...


Il risveglio ci portò a gustarci un cappuccino guardando la neve turbinare fuori dalla finestra (il 3 agosto), e dopo qualche partita a carte - dopo una route senza carte causa essenzialità, il mazzo del rifugio fu una vera benedizione - ci imbarcammo, insieme a un gruppo di alpini, sulla prima corsa della funivia, giù verso il passo Falzarego. E lì, stretti su quel vagone appeso a un filo che scompariva nelle nuvole davanti e dietro di noi, con la neve e il vento che fischiava contro le pareti di vetro, cantanto "Al chiaror del mattin" con le nostre voci stonate insieme a quelle potenti degli alpini, terminò la nostra route.

...no, non cadde la funivia, per fortuna.
Credo che anche Signora Sfiga si stesse godendo un cappucino, tra una risata e una briscola insieme alla Dea Bendata.