sabato 3 novembre 2007

I ragazzi del tornante 19

Racconti d'Estate - Parte III - Giorno 4

Il 1° Agosto 2007 era l'Alba del Centenario degli scout: esattamente cento anni prima Baden-Powell inaugurava sull'isola di Brown Sea il primo Campo Scout.
Quel primo Agosto 2007, ovunque, nel mondo, gli scout si ritrovavano per celebrare quel momento: migliaia di scout di tutte le nazioni, al Jamboree, rinnovavano insieme la loro promessa; a Brownsea, lì sulla stessa isola di cento anni prima, altri scout commemoravano l'evento; a Roma, a Città del Messico, ad Atalanta, a Rio de Janeiro, sul Monte Kenya, a Hong Kong, sul Monte Fuji, a Sidney e in centinaia di altre città del mondo si tenevano grandi celebrazioni.

Anche nella piazzola-parcheggio di qualche ruspetta arugginita di una carraia forestale, nella stretta val Codalunga, poco sopra a Selva di Cadore, una quindicina di ometti in camicia blu (anzi maglione blu, viste le temperature), secondo un fuso orario tutto loro (dovuto alla dilatazione temporale conosciuta come effetto sveglia), e sotto gli occhi incuriositi di un operaio che armeggiava con un carretto a motore, celebravano la loro Alba del Centenario.

Ed è così che cominciava la nostra quarta giornata di route. Giornata che avrebbe segnato (più o meno letteralmente) diversi di noi, oltre che segnare una decisa svolta nel corso degli eventi.

La prima ad essere segnata fu la Gio. Non sappiamo tutt'ora a cosa fosse dovuto, chi tende a minimizzare sostiene un eccesso di sole, altri un eccesso di cremine che avrebbero reagito a vicenda con conseguenze disastrose, ma c'era anche spazio per l'ipotesi Alien o parassiti di qualche genere; fatto sta che, se non sbaglio già dal mattino, si ritrovò con una fronte che faceva a gara col mio bernoccolo del torneo di pallascout.

Ma dato che questa escrescenza cefalica non le limitava né le capacità motorie né (anzi, la potenziava) la capacità di lamentarsi (e tutti sanno che una camminata senza le lamentele della Gio non è una vera camminata), ci incamminammo per quella che, pur se divisa in due tratti dalla pausa pranzo, si prospettava come la salita più dura della route.
Tanti tornanti e tanto sudore dopo, ci giunse la notizia che non ci saremmo nemmeno potuti concedere la pausa pranzo: la corriera che risparmiava quella faticata a Dede e Simo si era dimenticata di lasciarli a metà strada ma li aveva scaricati direttamente alla meta finale della giornata. Pace, ci tenemmo la fame e la sete e continuammo a salire.

Naturalmente cercavamo di evitare di farci tutto il percorso sulla strada asfaltata con le moto che ci sfrecciavano di fianco: quando era possibile, tagliavamo per sentieri, più o meno battuti. Come quando per evitare un tornate ci siamo arrampicati su una parete di erba infangata, e quando finalmente, tra un impropero e l'altro, tutti sono arrivati in cima alla salita, ci siamo accorti di aver saltato proprio il tornante con la fontana.

Quella era una di quelle salite che "fanno selezione": infatti Dede e Simo, appostati nello stretto spazio dell'interno del diciannovesimo tornante della strada per il Passo Giau, quasi del tutto occupato da un casolare in semi-abbandono, ma con il grande pregio di avere una fontana, si sono visti arrivare man mano un camminatore,

Image Hosted by ImageShack.uspoi un altro,



poi altri due,



poi un ciclista che non centrava niente ma ogni tanto batteva un cinque a qualcuno,


poi un altro e via così.
E man mano che si arrivava si buttava lo zaino sull'erba e ci si lasciava trascinare dal peso. Per poi spostare tutto all'ombra dopo un minuto e venti secondi, quando il sole cominciava a essere un interlocutore scomodo.
Alla fine per fortuna sono arrivati tutti sani e salvi. Oddio, non esattamente. Salvi, sì, ma non tutti troppo sani: il Dani - si, proprio il nostro supremo Capo Clan già Signore dei Novizi - reduce da una congestione il giorno prima della route, cominciava ad accusare l'aver sostituito i quattro giorni di riposo prescrittigli dai medici con quattro giorni di route.
Probabilmente, nelle sue condizioni, dopo una salita del genere sotto un sole che cuoceva le uova nei nidi, viaggiava da un'allucinazione all'altra senza passare dal via; ma lui era il Capo Clan e non avrebbe certo mollato per una sciocchezuola del genere.
In effetti, amorosamente accudito dalla fidanzata sui prati fioriti in mezzo alle montagne più belle del mondo, magari uno ci prova a stare bene prima di dire "torniamo a casa".

Image Hosted by ImageShack.usDopo un pranzo che avrà avuto un impatto ambientale vertiginoso su quel povero fazzoletto di terra e quella povera fontana che si è bevuta tutti i nostri residui organici, ci siamo ammassati in quei 2 mq d'ombra, preparandoci a passare il pomeriggio a guardare i motociclisti passare:
arriva una moto, ci guarda, passa.
Arriva una moto, ci guarda, passa.
Arriva una moto, ci guarda, passa.
Arriva una moto, ci guarda, cade.
Il motociclista si alza, si riprende dalla botta, si rimette in sella e riparte.
Arriva una moto, ci guarda, passa.
...
...
E via dicendo.
Credo che Sorby le abbia anche contate. Ricordo qualcosa come un trecento e passa, verso metà pomeriggio.

Sei ore di nullafacenza davanti al cartello "19° tornante" sono state sufficienti per farci venire in mente (almeno ai più svegli) che quello non era un luogo troppo idoneo ad accogliere le nostre tende, così una spedizione partì per individuare un qualche straccio di terreno abbastanza piano e abbastanza largo da permetterci di non chiedere una antieconomica ospitalità al rifugio. La scelta cadde sulla piazzola dietro ad una cappellina nei prati sotto all'Averau, che aveva alcune indispensabili caratteristiche: era ampio appena a sufficienza da farci stare tutte le tende, era circondato da casette ognuna con la sua fontana, ed una siepe tattica lo nascondeva dalla vista del rifugio.
Il trasferimento di armi e bagagli dovette però essere rimandato a sera, causa pattuglia della forestale che decise di farsi un giro da quelle parti proprio quel pomeriggio.

Accertato che la jeep verde mimetico non fosse più in zona, abbiamo finalmente abbandonato il tornate 19, ormai scolpito nella nostra memoria, per piantare le tende sul comodo cemento e ghiaietto delle fondamenta della cappellina. E lì venne segnata la terza persona della giornata: Dede, a cui evidentemente non bastava un ginocchio fuori uso, si ritrovò con lo stomaco in sciopero. E uno stomaco in sciopero magari nel calduccio della casetta di città non è nulla, ma in una tenda a 2000 metri, dopo una giornata sotto il sole, e al freddo della notte dolomitica, non è esattamente il benvenuto.

Il Capoclan, visti due membri del Clan in quelle condizioni, e visto che uno dei due membri era proprio il Capoclan, decise che un riposo prolungato sarebbe stato più adatto alle circostanze di un fuoco serale, così i malati e l'infermiera di turno (la Saretta nonché CapaClan) si infilarono nei sacchi a pelo, mentre il resto del Clan rimaneva a far baracca raggomitolati nell'ingresso della cappellina, a terrorizzarsi per ogni coppia di fari sulla strada, chiedendosi se era quella la pattuglia di forestali che avrebbero posto fine alla nostra avventura. Per fortuna ci pensava il Carcio a tranquillizzare tutti, assicurando che avrebbe risolto la cosa con la sua infallibile scenata napoletana o, se il caso era grave, chiamando Zia Conci che sarebbe arrivata in elicottero in men che non si dica e avrebbe fatto vedere le stelle ai malcapitati forestali.

E così terminò la quarta giornata di route, attorno a una cappellina nei prati del passo Giau, tra l'Averau e il Nuvolao (mio padre sostiene si tratti di un'antica colonia sarda sulle Dolomiti).
Riusciranno i nostri eroi a tornare a Parma sani e salvi; o almeno salvi se proprio sani non si può?
La risposta alla prossima puntata!

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